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Neuroscienze dell’amicizia

Il cervello amico e il benessere sociale

Tutti abbiamo bisogno di amici: poter contare su qualcuno, o prendersene cura, è fondamentale per il benessere reciproco. È forse la ragione perché, nel corso dell’evoluzione della nostra specie, i legami sociali sono stati associati a meccanismi di ricompensa del cervello: avere degli amici aiuta nella sopravvivenza. E anche se forme di legame che potremmo paragonare all’amicizia esistono anche tra gli animali, questa è particolarmente importante in una specie sociale come la nostra: il concetto di “miglior amico”, tipicamente umano, ne è la riprova. Cosa succede nel nostro cervello quando ci interfacciamo con una persona amica, perché è importante per la nostra salute psicofisica, e perché scegliamo alcune amicizie piuttosto che altre?

Amicizia e sopravvivenza

Anche se tutti quanti sappiamo in maniera intuitiva cosa si intende per amicizia, questa non ha una definizione scientifica precisa e le ricerche che se ne occupano parlano infatti di “legame sociale reciproco”. Questa reciprocità è la caratteristica distintiva: le amicizie non sono a senso unico, ma comportano un impegno nel sostenersi a vicenda. Per questo motivo, si ritiene che la loro origine a livello evolutivo provenga dal vantaggio che ne risulta in termini di sopravvivenza: rapporti personali altruistici che hanno definito, nel corso del tempo, quello che oggi chiamiamo amicizia. E come molti fenomeni evolutivi vantaggiosi per la sopravvivenza, anche questo viene incentivato dai circuiti delle ricompense cerebrali tramite rinforzo positivo.

Passare del tempo con gli amici, infatti, rilascia un cocktail ormonale che ci fa sentire bene. Sostanze quali ossitocina, dopamina, endorfina e serotonina sono presenti in maggior quantità in seguito all’interazione con amici. Uno studio dell’Università di Leiden in Olanda ha analizzato tramite fMRI l’attivazione delle aree cerebrali di un gruppo di giovani, un’orchestra studentesca, all’interno della quale erano presenti forti amicizie, mere conoscenze e antipatie. Quando veniva chiesto ai partecipanti di pensare a coloro che consideravano amici, vi era una maggiore attivazione delle aree cerebrali come lo striato ventrale, l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale ventromediale: tutte zone cruciali nei circuiti di ricompensa del cervello.

Lo striato ventrale e la corteccia prefrontale ventromediale formano infatti un sistema di valutazione che guida il processo decisionale, rispondendo, non solo a ricompense tangibili come il denaro, ma anche a ricompense sociali, inclusi lo status e l’interazione sociale. Lo studio ha mostrato anche che questo effetto funziona in maniera indiretta: quando veniva detto al partecipante che un amico stava condividendo un’esperienza, come guardare lo stesso video, l’attivazione di quelle aree era maggiore rispetto a quella sperimentata quando si era convinti di stare guardando quel video da soli.

Come il nostro cervello sceglie gli amici

Altra caratteristica tipica dell’amicizia è la somiglianza. Anche se ci sono eccezioni, si tende ad avere amici simili a noi per età, genere, orientamento sessuale, comportamento e preferenze personali. Sviluppare amicizie durante l’infanzia e soprattutto durante l’adolescenza è cruciale per lo stabilirsi di rapporti di sostegno duraturi. In alcuni casi, queste amicizie durano una vita intera e diventano un elemento fondante della nostra identità. Ma la somiglianza non è solo una faccenda demografica, ma anche cerebrale: menti amiche pensano in maniera simile.

Secondo uno studio su Nature, infatti, le risposte neurali durante esperienze condivise sono significativamente più simili tra gli amici che tra quelli più distanti in una rete sociale. Generando modelli predittivi basati su modelli di risposte neurali simili, i ricercatori hanno determinato con precisione lo stato di amicizia e la distanza sociale tra gli individui senza saperlo prima, ma osservando invece le loro scansioni cerebrali. È come se due persone con simili cervelli fossero “destinate” a essere amiche. Ciò sembra suggerire che il cervello di due persone amiche elabori le esperienze in modo più simile, rispetto a due persone non amiche.

 


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L’amicizia terapeutica

Non sorprende quindi che avere degli amici abbia un effetto benefico sulla nostra salute psicofisica, a tutte le età.  Una review sistematica di studi sul tema dell’Università di Atene ha rilevato che le amicizie tra adulti, soprattutto quelle di alta qualità che forniscono supporto sociale e compagnia, predicono in modo significativo il benessere e possono proteggere da problemi di salute mentale come depressione e ansia. Le amicizie ci proteggono in parte cambiando il modo in cui rispondiamo allo stress. La reattività della pressione sanguigna è inferiore quando le persone parlano con un amico che li sostiene piuttosto che con un amico nei confronti del quale provano sentimenti ambivalenti. I partecipanti che hanno un amico al loro fianco mentre completano un compito difficile hanno una minore reattività della frequenza cardiaca rispetto a quelli che lavorano da soli.

I rischi dell’isolamento

È vero anche l’opposto: persone senza amici o con amicizie di scarsa qualità hanno il doppio delle probabilità di morire prematuramente, un fattore di rischio persino maggiore degli effetti del fumo di 20 sigarette al giorno. Aumenta anche il rischio di infarto, ictus e morte prematura. Per questo motivo, molte organizzazioni sanitarie nazionali mettono in guardia dai pericoli dell’isolamento sociale e della solitudine, in particolare per categorie molto soggette quali anziani. Alla base di molte tecniche di terapia sociale per contrastare solitudine e problematiche psicologiche c’è proprio la costruzione di relazioni solide, reciproche e durature: in una parola, amicizia. Che proprio per sua natura, offre benefici a tutte le parti coinvolte, non solo a chi ne ha bisogno di più.

 


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Bibliografia
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