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Il lutto in caso di suicidio

Affrontare la perdita, insieme

Ogni suicidio lascia dei sopravvissuti, a cui resta un pesante fardello di domande, retrospettive, rimorsi e rimpianti, a volte rabbia o un senso di colpevolezza. Proprio in questa preziosa dimensione della vita di chi rimane, emerge lo spazio per l’elaborazione del lutto traumatico. Anche se il dolore all’inizio può sembrare insormontabile, questo può accompagnare a un’evoluzione personale e persino collettiva.

Un problema di salute pubblica

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa 4mila persone in Italia si tolgono la vita ogni anno. L’ISS sottolinea la necessità di superare il tabù del tema, per trattarlo come una priorità di salute pubblica, con un approccio multidisciplinare e interdisciplinare che coinvolga diversi settori, sanitari e non, come l’educazione, il lavoro, la giustizia, le religioni, la politica e i mezzi di comunicazione. Affrontare efficacemente il problema significa anche supportare le vittime indirette del suicidio, ossia tutte quelle persone sopravvissute, sulle quali grava il peso di un complesso mosaico emotivo: familiari, parenti, amici, colleghi di lavoro e compagni di scuola.

Il trauma del lutto

Quello del suicidio di una persona cara o vicina è un lutto traumatico, che porta con sé un doppio peso: quello del lutto e quello del trauma. Parenti e familiari possono quindi sperimentare un lutto molto più profondo e complesso di quello fisiologico, caratterizzato da naturali fasi dell’elaborazione della perdita. Queste comprendono stordimento, ricerca e struggimento, disperazione e infine una riorganizzazione, con la strutturazione di nuove narrative e rappresentazioni interiori della realtà e della vita.

Chi perde una persona cara per suicidio può andare incontro a un profondo senso di ingiustizia, smarrimento e isolamento. Può provare un insieme di emozioni che supera quelle di una perdita fisiologica, intrecciando spesso stigma, vergogna, sensi di colpa o rabbia. Il peso di questa esperienza emotiva è a volte aggravato anche dal contesto culturale, che può sfuggire il tema o trattarlo con confusione morale o legislativa.

Parenti e familiari possono arrivare a sviluppare un Disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Questo comprende pesanti sintomi come il continuo rivivere dettagli dell’esperienza, con incubi o ricordi ricorrenti e intrusivi, l’evitamento degli stimoli associati al trauma, un ottundimento della reattività o un aumento generale dell’arousal, con ansia e disturbi del sonno. La difficile elaborazione della perdita può trasformarsi in lutto cronico, con un prolungamento dello stesso e una lotta intima permanente, nel tentativo di approfondire all’infinito le cause del suicidio o scoprire dettagli sconosciuti, in cerca di un senso.

 


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Il senso di colpa

Una delle emozioni più preponderanti nell’elaborazione del lutto per suicidio è spesso il senso di colpa, che si esprime con una sequenza di intime domande come: “Perché non mi sono accorto che stava così male?”, “Potevo fare di più?”, “Se avessi agito in modo diverso, avrei potuto impedire tutto questo?”. A queste domande, è importante rispondere innanzitutto che i segni di un’ideazione suicidaria spesso non sono così evidenti, oppure possono esserlo in maniera altalenante o contrastante.

L’aiuto di un terapeuta e il supporto della comunità sono preziosi per riuscire a elaborare pienamente i sensi di colpa più pervasivi, affrontando lucidamente e serenamente il tema della responsabilità e anche della scelta di togliersi la vita, davanti alla quale l’azione o l’intenzione del singolo spesso non è sufficiente nel lungo periodo. Il senso di colpa può essere modulato dalla consapevolezza e dall’accettazione che non è il gesto di una sola persona esterna che salva in maniera profonda e presumibilmente definitiva. Ognuno di noi può essere invece aiutato a salvare se stesso, sostenuto dalle persone care e anche da un sistema di servizi e cultura che agisca come rete di salute attorno all’individuo, per fortificarne le risorse e offrire aiuti tempestivi, coordinati e concreti.

Il supporto e l’educazione alla perdita

Nell’elaborazione di un lutto traumatico, la terapia individuale è importante per beneficiare di uno spazio sicuro dove elaborare le emozioni dolorose, esprimere i sentimenti e riedificare la propria vita, su nuove consapevolezze, risorse cognitive, affettive e punti di vista. Può essere utile partecipare anche a gruppi di supporto, per ascoltare le diverse storie di perdita, amore e guarigione degli altri, nel cui percorso di recupero è possibile specchiarsi.

In generale, tutta la nostra società ha il bisogno di ripensare e reintegrare il tema della morte. Senza relegarlo il più possibile oltre i confini del pensiero quotidiano, nel recinto sicuro e lontano di un cimitero, separato dalle città della vita. Perché la morte è la cosa più naturale della vita, insieme alla nascita. Il Laboratorio di ricerca e intervento sulle tematiche del morire, del lutto e delle perdite, del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Ferrara, ha avviato percorsi di avvicinamento all’elaborazione del lutto. Oltre al servizio di consulenza terapeutica, il Laboratorio valorizza iniziative culturali ed educative sui temi della perdita e dell’educazione alla morte, rivolte alla cittadinanza e anche alle scuole.

Parlare della morte con i bambini

È importante che anche i bambini possano essere sostenuti in un percorso di crescita che include anche l’esperienza della perdita e della morte. Tania Di Giuseppe, psicologa e psicoterapeuta di Fondazione Patrizio Paoletti, ci spiega:

La morte fa parte della vita e come tale può e deve essere comunicata: la sofferenza va accolta e trasformata. Quando una persona cara viene a mancare, oltre al dolore della perdita c’è la difficoltà e la preoccupazione di affrontare il tema con i nostri bambini e ragazzi. Il tema della morte è il tema del passaggio, il tema del ciclo della vita con le sue stagioni. Siamo chiamati a trasformare la paura dell’ignoto e l’angoscia per la morte attraverso una narrazione positiva in cui la vita si consuma anche in dimensioni diverse da quella che conosciamo.

È un processo che ci coinvolge in prima persona, come educatori, poiché i nostri bambini e ragazzi ci guardano e imparano… che noi lo vogliamo o meno. Attraverso il nostro esempio si rappresentano il mondo, danno significati agli eventi: ci guardano per capire ed esprimere il proprio mondo emotivo. Per questo è determinante che l’adulto non abdichi al ruolo di guida e dia a se stesso e al bambino la possibilità di offrire un luogo sicuro in cui è possibile imparare anche da un evento doloroso. La morte, la perdita e la malattia sono tematiche educative importantissime che ci offrono l’opportunità di una riflessione più profonda sul nostro essere qui e sull’importanza di accogliere, trasformare e utilizzare le emozioni per diventare più consapevoli“.

Fondazione Patrizio Paoletti mette a disposizione una videolezione gratuita per educarci a parlare della morte ai bambini, nel modo più adeguato e rispettoso, per accogliere e trasformare la sofferenza, verso un’elaborazione e un completo sviluppo emotivo e cognitivo, che include l’accettazione e comprensione della morte quali ingredienti fondamentali per amare pienamente la vita e fare tesoro di ogni momento per crescere, migliorarsi, evolvere.

 

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Sitografia
  • https://www.epicentro.iss.it/mentale/schedasuicidi
  • https://www.epicentro.iss.it/mentale/giornata-suicidi-2020-fenomeno-suicidario-italia
  • https://www.psychologytoday.com/intl/basics/suicide/coping-after-suicide-loss
  • http://www.unosguardoalcielo.com/category/educazione-alla-morte/
  • https://www.unife.it/letterefilosofia/filo.edu/insegnamenti/psicologia_clinica/materiale-didattico-1/a-a-2016-2017/clinica10.pdf 
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