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AI, tecnologia e salute mentale

AI, tecnologia e salute mentale

Quanto la rivoluzione tecnologica influisce sul nostro benessere?

La crescente digitalizzazione sta portando a fenomeni di dipendenza tecnologica, violenza online e cyberbullismo, infodemia e sovrastimolazione, phubbing, tecnoferenza e nomofobia (ossia la paura di restare senza cellulare o connessione web sullo smartphone). Dall’altra parte, l’intelligenza artificiale sembra incamminarsi sempre di più su una strada di supporto alla promozione della salute mentale. Il contenimento dei rischi e la valorizzazione delle opportunità della vita online – che qualcuno chiama già onlife – si gioca tutto sulla consapevolezza, moderazione e orientamento d’utilizzo, invitandoci a una riflessione (urgente) fra salute, etica e tecnologia.

Come stiamo?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un miliardo di persone al mondo convive con problemi di salute mentale, in particolare ansia e depressione. Un report Lancet stima che si verificano 740.000 suicidi all’anno: una vittima ogni 43 secondi. E il suicidio è la terza causa di morte fra i giovani tra i 15 e i 29 anni. Le nuove generazioni risultano particolarmente colpite dall’emergenza di salute mentale, con 1 adolescente su 7 al mondo che soffre di disagio psicologico.

In Italia, cresce il consumo di psicofarmaci, anche tra giovanissimi, come testimonia il rapporto AIFA-Osmed 2024: dal 2016 ne sono più che raddoppiati la prevalenza e il consumo (soprattutto di antipsicotici, antidepressivi e farmaci per l’ADHD). La Regione Toscana, seppure in prima linea per il benessere psicosociale, anche tramite l’introduzione dello psicologo di assistenza primaria, registra il maggior consumo di psicofarmaci tra i minori.

Anche il senso di sicurezza vacilla: secondo l’indagine “Vivere da adolescenti in Italia”, promossa da Con i Bambini e condotta dall’Istituto Demopolis, il 43% degli adolescenti e il 63% delle ragazze italiane, quando si trova fuori casa, teme di essere vittima di molestie, violenza o bullismo e la percentuale sale al 59% nei quartieri difficili. Per i giovani resta centrale il benessere, in primis sentirsi bene con se stessi, fondamentale per il 74% degli intervistati.

Tecnologia e benessere

Lo studio del complesso rapporto fra tecnologia e benessere è ancora agli albori. Da una parte, per esempio, studi scientifici dimostrano l’impatto positivo di internet e della posta elettronica per ridurre il rischio di depressione degli anziani. Dall’altra, la possibilità di un aggiornamento costante e pervasivo sulla vita che ci circonda e sulle vite degli altri può accentuare lo stress. E la digitalizzazione sfuma anche i confini tra vita privata e professionale, minando il benessere lavorativo.

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L’AI che testimonia il malessere

L’intelligenza artificiale sta divenendo anche testimone diretta del nostro malessere. Secondo la XVI edizione dell’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia, il 41,8% degli adolescenti si è rivolto all’intelligenza artificiale in momenti di tristezza, ansia e solitudine. E al 63,5% degli utenti è capitato di trovare più soddisfazione a confrontarsi con l’AI che con una persona reale.

Una nuova ricerca di OpenAI conferma che l’intelligenza artificiale sta intercettando il malessere delle persone: oltre un milione di utenti alla settimana scrive a ChatGPT manifestando pensieri di profondo disagio, psicosi e addirittura di suicidio.

Quando l’AI ci insegna le competenze relazionali

Secondo le testimonianze raccolte dall’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia, alla base di questa “zona di comfort digitale” ci sarebbe la particolare gentilezza, disponibilità e assenza di giudizio, che offrono gli strumenti di intelligenza artificiale.

I dati alimentano la riflessione e discussione in merito all’utilizzo dei chatbot per il benessere psicologico, ma ci raccontano anche i bisogni degli adolescenti: sentirsi accolti e ricevere un’attenzione comprensiva e non giudicante. Ed è curioso che sia proprio la tecnologia a ricordarci quel fulcro di competenze umane, emotive e relazionali che è necessario allenare, per rispondere efficacemente all’emergenza sulla salute mentale giovanile: un fulcro fatto di empatia, ascolto, validazione, che evidentemente l’AI sta imparando a simulare al meglio, per soddisfarci.

La chiave delle emozioni e dell’empatia

È importante ricordare che l’AI simula le emozioni, attraverso le sue reti neurali artificiali, ma (almeno per il momento) non è in grado di sperimentarle direttamente: le conosce a livello teorico, ma non le vive. Quindi, non è in grado di sperimentare neanche una vera empatia, che richiede un necessario coinvolgimento emotivo, sia come apertura al mondo interiore dell’altra persona sia come ascolto del proprio mondo intimo, in una giusta vicinanza/distanza che permette un’autentica connessione umana.

L’AI può simulare l’empatia e può farlo anche bene, considerata anche la percentuale di persone che trovano conforto nelle chatbot. Ma non la vive veramente, seppure la sua empatia simulata possa considerarsi, almeno da un punto di vista filosofico, un prolungamento artificiale dell’empatia – quella vera – dei suoi sviluppatori umani, che alla tecnologia trasmettono competenze ma anche pregiudizi.

Utilizzare consapevolmente queste nuove tecnologie significa anche educarci ed educare a ridimensionare i facili entusiasmi, ma al contempo a valorizzare quelli che sono degli strumenti promettenti – se utilizzati con orientamento, misura e giudizio – anche per la nostra salute globale, come nell’esempio del progetto Teachers Outreach di Fondazione Patrizio Paoletti, volto all’aggiornamento degli insegnanti in tutto il mondo.

AI per la salute globale

Gli stessi sviluppatori dell’AI stanno studiando i rischi psicologici dell’uso di queste tecnologie e facilitando collegamenti diretti con linee di supporto reali, per potere rispondere in modo sempre più concreto, reale e umano, anche quando il disagio è espresso online.

Parallelamente, l’AI sta sempre più partecipando alla ricerca scientifica e alla medicina predittiva, per esempio nella nuova analisi CECOMS – Università IULM, che si propone di approfondire come l’intelligenza artificiale stia contribuendo a ridefinire la comunicazione della salute. Dai risultati, emerge come l’AI possa aiutare a rendere la cura più empatica e comprensibile e quanto i trend di prevenzione e salute emotiva siano sempre più centrali nel dialogo sul benessere.

L’essere umano e le relazioni al centro

Se l’AI è uno strumento dalle potenzialità ancora, forse, inimmaginabili, di certo la coscienza incarnata dell’essere umano, che genera pensiero e vive e sperimenta le emozioni dalla prospettiva privilegiata di un corpo, con cui fa esperienza diretta e fisica del mondo, è unica. Un amico che ci ascolta e prova (davvero, senza simulare) gioia e dolore insieme a noi, offrendoci un abbraccio autentico e spontaneo, è davvero un bene preziosissimo, che l’intelligenza artificiale non può uguagliare o sostituire.

Se l’AI può ricordarci l’importanza di imparare a dire le cose nel modo giusto, per far sentire l’altra persona accolta e ascoltata, è importante considerare la squisita imperfezione dell’essere umano, che naturalmente commette errori, ma che non offuscano minimamente un’intenzione autentica di affetto e supporto, aiutandoci invece a delineare continui orizzonti di crescita e miglioramento, giorno dopo giorno.

Per valorizzare le relazioni interpersonali, NIVEA ha scelto di collaborare con Fondazione Patrizio Paoletti, dando vita al comune progetto Insieme oltre l’isolamento – un modello integrato per il benessere mentale dei giovani, con un approccio multidisciplinare che combina neuroscienzepsicologiapedagogia e didattica. Il programma sostiene la sana socialità come elemento fondamentale per una salute globale, il campo dove coltivare competenze e fiorire nelle nostre potenzialità crescenti, valorizzando le relazioni come una sorta di “sinapsi comunitarie”, attraverso le quali scorre l’evoluzione, mostrandoci sempre nuovi modi per essere migliori e sempre più umani.

    Non temere mai di chiedere aiuto!

    Tutti i contenuti di divulgazione scientifica di Fondazione Patrizio Paoletti sono elaborati dalla nostra équipe interdisciplinare e non sostituiscono in alcun modo un intervento medico specialistico. Se pensi che tu o qualcuno a te vicino abbia bisogno dell'aiuto di un professionista della salute mentale, non esitare a rivolgerti ai centri territoriali e agli specialisti.


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Sitografia
  • https://www.rainews.it/articoli/2025/11/sempre-disponibile-non-giudica-il-418-di-adolescenti-chiede-aiuto-allintelligenza-artificiale-cf4a2c04-2a6c-4982-8d5b-c0cb110d05f2.html
  • https://www.tgcom24.mediaset.it/salute/comunicazione-della-salute-la-ricerca-ecco-quali-sono-i-trend-del-futuro_105640416-202502k.shtml
  • https://www.vanityfair.it/article/psicofarmaci-sui-minori-la-toscana-e-la-prima-regione-italiana-per-uso-valentina-albertini-della-fondazione-psicologi-non-e-un-primato-di-cui-vantarsi-ma-il-segnale-di-un-problema
  • https://www.aifa.gov.it/documents/20142/2769025/2025.04.03_Pierluigi-Russo_Rapporto-OsMed_Roma.pdf
  • https://www.who.int/news/item/02-09-2025-over-a-billion-people-living-with-mental-health-conditions-services-require-urgent-scale-up
  • https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2025/02/20/nel-mondo-un-morto-per-suicidio-ogni-43-secondi-740.000-lanno_de6e227d-0f35-4700-9cbb-2814b2dd49ed.html
  • https://www.asanet.org/footnotes-article/technology-use-leading-demise-our-mental-health-and-well-being/
  • https://www.fnob.it/2025/11/10/lallarme-di-openai-sulla-salute-mentale/
  • https://www.uisp.it/nazionale/pagina/presentata-lindagine-vivere-da-adolescenti-in-italia
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