
Cos’è la neuroeconomia?
Il mercato guarda alle neuroscienze per studiare le scelte del cervello
La salute del cervello è al centro dei programmi di sviluppo economico. È quanto emerso dall’ultimo incontro internazionale del Women Economic Forum, conclusosi lo scorso dicembre a Roma. Il concetto di Brain Economy, economia del cervello, è infatti da qualche tempo in corso di discussione tra policymaker e economisti internazionali. L’idea di fondo è che le capacità cognitive si possano tradurre in capitale cerebrale e di conseguenza in crescita economica. Salvaguardare la salute del cervello, quindi, diventa una priorità per i governi e per i piani nazionali e internazionali di sviluppo. Non è la prima volta che economia e cervello vengono discussi assieme: il termine “neuroeconomia” ha un’origine e un significato molto diversi dal concetto di Brain Economy di cui tanto si discute. Cogliamo l’occasione per fare un po’ di chiarezza su che cosa sia di preciso la neuroeconomia.
Quanto sono razionali le nostre scelte economiche?
Negli ambienti di ricerca, la neuroeconomia non ha a che fare con incentivi per la salute cerebrale, bensì con i processi decisionali del nostro cervello. Perché facciamo alcune scelte piuttosto che altre? Come siamo in grado di valutare quale tra due opzioni ci è più vantaggiosa? E in che modo siamo influenzati dal contesto in cui ci troviamo?Sfruttando le potenzialità proprie della ricerca nelle neuroscienzeIl cervello umano è una delle strutture più complesse e af..., la neuroeconomia indaga sui meccanismi che ci portano a compiere una decisione “economica”, in termini di valore (a volte monetario, a volte no) ottenuto in seguito alla scelta. E lo fa proprio ponendosi in contrasto con la disciplina economica classica, secondo la quale l’essere umano è un “agente economico razionale”, il cosiddetto homo economicus, naturalmente portato a compiere la scelta più vantaggiosa in ogni occasione. Ma se è così, come mai facciamo scelte irrazionali di continuo, e non solo quando ci sono soldi di mezzo? Usando esperimenti, scansioni cerebrali, elettroencefalogrammi etc. e basandosi su nostri comportamenti reali, la neuroeconomia ha infatti svelato che la nostra specie è tutt’altro che razionale quando si tratta di compiere delle scelte.
Che cos’è l’avversione alla perdita?
La neuroeconomia, ad esempio, ha fatto luce su alcuni dei meccanismi di scelta legati al valore monetario di una ricompensa. Un esperimento di Daniel Kahneman, Premio Nobel tra i padri fondatori della neuroeconomia, ha per esempio evidenziato che, a seconda se una scelta ci viene presentata come un potenziale guadagno (ti offro 100 euro, e il 50% di possibilità di vincerne 50 in più) oppure una perdita (150 euro, ma con il 50% di possibilità di perderne 50), si preferisce di gran lunga la prima, anche se matematicamente sono identiche (100 euro, più 50 euro nel 50% dei casi).Tendiamo quindi a compiere scelte non in termini assoluti, ma in termini relativi rispetto al contesto. Ci piace l’idea di vincere, ma odiamo ancora di più l’idea di perdere, e questo ci porta a preferire scelte uguali alle altre dal punto di vista matematico, se non addirittura svantaggiose. In altri casi, siamo invece più portati a scommettere, soprattutto se la scommessa è presentata come guadagno e non come perdita. Anche il carattere individuale della persona e la sua tendenza al rischio sono fattori non indifferenti nel nostro modo di fare scelte.
Per capire meglio su cosa si basava questo meccanismo, battezzato loss aversion, ossia “avversione alla perdita”, la neuroeconomia ha compiuto anche studi su altri primati, introducendo in alcuni casi anche l’equivalente di una valuta di scambio, rappresentata da piccoli gettoni. Esperimenti condotti dalla scienziata cognitiva Laurie Santos hanno addestrato delle scimmie cappuccine a scambiare il gettone per un numero di chicchi di frutta, e le hanno poi messe in un “mercato” dove potevano scegliere a quale ricercatore offrire il proprio gettone.
Le scimmie preferivano di gran lunga dare il proprio gettone al “venditore” che offriva un acino d’uva e poi ne aggiungeva uno, piuttosto che dal venditore che ne offriva tre ma poi ne toglieva uno. Matematicamente la situazione è identica, ma la preferenza va verso quella che percepiamo essere una perdita minore. Esperimenti simili su altri primati hanno mostrato tendenze paragonabili, portando i ricercatori a suggerire una possibile origine evolutiva condivisa per la loss aversion.
Gioco d’azzardo, marketing e politica
Non siamo quindi agenti razionali di fronte a una scelta economica e il contesto, le nostre aspettative e la pressione sociale la possono influenzare molto di più delle nostre capacità di calcolo probabilistico. Ragione per cui cadiamo spesso vittima del gioco d’azzardo, pur essendo consapevoli che le probabilità di vittoria sono molto basse, e che il banco ha sempre le carte a suo favore.Lo stesso meccanismo è alla base della FOMO, Fear of Missing Out: la prospettiva di “perdere un’occasione” porta a fare acquisti non necessari. In questo campo, le conoscenze portate a galla dalla neuroeconomia sono state già applicate: gli strateghi del neuromarketing stanno sempre più sfruttando la nostra irrazionalità economica per architettare campagne mirate sui “punti ciechi” della nostra mente, basandosi sulle tendenze comportamentali emerse in situazioni di laboratorio, o sfruttando le connessioni fra le sinapsiCosa si intende per sinapsi? La sinapsi è un termine utiliz..., che determinano la forza di un brand.
La neuroeconomia si sta anche intersecando alla sociologia, per sondare in che modo le nostre decisioni sociali o sentimentali vengono elaborate in termini di valore, e anche a quello della politica, per capire cosa influenza le nostre scelte elettorali. Qui, forse, può stabilirsi un collegamento tra neuroeconomia e la Brain Economy di cui abbiamo parlato all’inizio: da molti studi infatti è emerso che cervelli in salute, cognitivamente valorizzati, siano portati a fare scelte più vantaggiose. Prendersi cura della salute del proprio cervello significa quindi anche sapersi orientare più consapevolmente nel mondo del mercato, facendo scelte migliori, per il bene personale e condiviso.
- Brown, Alexander L., Taisuke Imai, Ferdinand M. Vieider, and Colin F. Camerer. 2024. “Meta-analysis of Empirical Estimates of Loss Aversion.” Journal of Economic Literature, 62 (2): 485–516, https://www.aeaweb.org/articles?id=10.1257/jel.20221698
- Laurie Santos, (2010), A monkey economy as irrational as ours, TEDTalks
- Glimcher, Paul W. & Ernst Fehr, eds. (2014), Neuroeconomics : Decision Making and the Brain, London: Academic Press. ISBN 9780124160088
- https://www.ilsole24ore.com/art/la-salute-cervello-sfida-globale-un-futuro-sostenibile-AGLg7bqB
- https://digitaltonto.com/2012/share-of-synapse-share-of-market/
Sii parte del cambiamento. Condividere responsabilmente contenuti è un gesto che significa sostenibilità