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Forum mondiale OCSE sul benessere

L’importanza della connessione

Il settimo Forum mondiale dell’OCSE sul benessere si è tenuto a Roma dal 4 al 6 novembre 2024, promosso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’Istituto Nazionale di Statistica ISTAT. Il congresso ha favorito la riflessione e il dialogo dei partecipanti, accademici, esponenti della società civile, imprese e istituzioni provenienti da tutto il mondo. Anche Fondazione Patrizio Paoletti era presente, per contribuire a diffondere la voce del dibattito internazionale e la consapevolezza dell’importanza degli stili di vita e dei nostri comportamenti, per un benessere sostenibile e una salute globale.

Politiche per il benessere

Il forum OCSE dal titolo Strengthening Well-being Approaches for a Changing World (Rafforzare gli approcci al benessere per un mondo che cambia“) si inserisce all’interno delle attività correlate al G7, con l’obiettivo di sostenere l’adozione di politiche internazionali per un benessere equo e sostenibile, formulate sulla base di dati statistici e analisi empiriche, con un’attenzione alle best practices, che già permettono una traduzione pratica delle migliori intuizioni teoriche.

L’evento sottolinea la stretta interconnessione fra economia, benessere, inclusività, equità e ambiente, con la necessità di politiche integrate che guardino all’intero sistema Uomo-Pianeta e investimenti sul lungo periodo, per valorizzare l’interdipendenza tra popolazioni sane ed economie eque e prospere, favorendo il senso di fiducia delle comunità, quale elemento essenziale per fortificare anche la democrazia.

L’ambiente come benessere

La sfida ambientale e la transizione ecologica emergono nel dialogo dell’OCSE come tasselli basilari e primari per il benessere sostenibile dell’uomo e del Pianeta. Tutto parte dalla natura, perché “senza la natura non siamo niente“, come afferma António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite.

È necessario un ripensamento globale dell’approvvigionamento energetico, che punti all’efficienza ma anche alla riduzione dei consumi, nell’ottica del raggiungimento della neutralità climatica in Europa entro il 2050. Questo implica, non solo un dibattito sulla decarbonizzazione, ma anche una riflessione sull’industria, sul mercato del cibo e sul mondo dei trasporti.

Risulta fondamentale un dialogo franco sull’impatto economico della transizione ecologica sui settori più a rischio o penalizzati, perché ogni transizione può creare vincitori e vinti. Per essere veramente “giusta”, la transizione deve poter distribuire benessere e giustizia, in un “capitalismo inclusivo” che riconosca e valorizzi la profonda interdipendenza positiva tra le persone, i popoli e il Pianeta.

L’emergenza climatica richiede che i governi siano preparati anche all’imprevedibile, superando la semplice reattività con politiche anticipatorie e proteggendo le popolazioni, con programmi coraggiosi e personalizzati, che favoriscano la resilienza comunitaria ed economica. Nell’OCSE sono state condivise alcune best practices, come l’inclusione attiva nelle politiche finlandesi sul clima della popolazione indigena Sami, riconosciuta come gruppo più vulnerabile ai cambiamenti climatici, le politiche di urbanizzazione verde di Barcellona e le attività dell’Istituto JuST per la rioccupazione e protezione dei lavoratori nella transizione ecologica.

Le politiche governative devono includere anche un nuovo contratto eco-sociale con i cittadini, condividendo la responsabilità di stili di vita sostenibili, che richiedono nuove narrative e una rimodulazione anche delle aspettative delle persone, in termini di lavoro, consumi, trasporti e democrazia.

L’Homo Integralis e la generatività

L’economista Leonardo Becchetti dell’Università di Roma Tor Vergata ricorda l’importanza di riconoscere l’essere umano nella sua interezza, come Homo Integralis, che supera ampiamente l’Homo Economicus e la sua funzione di produttore-consumatore. L’Homo Integralis è caratterizzato, piuttosto, dalla naturale spinta a cercare un senso, un riconoscimento sociale e una forma di generatività che si riverbera sulla comunità e si traduce in una soddisfazione che si trasmette all’altro. La generatività sociale, che caratterizza profondamente l’uomo, orienta la sua felicità nella direzione di un positivo impatto sugli altri, favorendo la partecipazione, l’entusiasmo e la felicità, non solo di avere, ma anche di dare.

Becchetti sottolinea l’importanza di diffondere le competenze relazionali, anche in ambito economico, per coltivare quella spinta naturale alla generatività, che semina le condizioni migliori per una fioritura equa e sostenibile della società, dove si può anche perdere qualcosa, per guadagnare qualcosa di più importante.

In quest’ottica, la felicità richiede un lavoro, uno sforzo, un alzarsi in piedi per un obiettivo e un mettersi in gioco, in prima linea, per un rinascimento economico che insegni a passare la palla per vincere, con un’efficace metafora calcistica. E abbiamo bisogno di una goal innovation anche nel business: un risettaggio degli obiettivi, per comprendere che la performance deve includere l’impatto sociale e che l’efficienza non può prescindere dall’equità e dalla priorità di costruire benessere, fiducia e dignità, perché non c’è un prezzo, per esempio, per la sicurezza dei bambini e per il rispetto degli animali.

 


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Intelligenza artificiale e responsabilità

La vera generatività si traduce naturalmente anche in un progresso tecnologico equo, in grado di impattare positivamente su tutta la popolazione. E l’OCSE riflette in particolare sulle nuove frontiere generative dell’informatica, ossia sull’intelligenza artificiale. Questa è presentata come una vera rivoluzione, uno spartiacque nella storia dell’uomo, parificabile all’invenzione della scrittura. Si tratta di uno strumento universale, le cui applicazioni future sono ancora inimmaginabili persino per gli addetti ai lavori. L’intelligenza artificiale sarà e già è un trasmettitore di cultura, nonché un supporto crescente per l’uomo.

Dal dialogo emerge tuttavia la necessità di sfatare il mito di una neutralità della tecnologia, suggerisce Barbara Caputo, referente per l’intelligenza artificiale del Politecnico di Torino. Vengono denunciati invece i rischi che i bias culturali, approcci discriminatori o stigmatizzanti si diffondano capillarmente tramite gli algoritmi, allargando la forbice del divario sociale.

Gabriela Ramos dell’UNESCO e Béatrice Néré della Bill & Melinda Gates Foundation Europe sottolineano l’importanza di uno sviluppo tecnologico responsabile e regolamentato, monitorato da un osservatorio etico e da politiche governative in grado di proteggere le persone, favorendo la fiducia nelle istituzioni e nell’innovazione.

Se l’intelligenza artificiale crea nuove sfide, essa è certamente parte anche della soluzione, concordano gli specialisti, perché l’innovazione è un’opportunità di avere una vita migliore e di bilanciare il diritto alla connessione con il diritto alla privacy e alla sicurezza, sviluppando il pensiero laterale e la creatività, insieme agli algoritmi.

Si rinnova ancora una volta la consapevolezza dell’importanza di imparare a utilizzare l’intelligenza artificiale, per proteggere e rinnovare il mondo del lavoro, in questa rivoluzione, le cui dimensioni ancora ci sfuggono. Perché il rischio non è tanto quello di essere sostituiti dall’intelligenza artificiale, ma da qualcuno che la sa usare, sottolineano gli esperti.

La centralità dell’educazione

Di fronte alla rivoluzione tecnologica, Barbara Caputo evidenzia l’esigenza di una diffusione su larga scala di programmi formativi per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e di data center accessibili gratuitamente, affinché lo sviluppo informatico sia distribuito equamente sul Pianeta, per rappresentare al meglio tutte le culture e le lingue del mondo. Nel giro di due o tre anni, assicura, l’infrastruttura dell’intelligenza artificiale sarà creata ed è quindi adesso il momento adatto per pensarne con cura la distribuzione e organizzazione.

Risulta parallelamente fondamentale investire in un’educazione inclusiva di giovani e anche adulti, come un processo assolutamente necessario, nell’accelerazione della transizione digitale, con mobilitazione di risorse e programmi di apprendimento anche sul lavoro, per valorizzare nel modo migliore il capitale umano.

La connessione come base per il benessere

Se il futuro del benessere guarda alla rivoluzione digitale come alleata per un’ottimizzazione di tempi e risorse, la nostra natura umana relazionale resta la fonte principale per la salute globale. L’isolamento è un importante rischio per le persone, che può tradursi in patologie psicofisiche e disagi sociali. La connessione sociale, invece, favorisce la resilienza comunitaria, persino di fronte a catastrofi naturali. Per questo motivo, i governi devono fortificare il tessuto sociale, perché l’esistenza umana richiede l’interazione con gli altri. E le interazioni più importanti – i dati dimostrano – restano quelle in presenza e vicine, piuttosto che quelle online o remote, in grado di supportare il benessere mentale, la realizzazione sul lavoro, il senso di soddisfazione e fiducia , anche nei confronti delle istituzioni.

Un’importante testimonianza del ruolo delle connessioni nel benessere sociale è stata offerta all’OCSE da Melissa Lynn Walls, professoressa alla Johns Hopkins University e CoDirector del JHU Center for Indigenous Health. La ricercatrice di origine indigena ha raccontato il trauma storico della colonizzazione vissuta dagli Indiani d’America, che si è tradotta in disagio e in una una maggiore incidenza di malattie. Al contempo, ha descritto l’importanza della cultura che diviene, essa stessa, medicina, nell’ottica indigena, con la centralità del senso di appartenenza e soprattutto di connessione con la comunità, con l’ambiente e con una dimensione spirituale. Walls ha testimoniato l’importanza di passare da un approccio antropocentrico al mondo a un’ottica cosmocentrica, dove ogni essere vivente occupa uno spazio prezioso e unico nel ciclo della vita. Questo significa per l’essere umano scendere dal vertice della piramide simbolica del potere, per rientrare in una dimensione circolare, di continuo scambio e interconnessione.

L’invito della ricercatrice indigena è di andare avanti, senza guardare solo al futuro e all’innovazione tecnologica, ma voltandosi anche indietro e al passato, rispettosamente, per connetterci alle origini e alle radici delle nostre comunità, che si sono edificate sulla relazione tra le persone, con gli animali, con le piante, gli elementi naturali, in una dimensione al contempo terrena e spirituale.

Uno sguardo all’Italia

Durante l’OCSE, è stato messo a disposizione anche il rapporto 2024 dell’ISTAT, che fotografa la situazione del nostro Paese, dal quale emergono aspetti ambivalenti. Da una parte migliora la scolarizzazione, con aumento significativo delle lauree e un allungamento dei percorsi di studio, accanto a un accesso regolare e capillare a internet, che raggiunge ormai l’84,5% degli individui tra i 16 e i 74 anni.

Preoccupano tuttavia le dinamiche demografiche, che confermano un invecchiamento della popolazione, con quasi un quarto dei residenti che ha compiuto 65 anni. Il calo delle nascite ha portato a una drastica riduzione dei giovani: nel 2021 l’incidenza dei 18-34enni sulla popolazione è stata la più bassa a livello europeo. La tendenza demografica si traduce in un percorso più lungo e complicato verso l’età adulta, l’autonomia economica e la formazione di nuovi nuclei familiari.

Parallelamente, il report testimonia anche forti disuguaglianze economiche, nonostante le performance relativamente buone del mercato del lavoro degli ultimi anni. La sofferenza economica si riflette anche in un peggioramento degli indicatori di povertà assoluta che, nel 2023, affligge 2 milioni e 235mila famiglie.

Benessere equo e sostenibile in Italia

Il semplice dato economico non si traduce, tuttavia, automaticamente in un indice di felicità. Al fine di monitorare al meglio lo stato di benessere nel Paese, attraverso le varie sfide e risorse che caratterizzano il tempo presente, sono stati sviluppati 152 indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) suddivisi in 12 domini rilevanti per la misurazione dello stesso:

  1. Salute
  2. Istruzione e formazione
  3. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
  4. Benessere economico
  5. Relazioni sociali
  6. Politica e istituzioni
  7. Sicurezza
  8. Benessere soggettivo
  9. Paesaggio e patrimonio culturale
  10. Ambiente
  11. Innovazione, ricerca e creatività
  12. Qualità dei servizi

I dati testimoniano un progressivo miglioramento sulla maggioranza degli indicatori nel territorio nazionale, seppur emergano segnali negativi nell’ambito della sicurezza e dell’ambiente, che restano le dimensioni più fragili per il benessere degli italiani.

Il dialogo all’OCSE celebra comunque il Belpaese ospitante, sottolineando che il benessere in Italia ha il volto dell’arte, della tradizione enogastronomica, dell’immenso patrimonio storico, letterario e culturale: tutti beni da riconoscere e valorizzare, per costruire e coltivare un benessere equo e sostenibile. Per godere di questi beni resta fondamentale il tempo, sottolineano diversi relatori. Impegnarsi a riservare un tempo per se stessi, per i propri cari e passioni è un elemento essenziale e imprescindibile per un benessere che sia veramente equo e sostenibile: un tempo che diviene spazio, per prendersi cura dell’ambiente, della propria autoeducazione e della connessione, digitale ma soprattutto fisica, frontale e concreta, che ci rende umani.

Fondazione Patrizio Paoletti per l’Agenda 2030

La progettualità di Fondazione Patrizio Paoletti è allineata agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: ogni iniziativa è guidata dalla visione di un mondo più sostenibile, inclusivo e privo di differenze e, attraverso un impegno continuo, l’ente contribuisce a promuovere un cambiamento positivo a livello globale.

I principali traguardi realizzati con i progetti di Fondazione Patrizio Paoletti impattano positivamente su:

  • salute e benessere
  • istruzione di qualità
  • pace, giustizia e istituzioni solide
  • parità di genere
  • lavoro dignitoso e crescita economica
  • partnership per gli obiettivi
  • riduzione delle disuguaglianze
  • contrasto alla povertà
  • lotta al cambiamento climatico

Scopri la progettualità di Fondazione Patrizio Paoletti, scaricando il Bilancio Sociale, strumento di trasparenza, ascolto e coinvolgimento di tutti gli stakeholder, per monitorare e condividere le ricadute sociali e globali di tutte le attività di ricerca, comunicazione e impegno educativo dell’ente.

 


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Sitografia
  •  https://www.oecd-wellbeing-forum2024.mef.gov.it/it/
  • https://open.gov.it/notizie/7-forum-mondiale-ocse-benessere
  • https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/02/12-domini-commissione-scientifica.pdf
  • https://www.dt.mef.gov.it/it/news/2024/bes_2024.html
  • https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/benessere-e-sostenibilita/la-misurazione-del-benessere-bes/gli-indicatori-del-bes/

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