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Neuroscienze comparate

Neuroscienze comparate

Studiare il cervello degli animali per capire meglio anche il nostro

Quando agli inizi dell’Ottocento i naturalisti iniziarono a studiare, descrivere e confrontare i cervelli delle diverse specie animali, non potevano immaginare che da quelle osservazioni sarebbe nata una delle discipline più feconde della scienza moderna: le neuroscienze comparate. Le nuove tecniche di imaging e le analisi di connettività cerebrale consentono oggi di confrontare in modo preciso le reti neuronali tra specie diverse. Tracciando così le radici evolutive di funzioni complesse come la memoria, il linguaggio e la coscienza. E ci hanno mostrato come l’intelligenza animale (sia cognitiva che emotiva) sia molto più profonda di quanto ci aspettassimo.

Gli albori delle neuroscienze comparate

Anche se gli studi del cervello animale hanno una storia lunga quanto quella dell’anatomia umana, la neuroanatomia comparata per come la conosciamo oggi si è consolidata in seguito alla rivoluzione darwiniana del XIX secolo. È con Darwin che infatti emerge l’idea che la differenza tra essere umano e animale non è di natura, ma di grado: studiando il cervello di un pesce, di un uccello o di un primate, si può intravedere la traccia della nostra stessa evoluzione anatomica e cognitiva. L’organizzazione di base del sistema nervoso è basata su reti neuronali, strutture dalla complessità variabile ma condivise in tutto il mondo animale.

I primi studi comparativi di questo periodo storico dimostrarono come il cervello umano non fosse “cosa a sé” bensì un prodotto evolutivo per rispondere alle stesse esigenze di sopravvivenza degli animali: muoversi, percepire, imparare, ricordare. La comprensione delle capacità cognitive del nostro cervello, dunque, non poteva più prescindere dal confronto con quelle di altre specie. Nel corso del Novecento, con l’affermarsi della biologia evoluzionistica e della fisiologia sperimentale, le neuroscienze comparate divennero un ponte tra discipline diverse: zoologia, psicologia, medicina e filosofia. L’obiettivo comune era decifrare i meccanismi universali del cervello, riconoscendo allo stesso tempo la straordinaria varietà delle forme di intelligenza animale.

Gli organismi modello nello studio delle neuroscienze

Con l’avvento della biologia molecolare e delle tecniche di imaging cerebrale, la ricerca neuroscientifica ha iniziato ad affidarsi sempre più agli animali per comprendere il funzionamento dei meccanismi cerebrali umani. Si tratta dei cosiddetti organismi modello: specie scelte per le loro caratteristiche genetiche, fisiologiche o comportamentali che le rendono particolarmente adatte alla sperimentazione. Quelli comunemente impiegati nelle neuroscienze presentano sistemi neuronali sia semplici (come i moscerini della frutta o il verme nematode Caenorhabditis elegans, che possiede un sistema nervoso di appena 302 neuroni) che complessi (topi e ratti, numerose specie di primati).

Anche se un sistema nervoso più complesso è più “rappresentativo” e paragonabile a uno umano, i sistemi anatomicamente semplici ci offrono lo stesso informazioni utili per comprendere meglio il nostro. Sono infatti capaci di generare comportamenti cognitivamente complessi come memoria, apprendimento associativo e neuroplasticità.

Negli ultimi anni, la neuroscienza comparata ha ampliato il proprio raggio d’azione verso specie “non convenzionali”. Il polpo, con la sua intelligenza flessibile e il sistema nervoso distribuito nei tentacoli, oppure i corvidi, capaci di usare strumenti e risolvere problemi logici, sono oggi modelli di studio per comprendere come la complessità cognitiva possa emergere da architetture neurali non-umane ed esplorare leggi generali della cognizione.

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Nuove finestre sull’intelligenza animale

L’effetto collaterale sullo studio comparato dei cervelli animali per comprendere meglio il nostro è che oggi sappiamo molto di più sull’intelligenza degli animali. Le scoperte più recenti hanno demolito l’idea di una scala gerarchica dell’intelligenza con esseri umani in cima: l’approccio comparato ha rivelato invece una pluralità di intelligenze adattate a specifici ambienti e stili di vita:

  • gli elefanti riconoscono se stessi allo specchio e sono capaci di empatia e lutto
  • i delfini comunicano con segnali vocali individuali simili a “nomi propri”
  • i corvi pianificano azioni future, serbano rancore, e conservano strumenti per usarli in momenti opportuni.

Le neuroscienze comparate ci insegnano che la mente umana non è il punto d’arrivo dell’evoluzione, ma una delle sue tante possibilità.

Queste ricerche hanno conseguenze che vanno ben oltre le loro applicazioni mediche. Capire che l’intelligenza e l’emotività non sono tratti esclusivi di noi esseri umani, ma proprietà emergenti di sistemi nervosi evolutivamente diversi, costringe a ripensare il nostro rapporto con le altre specie. E ci pone anche di fronte a dilemmi etici, anche sull’utilizzo nella ricerca di quegli stessi modelli animali che ci hanno permesso di arrivare a queste conclusioni. Pur essendo molto più regolamentata rispetto al passato, oggi la sperimentazione animale è ancora molto praticata. Tuttavia recenti sviluppi in ambito di elaborazione di modelli virtuali di organismi modello, o nella coltivazione di organoidi (copie in miniatura di organi prodotte in provetta) fanno sperare che il numero di cavie necessarie alla ricerca possa essere in futuro sempre più ridotto, per coltivare una scienza consapevole e rispettosa, nell’ottica di una salute globale che abbraccia anche quella animale e del Pianeta.


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Bibliografia
  • Beran MJ, Parrish AE, Perdue BM, Washburn DA. Comparative Cognition: Past, Present, and Future. Int J Comp Psychol. 2014 Jan 1;27(1):3-30. PMID: 25419047; PMCID: PMC4239033.
  • Gordon M. Burghardt, Darwin’s Legacy to Comparative Psychology and Ethology, American Psychologist, Vol. 64, No. 2, 102–110 DOI: 10.1037/a0013385
  • Manger, P. R., & Hof, P. R. (2021). “Comparative neuroscience: Understanding brain diversity and evolution.” Frontiers in Neuroanatomy, 15, 734918.
  • Vallortigara Giorgio, Pensieri della mosca con la testa storta, Adelphi, 2021
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