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Museoterapia: il museo come strumento di benessere e inclusività

Arte e cultura per una salute globale

L’arte può essere utilizzata come strumento con fine terapeutico, in spazi anche lontani da quelli appartenenti al patrimonio culturale. Infatti, l’arteterapia può essere praticata in qualsiasi luogo, purché ci sia disponibilità di materiali che stimolino la creatività e una figura debitamente formata per portare avanti le attività ad essa connesse. Tuttavia, il potenziale terapeutico dell’arte deve essere considerato anche in funzione degli spazi dove la stessa viene conservata e tramandata: i musei. Questi possono ospitare attività creative, con il fine della promozione del benessere degli individui e, in generale, della società tutta. Si parla di Museoterapia, ossia l’accostamento dell’affascinante e vastissimo mondo dell’arte e dei luoghi della cultura ai pazienti, famiglie e caregiver, attraverso metodologie specifiche che a volte si rifanno anche all’arteterapia.

Il museo diventa laboratorio

In “Vado al museo per sentirmi bene, esperienze di museoterapia” (Auteri) possiamo leggere:

Senza perdere la sua storica mission di tutela, conservazione e comunicazione delle opere in esso esposte, il museo di domani, per come lo intendiamo, si prende cura del suo pubblico e lo pone al centro del suo interesse. […] Trasformando il museo (e le enormi potenzialità comunicative ed estetiche delle opere in esso esposte) in luogo privilegiato per divenire laboratorio in cui sperimentare esperienze basilari dell’individuo-gruppo (che se attraversate positivamente e più volte diventano capacità stabili di sereno vivere), attraverso laboratori funzionali (ispirati ad arte, teatro, performance e linguaggi artistici contemporanei) che integrino:

  • l’area Emotiva (che rappresenta i “colori” che la persona dà alla propria vita, le emozioni che ci fanno preferire, avvicinare o allontanare da oggetti, eventi e persone, che ci fanno scegliere);
  • l’area Posturale-muscolare (nel linguaggio del corpo con tutta la gamma dei movimenti e dei gesti, le posture importanti nella comunicazione con se stessi e con gli altri, la forza come capacità di intervenire direttamente, muovendo le cose e le situazioni);
  • l’area Cognitivo-simbolica (che comprende i processi mentali che coinvolgono sempre tutta la persona, anche a livello corporeo: pensieri, ricordi, fantasie, progetti, sogni e l’insieme di valori profondi, umani e sociali significativi compresi nella maniera di sentire della persona);
  • l’area Fisiologica (che racchiude tutti quei sistemi che assicurano il funzionamento dell’organismo, dal sistema respiratorio a quello endocrino, il sistema delle percezioni e delle sensazioni, il tono muscolare, dall’apparato immunitario fino ai processi di eccitazione che contribuiscono alla capacità di azione e di movimento, tutti sistemi strettamente interconnessi tra di loro ed in relazione con il mondo esterno).

Spazi vivi e inclusivi

Il riconoscimento di questo possibile contributo delle realtà museali non necessariamente prevede che queste si sottopongano ad un radicale cambiamento, alterando la propria ragion d’essere. Quello che auspicabilmente potrebbero fare è prendere coscienza del fatto che l’arte aiuta a vivere bene ed è un validissimo mezzo per avere un buon livello di qualità della vita. I musei, essendo per eccellenza gli “scrigni” della bellezza, non devono essere considerati soltanto come i luoghi dove le testimonianze del passato e della nostra civiltà devono essere conservate. Piuttosto devono essere fruiti come spazi vivi, pronti ad accogliere tutti i pubblici possibili e in grado di adattarsi a quelle che sono le loro esigenze.

Questa loro possibilità di poter essere mutevoli rappresenta un punto di forza e la base per poter avviare una stretta collaborazione con gli altri attori del territorio, siano essi istituzionali o individuali. Così è possibile amplificare l’impatto sulla società e modellarlo attraverso un impegno a favore dell’uguaglianza sociale e dell’inclusione. Per poter mettere in pratica concretamente tutto ciò, è assolutamente necessario cambiare ottica e riconsiderare i luoghi della cultura, ma anche l’intero patrimonio, come un mezzo per attuare una politica culturale avente come fine quello del benessere della società. Integrazione, accessibilità e salute sono i principali obiettivi da raggiungere in ogni museo del mondo. Persone con disabilità, categorie socioeconomiche svantaggiate, gruppi etnici e classi d’età marginalizzate, pubblici sfavoriti da barriere fisiche e comportamentali necessitano di nuovi approcci che permettano di influire positivamente attraverso programmazioni, formazione e attività specifiche.

Il museo come terapia

Si può dire che la Museoterapia è una pratica ai primi stadi, poiché è stata “ufficializzata” come tale l’1 Novembre del 2018 a Montreal, da quando i medici sono stati autorizzati a prescriverla come un vero e proprio farmaco. Il progetto pilota, promosso dalla rete creata dal Musée des beaux-arts de Montreal e i medici associati a Médecins francophones du Canada (MFDC), ha permesso a questi ultimi di prescrivere ai propri pazienti, affetti da patologie sia fisiche che mentali, 50 visite gratuite all’anno. Il progetto è durato un anno, nel quale i pazienti, attenendosi alle indicazioni del medico, hanno potuto frequentare il museo insieme ad un accompagnatore e 2 minori di 17 anni, il cui ingresso era compreso nella ricetta: in pratica l’esperienza era destinata a tutta famiglia.

Promozione del benessere

La frequentazione museale e le attività culturali in genere presentano un elevato potenziale di promozione del benessere a più livelli. Nel saggio La psicologia positiva e la scienza del benessere del 2013 si sottolinea che:

  • a livello individuale, nell’ambito del serious leisure, la fruizione culturale rappresenta un’attività strutturata e complessa, che mobilizza risorse intellettuali e favorisce l’incremento delle conoscenze, permettendo peraltro all’individuo di operare una selezione attiva dei contenuti di interesse, in base a predisposizioni, talenti e motivazioni personali. L’attiva produzione culturale ha un ulteriore valore aggiunto, in quanto permette l’espressione di abilità e capacità, e lo sviluppo della creatività. In entrambe le condizioni, la pratica culturale può diventare occasione di esperienza ottimale; può addirittura trasformarsi da attività di tempo libero a attività produttiva, in termini di studio o professione con ulteriore ampliamento del suo valore e significato per la traiettoria di sviluppo e progettualità dell’individuo.
  • A livello sociale, la cultura rappresenta il prodotto di un’eredità transgenerazionale, che continuamente si implementa e si trasforma, promuovendo lo sviluppo della complessità della comunità. Inoltre, nell’attuale contesto, sempre più multiculturale, la fruizione e la produzione di cultura diventano importanti occasioni di confronto e conoscenza tra tradizioni e storie diverse, che possono arricchirsi reciprocamente.

Museo di tutti, per tutti

Tramite le pratiche di Museoterapia ci si avvicina, non solo alle opere conservate all’interno dei luoghi della cultura, ma si entra in comunicazione con gli stessi, potendoli vedere sotto una luce e una prospettiva nuova. Così si inizia a comprendere il loro ruolo fondamentale per la comunità, indirizzando vecchi e nuovi fruitori verso la strada del “museo di e per tutti”, staccandosi definitivamente dalla sua visione elitaria e antica.

Cultura e longevità

Ci sono interessanti studi che dimostrano l’impatto della Museoterapia sulla salute, come quello presentato dallo Scandinavian Journal of Public Health. Lo scopo era quello di accertare la possibile influenza della partecipazione a vari tipi di eventi culturali o della visita a luoghi della cultura come fattore determinante per la sopravvivenza. Un campione di persone tra i 25 e 74 anni scelto casualmente è stato intervistato nel 1982 sulle proprie abitudini e standard di vita. Le variabili che sono state utilizzate ai fini dello studio erano l’età, il sesso, lo standard educativo, le malattie a lungo termine, il fumo e l’esercizio fisico.

Tutte le persone intervistate sono state monitorate per quattordici anni e di 10.609 soggetti partecipanti allo studio, al 31 dicembre 1996, risultavano morti 916 uomini e 600 donne. È stato riscontrato un rischio di mortalità più elevato per coloro che frequentavano raramente il cinema, i concerti, i musei o le mostre d’arte rispetto a coloro che li visitavano più spesso, concludendo che la partecipazione ad alcuni tipi di eventi culturali ha un effetto benefico sulla longevità.

Un’assistenza multisettoriale e integrata

Il report di sintesi della Rete delle Evidenze sulla Salute (Health Evidence Network – HEN) su arte e salute, presentato l’11 novembre 2019, ha passato in rassegna la letteratura accademica mondiale riguardante le evidenze sul contributo delle arti per la promozione di una buona salute e la prevenzione di una serie di condizioni di salute mentale e fisica, così come per il trattamento o la gestione di condizioni acute e croniche che si manifestano nel corso della vita.

Il settore artistico culturale potrebbe rappresentare una soluzione vantaggiosa sotto il profilo economico poiché si andrebbero a sfruttare le risorse e i beni già esistenti. Questi sono anche un ottimale strumento per aiutare nel fornire un’assistenza multisettoriale, olistica e integrata e centrata sulla persona, sulla quale Fondazione Patrizio Paoletti investe, attraverso progetti come AIDA, per l’inclusività e il benessere di pazienti e caregiver, tramite l’innovazione artistica, tecnologica e museale. Così si possono affrontare sfide complesse per le quali non ci sono soluzioni nell’assistenza sanitaria attuale, rappresentando una soluzione all’avanguardia e in linea con gli obiettivi dei principali documenti di policy globali, quali l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e il 13 Programma Generale di Lavoro dell’OMS, 2019 – 2030.


Giorgia Marchionni - European Grants International Academy | LinkedIn

Giorgia Marchionni è Coordinatrice e Project Manager del CRHACK LAB. Dopo la laurea triennale in Beni e Attività Culturali (Università degli Studi di Perugia), ha conseguito la laurea magistrale in Management dei Beni culturali (Università degli Studi di Macerata) e il diploma presso la Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici (Università degli Studi di Macerata).

Lavora a progetti nazionali ed internazionali nell’ambito del Patrimonio Culturale, accessibilità e inclusione, come ACCEASY-Easy to Read, Easy to Access, che che mira ad aprire il patrimonio culturale alle persone con disabilità intellettiva e di usare il patrimonio culturale come strumento per promuovere l’inclusione sociale, AIDA-Alzheimer patients Interaction through digital and Art, che mira a creare una metodologia per aiutare le persone con Alzheimer e i loro caregiver, utilizzando l’arte e il digitale, ArteMIA-L’Arte come Mezzo per l’Inclusione e l’Accessibilità, che ha l’obiettivo di creare una guida museale realizzata da persone con disabilità cognitive. Inoltre è attivamente coinvolta in attività incentrate sulla promozione del Patrimonio Culturale.

 


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Bibliografia
  • Auteri, M. (2012). Vado al museo per sentirmi bene, esperienze di museoterapia, Fondazione Puglisi Cosentino per l’Arte, Catania, 2012, pp. 1-2: http://www.fondazionepuglisicosentino.it/Public/fck/file/Museoterapia%20pdf.pdf
  • Delle fave, A., Sartori, R. D. G. (2013). La psicologia positiva e la scienza del benessere, in Grossi, E., Ravagnan, A.M., (2013). Cultura e salute. La partecipazione culturale come strumento per un nuovo welfare, Milano, Springer-Verlag Italia, pag. 126.
  • Fancourt, D., & Finn, S. (2019). What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review. World Health Organization. Regional Office for Europe.
  • Konlaan, B. B., Bygren, L. O., & Johansson, S. E. (2000). Visiting the cinema, concerts, museums or art exhibitions as determinant of survival: a Swedish fourteen-year cohort follow-up. Scandinavian journal of public health28(3), 174–178.
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