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Perché le emozioni sono così importanti

Perché le emozioni sono così importanti?

Dall’apprendimento alle relazioni: il ruolo della dimensione affettiva

Le emozioni rappresentano una delle dimensioni più affascinanti e complesse dell’esperienza umana: sofisticati sistemi di elaborazione delle informazioni che orientano i nostri pensieri, guidano le nostre decisioni e plasmano le nostre relazioni sociali. Grazie ai progressi delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione nella comprensione delle emozioni, scoprendo quanto siano intimamente intrecciate con ogni aspetto della nostra vita, dall’apprendimento alla salute mentale, dalle relazioni allo sviluppo dell’identità.

La natura delle emozioni

Le emozioni sono definite come stati affettivi complessi, caratterizzati da diverse componenti:

  • una soggettiva ed esperienziale (ciò che sentiamo)
  • una fisiologica (le modificazioni corporee)
  • una espressiva (le manifestazioni visibili)
  • una cognitiva (la valutazione della situazione)
  • e una motivazionale (la tendenza all’azione).

Paul Ekman, pioniere nello studio delle emozioni, ha identificato sei emozioni primarie o di base, riconoscibili universalmente attraverso le espressioni facciali:

  1. gioia
  2. tristezza
  3. rabbia
  4. paura
  5. disgusto
  6. sorpresa.

Queste emozioni hanno radici evolutive profonde e svolgono funzioni adattive fondamentali. La paura, ad esempio, ci prepara a rispondere rapidamente alle minacce, mentre la gioia rafforza i comportamenti che promuovono il benessere e le relazioni sociali.

Accanto alle emozioni primarie, gli psicologi riconoscono l’esistenza di emozioni secondarie o complesse, come la vergogna, la gelosia, l’orgoglio e la nostalgia, che emergono dalla combinazione delle emozioni di base con processi cognitivi più elaborati e con l’influenza della cultura e della socializzazione. Queste emozioni richiedono una maggiore maturazione cognitiva e si sviluppano più tardivamente nel corso dello sviluppo infantile.

La teoria dell’appraisal, elaborata da studiosi come Richard Lazarus e Klaus Scherer, sottolinea come le emozioni non siano risposte automatiche agli stimoli esterni, ma dipendano dal modo in cui valutiamo cognitivamente le situazioni. La stessa situazione può generare emozioni diverse a seconda dell’interpretazione che ne diamo: un esame può essere vissuto come una sfida stimolante o come una minaccia paralizzante, a seconda delle nostre valutazioni sulle richieste della situazione e sulle nostre risorse per affrontarla.

Le basi neuroscientifiche delle emozioni

Le neuroscienze affettive hanno rivelato i complessi circuiti cerebrali che sottendono l’esperienza emotiva. Il sistema limbico, un insieme di strutture situate nella parte più antica del cervello, gioca un ruolo centrale nell’elaborazione emotiva.

L’amigdala

L’amigdala, in particolare, funziona come una sorta di centralina per il rilevamento rapido delle minacce e la generazione delle risposte di paura. Studi con tecniche di neuroimaging hanno dimostrato che l’amigdala si attiva in pochi millisecondi di fronte a stimoli potenzialmente pericolosi, molto prima che possiamo elaborare consciamente l’informazione.

L’ippocampo

L’ippocampo, strettamente connesso all’amigdala, è fondamentale per contestualizzare le emozioni all’interno delle nostre memorie e esperienze passate. Questa struttura ci permette di ricordare non solo gli eventi, ma anche le emozioni associate a quegli eventi, creando quella che viene chiamata memoria emotiva. È per questo che un profumo particolare può rievocare istantaneamente ricordi carichi di emozione.

La corteccia prefrontale

La corteccia prefrontale, la parte più evoluta del nostro cervello, svolge funzioni di regolazione emotiva. In particolare, la corteccia prefrontale ventromediale è coinvolta nella valutazione del significato emotivo delle situazioni, mentre la corteccia prefrontale dorsolaterale è importante per la regolazione consapevole delle emozioni e il controllo degli impulsi.

Antonio Damasio ha dimostrato attraverso studi su pazienti con lesioni a queste aree che le emozioni sono necessarie per prendere decisioni adeguate. Senza l’apporto emotivo, come nel caso dei suoi pazienti, anche le scelte più semplici diventano problematiche.

Il sistema nervoso autonomo

Il sistema nervoso autonomo coordina le risposte fisiologiche associate alle emozioni: l’accelerazione del battito cardiaco, la sudorazione, i cambiamenti nella respirazione. Il ramo simpatico prepara il corpo all’azione (la risposta “attacca o fuggi”), mentre il ramo parasimpatico favorisce il rilassamento e il recupero. Questa orchestrazione neurofisiologica mostra quanto le emozioni siano fenomeni che coinvolgono l’intero organismo, non solo la mente.

I neurotrasmettitori

Recenti ricerche hanno evidenziato anche il ruolo dei neurotrasmettitori nell’esperienza emotiva. La serotonina è associata alla regolazione dell’umore, la dopamina al sistema di ricompensa e motivazione, mentre il cortisolo, l’ormone dello stress, media le risposte a lungo termine alle situazioni emotivamente impegnative. Questa base neurobiologica spiega anche perché alcuni disturbi emotivi possano beneficiare di trattamenti farmacologici che agiscono su questi sistemi.

L’alfabetizzazione emotiva: imparare il linguaggio delle emozioni

L’alfabetizzazione emotiva, o competenza emotiva, si riferisce all’insieme di abilità che ci permettono di riconoscere, comprendere, esprimere e regolare le nostre emozioni e quelle altrui. Daniel Goleman ha reso popolare questo concetto attraverso la nozione di intelligenza emotiva, articolata in cinque componenti principali:

  1. consapevolezza di sé
  2. autoregolazione
  3. motivazione
  4. empatia
  5. abilità sociali.

L’alfabetizzazione emotiva è una competenza essenziale per il benessere psicologico. Numerosi studi hanno dimostrato che una maggiore intelligenza emotiva si correla a livelli più bassi di ansia e depressione, migliori capacità di coping di fronte allo stress, relazioni interpersonali più soddisfacenti e anche migliori risultati nell’apprendimento. L’alfabetizzazione emotiva può essere insegnata e potenziata a qualsiasi età, attraverso programmi specifici come Prefigurare il Futuro di Fondazione Patrizio Paoletti o pratiche come la mindfulness, che favoriscono la consapevolezza momento per momento delle proprie esperienze emotive.

La nominalizzazione delle emozioni

La nominalizzazione, ossia la capacità di riconoscere e nominare le proprie emozioni mentre le sperimentiamo, è la pietra angolare dell’alfabetizzazione emotiva. Spesso abbiamo difficoltà in questo compito apparentemente semplice. Sviluppare un vocabolario emotivo ricco e sfumato ci permette di distinguere tra emozioni simili ma non identiche (per esempio frustrazione e rabbia, tristezza e malinconia, ansia e paura). Nominare correttamente un’emozione è il primo passo per comprenderla e gestirla efficacemente.

Per favorire la nominalizzazione delle emozioni e la conoscenza di tutte le nostre sfumature affettive, Fondazione Patrizio Paoletti ha ideato il Glossario dell’Intelligenza Emotiva, che approfondisce le diverse emozioni, considerandone gli aspetti psicologici, cognitivi, neurobiologici e adattivi.


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La regolazione delle emozioni

La regolazione emotiva riguarda le strategie che utilizziamo per modulare l’intensità, la durata e l’espressione delle nostre emozioni. Non si tratta affatto di sopprimere o negare le emozioni, ma di gestirle in modo flessibile e adattivo. Strategie efficaci includono la ristrutturazione cognitiva (cambiare il modo di pensare a una situazione), la distrazione adattiva, la ricerca di supporto sociale, l’espressione costruttiva. La ricerca mostra che una buona regolazione emotiva è associata a migliore salute mentale, relazioni più soddisfacenti e maggiore successo in vari ambiti di vita.

L’empatia

L’empatia, la capacità di comprendere e condividere gli stati emotivi altrui, rappresenta il ponte tra la competenza emotiva personale e quella sociale. I neuroni specchio, scoperti negli anni Novanta, forniscono una base neurale per questa capacità: i neuroni specchio si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando osserviamo qualcun altro compierla, permettendoci di “risuonare” con le esperienze altrui. L’empatia si sviluppa precocemente ed è fondamentale per la costruzione di relazioni significative, per la cooperazione e per il comportamento prosociale.

Le emozioni a scuola: strumento di apprendimento

Le emozioni non sono elementi da lasciare fuori dalla porta delle classi, ma sono protagoniste essenziali del processo di apprendimento. Dal punto di vista neuroscientifico, apprendimento ed emozione condividono circuiti cerebrali comuni. L’amigdala, che elabora le emozioni, modula l’attività dell’ippocampo, cruciale per la memoria. Questo spiega perché ricordiamo con particolare vivezza eventi carichi emotivamente: le emozioni agiscono come un “marcatore”, che segnala al cervello quali informazioni sono importanti e meritano di essere consolidate nella memoria a lungo termine. Ne deriva che un insegnante che riesce a suscitare emozioni positive associate ai contenuti didattici facilita enormemente l’apprendimento e la ritenzione.

Inoltre, la capacità di regolare le proprie emozioni è strettamente legata alle funzioni esecutive, come l’attenzione, la pianificazione e l’inibizione degli impulsi, fondamentali per un apprendimento efficace. Insegnare agli studenti strategie di regolazione emotiva significa quindi dotarli di strumenti che potenziano direttamente le loro capacità di apprendere.

Le emozioni positive e negative a scuola

Curiosità, interesse e gioia sono emozioni positive che ampliano i processi cognitivi e favoriscono il pensiero creativo e la risoluzione dei problemi. Le emozioni negative, invece, restringono il repertorio di pensieri e azioni che abbiamo a disposizione, portandoci a focalizzare su risposte immediate. In un contesto di apprendimento, questo significa che studenti che vivono emozioni positive sono più aperti a nuove informazioni, più creativi nell’affrontare i problemi e resilienti di fronte alle difficoltà.

Al contrario, emozioni negative intense come l’ansia, la paura del fallimento o la vergogna possono compromettere gravemente l’apprendimento. L’ansia da prestazione, ad esempio, interferisce con la memoria di lavoro, rendendo difficile recuperare informazioni durante un esame, anche se ben apprese. Uno studente costantemente ansioso o stressato ha il sistema nervoso in uno stato di allerta che sottrae risorse cognitive all’apprendimento. Per questo è fondamentale che gli ambienti scolastici siano emotivamente sicuri, dove l’errore è visto come parte del processo di apprendimento e non come motivo di vergogna.

La relazione educante

La relazione insegnante-studente ha una potente valenza emotiva. Gli insegnanti che mostrano calore, supporto ed entusiasmo creano un clima emotivo positivo che facilita l’apprendimento. La teoria dell’attaccamento applicata al contesto scolastico suggerisce che l’insegnante può funzionare come una “base sicura” da cui lo studente può esplorare nuove conoscenze. Quando uno studente si sente compreso e sostenuto emotivamente, è più propenso a prendere rischi cognitivi, anche ad ammettere di non aver capito qualcosa e a impegnarsi profondamente nell’apprendimento. Risulta quindi fondamentale formare insegnanti che non siano solo trasmettitori di contenuti, ma anche facilitatori di esperienze emotive positive e modelli di regolazione emotiva.

Emozioni: il tessuto connettivo della socialità

Le emozioni rappresentano il linguaggio fondamentale delle relazioni umane, il mezzo attraverso cui costruiamo connessioni significative e autentiche con gli altri. La capacità di riconoscere, esprimere e regolare le proprie emozioni, così come di percepire e rispondere a quelle altrui, è il fondamento di relazioni sociali di qualità. La competenza emotiva tende a essere il predittore più affidabile della stabilità e soddisfazione relazionale, che beneficia di una sana comunicazione delle proprie emozioni, della validazione delle emozioni dell’altra persona e di una gestione costruttiva dei conflitti.

L’empatia emotiva e la regolazione interpersonale delle emozioni creano un ambiente di “co-regolazione”, con la preziosa capacità di poterci influenzare reciprocamente a livello emotivo, come nel caso di un genitore che calma un bambino agitato, un amico che ci aiuta a ridimensionare un’ansia eccessiva o un partner che condivide la nostra gioia amplificandola.

Le emozioni fungono anche da segnali relazionali: la gelosia può indicare che ci sentiamo minacciati nella relazione, la gratitudine rafforza i legami, la colpa segnala che potremmo aver violato norme relazionali e ci motiva a comportamenti riparativi. Diventare emotivamente competenti significa imparare a leggere questi segnali in noi stessi e negli altri, rispondendovi in modo appropriato e funzionale, creando circoli virtuosi di comprensione e vicinanza.

Anche la vulnerabilità emotiva, ossia la capacità di mostrarci autentici con le nostre emozioni, anche quelle che ci fanno sentire esposti o fragili, favorisce connessioni più profonde. Proprio attraverso la condivisione della nostra vulnerabilità infatti possiamo costruire fiducia reciproca e intimità genuina. Le relazioni in cui ci sentiamo sicuri nell’esprimere l’intera gamma delle emozioni, senza timore di giudizio o rifiuto, sono quelle che ci offrono il maggior senso di appartenenza e supporto.

L’alessitimia: quando le emozioni sono un linguaggio sconosciuto

L’alessitimia, termine che deriva dal greco e significa letteralmente “mancanza di parole per le emozioni”, è una condizione caratterizzata da una marcata difficoltà nell’identificare e descrivere i propri sentimenti e nel distinguere le sensazioni corporee dalle emozioni, nonché da una modalità di pensiero orientata all’esterno piuttosto che all’introspezione.

Le persone che soffrono di alessitimia spesso descrivono sensazioni fisiche quando gli viene chiesto di parlare delle loro emozioni (“sento un peso allo stomaco” invece di “sono ansioso”), hanno un vocabolario emotivo limitato e faticano a comprendere le sfumature delle proprie esperienze affettive. Questo non significa che non provino emozioni, ma che hanno difficoltà a elaborarle consapevolmente e a nominalizzarle ed esprimerle verbalmente. Si stima che circa tra l’8 e il 13% della popolazione generale presenti livelli clinicamente significativi di alessitimia.

Le conseguenze dell’alessitimia sono significative sulla salute globale: è associata a maggiori disturbi psicosomatici, difficoltà nelle relazioni interpersonali e maggiore rischio di disturbi psicologici come depressione e ansia. Approcci che lavorano sulla consapevolezza corporea e sull’alfabetizzazione emotiva possono aiutare le persone alessitimiche a sviluppare una maggiore connessione con la propria vita emotiva e interiore.

L’alfabetizzazione emotiva con Fondazione Patrizio Paoletti

Fondazione Patrizio Paoletti investe in programmi per contrastare l’analfabetismo emotivo e sviluppare l’intelligenza emotiva, valorizzando le emozioni nella triade di salute globale: intelligenze, emozioni e relazioni.

Nella scuola AIS Assisi International School di Fondazione Patrizio Paoletti l’educazione emotiva è integrata nella sua progettazione didattica arricchita, che integra Metodo Montessori e Pedagogia per il Terzo Millennio. Ad AIS insegniamo agli studenti a riconoscere e gestire le emozioni, a sviluppare empatia, a stabilire relazioni positive, a prendere decisioni responsabili. Ad AIS e nei programmi psicoeducativi di Fondazione Patrizio Paoletti per le scuole e i territori, come Prefigurare il Futuro e Oltre le Periferie, l’alfabetizzazione emotiva è uno strumento anche per contribuire a contrastare il disagio psicologico, le forme di violenza e bullismo, proteggendo la salute mentale a lungo termine.

Fondazione Patrizio Paoletti mette anche a disposizione la nuova Collana Emozioni, interamente dedicata al mondo affettivo nelle varie fasi della vita: dall’infanzia all’adolescenza, dall’età adulta all’anzianità. La collana comprende quattro EduKit scaricabili ed altrettante videolezioni, per imparare a riconoscere le emozioni, nominalizzarle, comunicarle e utilizzarle per orientare pensieri e azioni verso i nostri migliori obiettivi di crescita ed evoluzione, permettendoci di vivere in modo più pieno, connesso e ricco di significato.

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Bibliografia
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