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Disturbo ossessivo compulsivo

Che cos’è il disturbo ossessivo compulsivo?

Intervista al professor Gianluca Castelnuovo su sintomi, cause e strategie

Controllare più e più volte che porte e finestre siano chiuse quando usciamo di casa. Continuare a revisionare un lavoro alla ricerca della perfezione, ritardandone la consegna. Pulire e riordinare la casa incessantemente. Quando questi controlli diventano eccessivi, tali da condizionare in maniera significativa la vita di chi li mette in atto, potremmo trovarci di fronte a un disturbo ossessivo compulsivo. Ne abbiamo parlato con Gianluca Castelnuovo, Professore Ordinario di Psicologia Clinica e Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica all’Università Cattolica di Milano. Castelnuovo è inoltre Direttore del Laboratorio di Ricerche Psicologiche e Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano. E psicologo e psicoterapeuta del Comitato Scientifico del Quotidiano della Salute.

Che cos’è il disturbo ossessivo compulsivo?

Castelnuovo
Il Professor Gianluca Castelnuovo

Il disturbo ossessivo compulsivo è caratterizzato da ossessioni, pensieri, immagini e impulsi, ricorrenti e indesiderati, che vengono vissuti come intrusivi e che generano ansia. Il disturbo ossessivo compulsivo rende invalidante la vita: chi ne soffre non vive la quotidianità in maniera tranquilla con se stesso, con gli altri e con il mondo per via degli eccessivi controlli messi in atto. Affinché si possa parla di questo tipo di disturbo, il pensiero intrusivo deve essere ricorrente e condizionare pesantemente la qualità di vita della persona.

Quali sono i sintomi e i meccanismi in chi ne soffre?

I sintomi sono la presenza di ossessioni, compulsioni, pensieri intrusivi e persistenti, numerose ripetizioni e controlli attuati per cercare di neutralizzare o ridurre l’ansia, con un approccio sia riparatorio che propiziatorio, per evitare che quello che temo accada. Parliamo non solo di azioni fisiche ma anche mentali, come ripetere una formula. Qui il pensiero è talmente tanto rigido che diventa magico, si perde la razionalità.

Quanto è diffuso il disturbo ossessivo compulsivo nella popolazione?

Si parla di percentuali relativamente basse, 2-3% della popolazione generale, equamente distribuita tra uomini e donne. Ma il problema è che questa percentuale bassa condiziona in realtà la vita delle persone intorno: colleghi di lavoro, famigliari, partner. E poi dobbiamo considerare che si tratta di stime, perché molte persone non si dichiarano, non accedono alle cure.

Quali sono le cause del disturbo ossessivo compulsivo?

Come tutti i disturbi, le cause possono essere di vario tipo. Può esserci una predisposizione genetico-biologica, ma questo non significa che sia una condanna. Possiamo parlare piuttosto di una vulnerabilità. Infatti affinché si sviluppi un disturbo ossessivo compulsivo devono accadere altre cose:

  • fattori psicologici personali (stile di pensiero rigido, perfezionistico, intollerante all’incertezza),
  • il condizionamento ricevuto da figure genitoriali (trasmissione di idea di perfezione: va bene solo se il risultato è elevato e non inferiore alle aspettative),
  • rinforzi negativi da figure di riferimento (genitori, insegnanti),
  • eventi di vita stressanti o fattori scatenanti: una bocciatura, sia lavorativa che scolastica, fatta notare in maniera pesante, una situazione in cui ho perso il controllo ed è accaduto qualcosa di negativo, ma senza che vi sia comunque una relazione di causa-effetto.

L’ambiente familiare ed educativo quindi può influenzare l’insorgere o il progredire del disturbo ossessivo compulsivo?

Sì. Infatti suggeriamo ai genitori di gioire e di festeggiare i risultati dei figli indipendentemente dall’esito, come nel caso dei voti ricevuti a scuola, per esempio, che dipendono da tanti fattori, da tante variabili che non possiamo sempre controllare in prima persona. Le celebrazioni e i complimenti sono auspicabili infatti semplicemente per il fatto di aver ottenuto un risultato.

Come possiamo distinguere il disturbo ossessivo compulsivo da una normale attività di controllo?

La discriminante sta in un numero di volte tale da compromettere la qualità della vita della persona, dal punto di vista personale, professionale, relazionale. Se controllo 10 volte di aver chiuso porte e finestre, ad esempio, il rischio potrebbe essere di arrivare sempre in ritardo. E la propensione al controllo tende ad aumentare. Per parlare di disturbo ossessivo compulsivo è fondamentale che generi un disagio clinicamente significativo. Se è solo un atteggiamento, una tendenza, un leggero tratto della personalità può essere addirittura funzionale, per esempio nello svolgimento di alcune attività lavorative, come per un revisore dei conti, ad esempio.

Qual è la differenza tra il disturbo ossessivo compulsivo e quello ossessivo compulsivo  di personalità?

Nel primo c’è una sola area compromessa, per esempio il controllo dello sporco, della pulizia, dell’ordine in casa, la chiusura delle porte, ed è vissuta in maniera egodistonica cioè la persona sente che c’è qualcosa che non va, ne è consapevole e chiede aiuto. Quando un tratto ossessivo diventa qualcosa di esteso in tutti i tratti della personalità e nei vari ambiti (sul lavoro, nel rapporto con gli altri, con se stessi, con il mondo) e diventa pervasivo allora possiamo parlare di disturbo ossessivo compulsivo di personalità. La sua caratteristica consiste nel fatto che non c’è un eccesso in un ambito solo: la persona diventa un controllore meticoloso in tutto, in eccesso, ma così tanto che lo vive in maniera egosintonica, lo vive in sintonia con se stesso e non si pone il problema di andare da uno specialista. Di solito sono gli altri (famigliari, datore di lavoro) a mandarlo. Questo eccesso di controllo porta insoddisfazione perché non si arriva mai alla perfezione ricercata.

Quali approcci terapeutici vengono utilizzati nella cura del disturbo ossessivo compulsivo?

Funzionano molto bene le terapie brevi e strategiche, che forniscono strategie e tecniche per scardinare un modo di pensare. Anche le terapie cognitivo-comportamentali sono molto utilizzate. Poiché ci sono tanti fattori, può esservi interazione tra un lavoro di psicoterapia, per rendere più flessibili ed elastiche, meno rigide, un certo tipo di scelte e decisioni. Si lavora sulla possibilità di accettare l’incertezza: accettare di lasciare un angolo della stanza sporco, per chi ha l’ossessione della pulizia, o ridurre di qualche minuto i tempi della doccia per vedere cosa succede. Questo per far sperimentare a una persona che se cambia i suoi schemi di pensiero e comportamentali non si hanno conseguenze negative. È un accompagnamento graduale. Nella terapia cognitivo comportamentale si chiama desensibilizzazione sistematica: in maniera sistematica ti rendo più capace di gestire delle situazioni che prima ti generavano un picco di ansia, poi ti preoccupano e in seguito inizi ad accettarle fino a concederti una serie di boicottaggi controllati del tuo ordine eccessivo.

Quanto è importante la divulgazione su queste tematiche?

Mi fa piacere che la letteratura divulgativa faccia uscire dei libri proprio sulla gestione e sull’importanza dell’imperfezione, come quello di Thomas Curran “Elogio dell’imperfezione – Come vivere sereni senza essere perfetti”, che racconta di quanto possa essere dannoso cercare costantemente la perfezione, ma anche “Il bello di sbagliare” di Enrico Castelli Gattinara, che affronta il tema in ambito sportivo. Mi fa piacere che ci sia il diffondersi di questa cultura di darsi il permesso di sbagliare perché dagli errori impariamo tantissimo. C’è una bellissima frase di Robert Ardrey che dice “Mentre perseguiamo l’irraggiungibile, rendiamo impossibile l’attuabile”. Significa che nel cercare di ottenere il massimo in realtà perdiamo la possibilità di ottenere qualcosa di concreto.

La meditazione e la mindfulness possono avere un ruolo nell’affrontare il disturbo ossessivo compulsivo?

Assolutamente sì. Soprattutto la mindfulness che aiuta a concentrarsi sul momento presente. Nelle terapie cognitivo comportamentali di ultima generazione si usa molto la minduflness come strategia per accettare: accettare le emozioni che sento, accettare l’attivazione verso l’ansia, accettare l’imperfezione.


Fondazione Patrizio Paoletti studia diverse forme di meditazione per il benessere e la salute globale, all’interno del suo Istituto di Ricerca RINED. Per esempio, l’Ente studia in particolare i benefici cerebrali, molecolari e funzionali della meditazione in movimento, come nel Quadrato Motor Training, tecnica di mindful movement ideata da Patrizio Paoletti. Si tratta di un semplice allenamento che coinvolge movimento e aspetti cognitivi e che ha dimostrato effetti positivi sulla coordinazione, capacità di attesa, apprendimento e percezione spaziale, sulla creatività, neuroplasticità, connettività e sincronicità cerebrale.

L’Ente traduce in immediata operatività e programmi sul territorio, per gli adolescenti e per le famiglie, i risultati della ricerca neuroscientifica, diffondendo le tecniche di meditazione e silenzio consapevole nei programmi per le scuole come Prefigurare il Futuro e applicando il Dispositivo del Silenzio nella sua scuola AIS Assisi International School.

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    Tutti i contenuti di divulgazione scientifica di Fondazione Patrizio Paoletti sono elaborati dalla nostra équipe interdisciplinare e non sostituiscono in alcun modo un intervento medico specialistico. Se pensi che tu o qualcuno a te vicino abbia bisogno dell'aiuto di un professionista della salute mentale, non esitare a rivolgerti ai centri territoriali e agli specialisti.

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