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Percezione musicale nel cervello

Neuroscienze della musica, tra quotidianità e applicazioni terapeutiche

Scopriamo l’esperienza universale della musica, radicata in basi evolutive, biologiche e culturali. La sua percezione coinvolge processi cognitivi, emotivi e motori, attivando un’estesa rete neurale che include aree corticali e sottocorticali. Si sviluppa nel tempo e richiede la capacità di elaborare simultaneità e successione, facendo della memoria una componente essenziale per l’esperienza musicale. Grazie alla sua capacità di evocare emozioni, favorire la memoria e promuovere la sincronia sociale, la musica assume un ruolo cruciale sia nella vita quotidiana che nelle applicazioni terapeutiche, non solo come forma d’arte, ma anche come strumento di benessere psicofisico e coesione sociale.

Basi evoluzionistiche della musica

In tutte le sue forme espressive, l’arte musicale trova manifestazione in ogni epoca umana e tutte le culture del mondo. Gli esseri umani, infatti, si sincronizzano con i ritmi musicali e si muovono con essi, ad esempio attraverso la danza. Diversi studi suggeriscono che il comportamento ritmico umano abbia una base biologica. Il ritmo, infatti, non rappresenta un elemento monolitico, ma è composto da diverse componenti, ognuna delle quali costituita da una propria base biologica e una propria storia evolutiva.

Allo stesso modo, il ritmo è caratteristica centrale che definisce il linguaggio umano, offrendogli regolarità, enfasi, e soprattutto facilitando l’interazione con i nostri simili.

Inoltre, nella cultura umana, la musica viene spesso suonata, ascoltata e ballata in compagnia, integrando sincronizzazione interpersonale, influenza sociale, apprendimento e comunicazione, conferendole un’accezione fortemente sociale e rendendola un chiaro esempio di interazione umana coordinata.

Componenti elementari della musica

Considerandola ad un livello di complessità ridotta, la musica può essere interpretata come nient’altro che la successione di suoni organizzati intenzionalmente da un compositore (o da un esecutore). Ma, approfondendone la complessità, possiamo renderci conto che questa sequenza di suoni è carica di significati e ha una forte valenza emotiva.

Dal punto di vista della teoria musicale, essa può essere suddivisa in tre componenti fondamentali: ritmo, melodia e armonia.

  • Il ritmo è definito da un pattern di ripetizioni regolari di suoni e movimenti. La percezione del ritmo implica il coinvolgimento dell’elaborazione di simultaneità e successione. Diversi studi mostrano come la percezione del ritmo sia più sviluppata nei musicisti, che ottengono punteggi più alti nei test di abilità ritmica, rispetto ai non musicisti.
  • Con melodia si intende l’aspetto della composizione musicale che riguarda la disposizione delle singole note in successione, e rappresenta una parte centrale di ciò che definisce e distingue un brano. Ad esempio, basta la produzione delle prime otto note con qualsiasi ritmo per identificare immediatamente la Quinta Sinfonia di Beethoven.
  • Soprattutto nella musica occidentale, le melodie sono tipicamente accompagnate da un’armonia composta dalla progressione di accordi suonati da strumenti musicali. Con armonia si intende dunque la consonanza di strumenti in accordo tra loro. Gli accordi possono di per sé suscitare delle risposte emotive. Ad esempio, uno studio interessante mostra come il suono di una triade di do maggiore è percepito come più felice di quello di una triade di do minore (do, mi e sol) dagli ascoltatori occidentali.

Valenza emotiva della musica

Una caratteristica distintiva della musica è la sua capacità di evocare sentimenti e risposte emotive. Tali esperienze possono essere simili alle emozioni quotidiane, come la felicità o la tristezza, o possono fornire sentimenti musica-specifici, come la sensazione di groove (in psicologia musicale, la sensazione di volersi muovere associata all’ascolto di un brano). Diversi studi hanno suggerito che l’obiettivo più comune delle esperienze musicali è quello di influenzare le emozioni: le persone usano la musica per regolare il proprio stato emotivo, per liberare le emozioni, per adattarsi ad un’emozione corrente, per divertirsi o per alleviare lo stress. Dato il forte legame tra musica ed emozioni, tale relazione viene anche utilizzata in diversi contesti della vita quotidiana, come ad esempio l’impiego della musica nei supermercati per rendere l’esperienza più piacevole.

 


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Musica, tempo e memoria

Un altro esempio che evidenzia la relazione tra musica ed emozioni nella nostra quotidianità è l’utilizzo della musica nelle sale d’attesa per ridurre la durata soggettiva percepita. Tale fenomeno sottolinea come, tramite la sua struttura complessa di suoni, la musica esercita un’influenza anche nel nostro rapporto con il tempo. Infatti, quando si ascolta un brano musicale, il tempo sembra scorrere in modo differente.

La musica è fondamentalmente composta nel tempo, si spiega all’interno di esso, ha una storia e persiste nel tempo. È proprio il tempo, infatti, a rappresentarne la caratteristica principale: le note, elementi singoli di durata variabile, si succedono progressivamente e proprio in base alla loro durata e alla distanza temporale che le separa, possiamo percepire come unità una melodia, facendone dunque esperienza unitaria. Perciò, le durate temporali sono centrali per la composizione musicale, variabili che il compositore manipola specificandone la lunghezza, l’ordine e la combinazione, così come la durata del tempo dell’esecuzione.

Inoltre, l’ascolto e la percezione della musica comportano la capacità di tenere traccia delle informazioni uditive mentre la musica si svolge nel tempo, attraverso l’impiego di una componente cognitiva fondamentale per l’esperienza musicale: la memoria. Infatti, è necessario percepire il suono presente e ricordare quello passato, riconoscendo così nella memoria il meccanismo principale per poter fruire dell’esperienza musicale. Diversi studi suggeriscono inoltre che la musica possa migliorare le abilità mnemoniche. Ad esempio, alcuni studi su persone affette da Alzheimer hanno mostrato come l’ascolto di musica familiare può facilitare il recupero di ricordi autobiografici.

Anche in condizioni non patologiche si possono riscontrare benefici dall’attività musicale sulla memoria, come ad esempio negli anziani sani, per cui diversi studi mostrano come l’impegno in attività musicali regolari, come suonare strumenti, è stato associato a un generale miglioramento delle funzioni cognitive.

Basi neurali della percezione musicale

Negli ultimi 20 anni, lo studio delle neuroscienze della musica ha trovato rapida crescita, indagando come il cervello elabora la musica, come l’attività musicale può plasmarlo e quali sono i meccanismi neurali che alla base del potenziale terapeutico della musica.

Tenendo conto degli elementi centrali che abbiamo analizzato fin qui, la letteratura scientifica suggerisce cinque processi principali coinvolti nella percezione musicale:

  • L’analisi degli elementi fondamentali della musica (melodie, armonie e ritmi), la quale richiede un’elaborazione sintattica complessa, gestita da aree come la corteccia prefrontale inferiore, il lobo parietale inferiore e la corteccia motoria.
  • L’attenzione e la memoria di lavoro, le quali sono necessarie per seguire la musica nel tempo, coinvolgono la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia cingolata e il lobo parietale.
  • L’ascolto di musica familiare attiva l’ippocampo e le aree temporali e parietali, legate alla memoria episodica.
  • Le emozioni suscitate dalla musica attivano il sistema limbico, inclusi amigdala, striato e corteccia orbitofrontale, con il rilascio di dopamina nel sistema mesolimbico (reward system).
  • La percezione del ritmo e la produzione musicale coinvolgono il cervelletto, i gangli della base e le cortecce motoria e somatosensoriale, favorendo la sincronizzazione motoria con la musica.

Diversi studi neuroscientifici hanno indagato l’esperienza fenomenologica dell’ascolto musicale. Ad esempio, un recente studio pilota condotto dal laboratorio RINED, ha evidenziato che la categorizzazione soggettiva dei suoni come gradevoli o sgradevoli influenzava maggiormente i correlati elettrofisiologici rispetto alle caratteristiche fisiche dei suoni stessi, evidenziando l’importanza dell’interpretazione soggetti va nella percezione uditiva.

Le neuroscienze della musica possono essere collegate al Modello Sferico della Coscienza (SMC) attraverso il loro comune interesse per il dinamismo, l’integrazione e il ruolo di componenti fondamentali come il ritmo, l’emozione e l’attenzione nel plasmare l’esperienza umana. Inoltre, il silenzio nella musica — gli spazi vuoti tra i suoni, analogamente ai “momenti di vuoto” di riflessione nel SMC — funge da catalizzatore per nuovi schemi, emozioni e connessioni, mettendo in evidenza il loro potenziale condiviso di favorire la creatività, ridurre la reattività automatica, accrescere il senso di trascendenza e la coesione sociale.

 


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