Il termine “gratitudine” deriva dalla parola latina gratus, che significa “gradito” o “grato” ed indica un sentimento di apprezzamento. Possiamo distinguere una gratitudine in sé, connessa al fatto stesso di essere in vita, ed una gratitudine intesa come sentimento di gioia, soddisfazione o riconoscenza in risposta alla gentilezza mostrata da altri. I due tipi di gratitudine sono chiaramente tra loro compatibili e possono interagire tra loro.
L’assenza di gratitudine nei casi in cui questa è attesa secondo le consuetudini sociali, è chiamata ingratitudine.
Numerose religioni in tutto il mondo pongono la gratitudine come principio centrale. I filosofi, sin dai tempi antichi fino ad oggi, hanno dimostrato interesse verso questo tema.
In ambito psicologico, sono stati evidenziati vantaggi terapeutici nell’esprimere apprezzamento e gli psicologi hanno studiato sia la sensazione momentanea di apprezzamento (gratitudine di stato) che l’esperienza più duratura di gratitudine (gratitudine di tratto), nonché la loro reciproca relazione.
Gli studi dimostrano che gli effetti positivi della gratitudine sull’umore e su altri aspetti del benessere comprendono un incremento della felicità in coloro che la praticano. La vita e le relazioni degli individui grati sono più soddisfacenti: essi sperimentano meno emozioni negative come depressione, tensione e insoddisfazione. La gratitudine può agire come fattore protettivo contro la depressione, migliorando la codifica e il recupero degli eventi felici. Le persone grate hanno maggiori probabilità di sentirsi padrone della propria vita, di progredire verso i propri obiettivi, di accettarsi così come sono e di sviluppare risposte sane alle sfide che devono affrontare. Sono più inclini a chiedere aiuto, a trarre vantaggio dalle esperienze, a svilupparsi personalmente e ad anticipare e prepararsi a potenziali soluzioni. Le persone grate sono meno inclini a ricorrere all’evitamento, alla negazione, all’autocolpevolizzazione o all’abuso di sostanze come meccanismi di coping.
Due studi di Wood e colleghi, pubblicati nel 2008 e 2009, hanno rilevato che la gratitudine può avere un legame specifico con la felicità e spiegare caratteristiche della felicità che non sono spiegate da altre qualità della personalità. In entrambi i casi, la gratitudine è risultata essere un predittore di felicità più significativo dei così detti Big Five (5 tratti della personalità secondo la teoria di McCrae e Costa: Estroversione, Gradevolezza, Coscienziosità, Stabilità emotiva, Apertura mentale) e di altre 30 qualità della personalità.
Uno studio di Fritz e colleghi pubblicato nel 2019, ha rilevato che gli adolescenti che hanno espresso gratitudine agli altri tramite lettere scritte a mano, nel corso del mese successivo hanno manifestato abitudini alimentari più sane. È stato ipotizzato che le persone riconoscenti si soffermino maggiormente sul lato positivo delle cose e sulle opportunità che si prospettano. Le persone sono più propense a prendere decisioni che le avvantaggeranno nel lungo periodo, come ad esempio fare scelte alimentari più sane.
Le persone riconoscenti tendono a essere più sane anche in altri modi, tra cui una maggiore attività fisica, un sonno migliore, un minor numero di visite mediche e una dieta migliore. È stato, inoltre, dimostrato che mostrare riconoscenza può migliorare la salute del cuore.
La gratitudine può essere un fattore cruciale nello sviluppo dell’autoconsapevolezza, sia come causa che come effetto. L’esperienza della gratitudine in sé, indipendente dalle condizioni, rappresenta, infatti, una espressione di elevata autoconsapevolezza. Come scrive Patrizio Paoletti:
Quindi la gratitudine nasce in noi quando noi ci rendiamo conto che questo attimo non è scontato. Non è scontato perché non ci è dovuto. La gratitudine diventa il fattore liberante della nostra vita, calmante e rigenerante per la nostra vita, quando ci rendiamo conto che nulla dobbiamo perché nulla ci è dovuto, ma che tutto possiamo perché la chance che questo attimo rappresenta ci apre a nuove opportunità, quelle di connettere meglio i saperi di questo istante fra loro, diventando così non reattivi, ma interattivi con il mondo che ora intorno a noi si è creato.
Ararat – Perdono Gratitudine Compassione, p. 31
Promuovere, educando tutti gli attori coinvolti nei processi di formazione di una comunità resiliente – educatori, giovani, famiglie, professionisti, volontari, etc. – un reale benessere vuol dire prendersi cura di tutti gli aspetti che costituiscono la qualità di vita: fisico, socio-relazionale e psicologico (Sansone & Sansone, 2010; Baumsteiger et al., 2019; Anand et al., 2021).
Nello specifico, in ottica di implementazione di interventi neuropsicopedagogici per l’educazione alla salute e alla resilienza, le più studiate variabili psicologiche che, trasversalmente, influiscono su tutti i tre piani sono: resilienza, autoefficacia nella gestione delle emozioni positive e negative, auto-compassione (nello specifico, senso di umanità comune, auto-gentilezza e bassi livelli di auto-giudizio e iper-identificazione), strategie di coping adattive (attitudine positiva e ricerca di supporto sociale, nello specifico), auto-determinazione e prosocialità (Paoletti et al., 2022; Paoletti et al., 2023; Perasso et al., 2023a; 2023b).
Sempre più indagato in letteratura, tra gli altri, un fattore protettivo specifico che sembra avere un ruolo di mediazione e moderazione di queste variabili, proponendosi come caratteristica alla base di uno sviluppo ottimale del Sé: la gratitudine (Card, 2019; Boggiss et al., 2020; García-Vázquez et al., 2020). Esiste, una definizione di gratitudine?
Possiamo definire la gratitudine come una delle risorse individuali positive che possono mitigare gli effetti degli stressor che dobbiamo affrontare quotidianamente (Duprey et al., 2020) e aumentare i nostri livelli di benessere (Wood et al., 2010; Sari & Santi, 2023). Questo fattore protettivo – che può essere insegnato, rispettando i normali processi evolutivi cerebrali del giovane in età evolutiva (soprattutto nelle fasi definitorie dello sviluppo della corteccia prefrontale e di consolidamento del pensiero operatorio formale) (Reckart et al., 2017; Tudge & Freitas, 2018) –, va oltre, ma include concetti come: perdono, capacità di comprendere l’altro empaticamente, abilità cognitive sociali, generosità e assenza di materialismo (Bosacki et al., 2018; Chaplin et al., 2019).
La gratitudine è un processo dinamico in due fasi, così riassumibili:
Nell’ambito degli studi scientifici in età evolutiva, soprattutto preadolescenziale e adolescenziale, è stato evidenziato che gli adolescenti più grati sono più soddisfatti della loro vita, hanno capacità di fronteggiamento degli eventi stressanti e riferiscono relazioni interpersonali migliori (Froh et al., 2009; 2010; 2011; Sun et al., 2019; Scott et al., 2021), sviluppando comportamenti più prosociali (Zhang, 2022).
Inoltre, alcuni studiosi suggeriscono che la gratitudine influisce positivamente sulla salute mentale e l’adattamento psicologico, attenuando i comportamenti reattivi e favorendo i comportamenti proattivi. Studi ulteriori hanno dimostrato che la gratitudine è collegata a sintomi depressivi più lievi e a una riduzione dell’ideazione suicidaria e dei tentativi di suicidio (Zhou & Wu, 2016; Sun et al., 2019; Boggiss et al., 2020; Sari & Santi, 2023). Sempre in ottica di promozione della salute mentale in età evolutiva – specialmente in ambito scolastico e tra pari – altri studi suggeriscono che la gratitudine possa rilevarsi come un fattore protettivo rilevante per la prevenzione del rischio di suicidio nelle vittime di bullismo e cyberbullismo, soprattutto per le ragazze, e di promozione di comportamenti prosociali e proattivi (Tian et al., 2016; Rey et al., 2019; García-Vázquez et al., 2020).
La gratitudine, come fattore protettivo che deve essere implementato in preadolescenza e adolescenza e allenato e rafforzato in età adulta, può contribuire alla capacità di riconoscimento, accettazione e gestione delle emozioni positive degli individui, ampliando così il repertorio personale di pensieri-azioni nel qui e ora che annullano gli effetti delle emozioni negative dopo un’esperienza sfidante e le risorse personali durature che le persone usano per regolare le loro esperienze con le emotive negative (Froh et al., 2010; Scott et al., 2021).
In definitiva, il lavoro educativo di promozione della capacità di essere grati può essere positivo per i suoi effetti sull’umore e costituire un modo per rafforzare la salute mentale (You et al., 2018; 2019). Numerose ricerche, infatti, hanno evidenziato l’efficacia di interventi di prevenzione mirati (Anand et al., 2021). Sia secondo gli studi scientifici più recenti sia dalla voce dei giovani stessi emerge che la famiglia, la scuola, gli amici e, in particolare, tessere e mantenere relazioni positive e di fiducia caratterizzate da gratitudine (Rey et al., 2019) a casa, a scuola e negli ambienti che vivono (reali e virtuali) costituiscono dei punti di riferimento sicuri a cui far riferimento in situazioni sfidanti e stressanti.
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