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Burnout per i caregiver familiari: la sindrome di Burden

Cause, sintomi e soluzioni

L’assistenza ad un familiare malato può facilmente sfociare in stress e burnout per i caregiver. Oggi, in Italia, sono più di otto milioni, il 17,4% della popolazione. Il 15% di loro, quasi sette milioni e mezzo, lo è per i propri familiari. Secondo i dati Istat, negli ultimi anni la quota dei caregiver è notevolmente aumentata. Sarà destinata a crescere nel Bel Paese dove, attualmente, quasi il 24,1% dei cittadini ha più di 65 anni.

Il carico psicologico dei caregiver familiari

Assistere 24 ore su 24 un proprio caro malato o non autosufficiente è un compito difficile o addirittura impossibile, se non si è tecnicamente ed emotivamente preparati. Un ruolo impegnativo che, se protratto per lungo tempo, mette a serio rischio l’equilibrio psicofisico del caregiver. Prendersi cura di una persona cara crea una sofferenza emotiva molto forte e, con l’avanzare della malattia, il carico psicologico può diventare totalizzante. Non sono rari i casi di burnout per i caregiver che assistono i propri familiari. Tristezza, rabbia, impotenza e senso di colpa sono solo alcuni dei vissuti emotivi che spesso caratterizzano la quotidianità del caregiver. Accade di frequente che chi dà cura si senta iper-responsabile. Sapendo di avere un’incombenza che non può delegare, attribuisce spesso a sé la colpa dei peggioramenti nel proprio parente ammalato. Nel frattempo, può dimenticarsi totalmente della propria vita personale e affettiva.

La sindrome di Burden nel caregiver

Quando si ammala un familiare, la malattia riguarda l’intero nucleo. Il senso di sicurezza e di stabilità nella persona malata vengono spesso dati proprio dall’affetto e dalla vicinanza delle persone a lei più care.

“La diagnosi di Alzheimer è stata una doccia fredda – racconta V. – ma io non ci ho pensato nemmeno un minuto. Tornando a casa guardavo mia moglie e mi sembrava spaventata almeno quanto me. Continuavo a ripetermi che insieme avremmo potuto superare qualsiasi ostacolo. Si meritava tutto il mio amore e la mia dedizione. Non sopportavo l’idea che qualcun altro si potesse occupare di lei. Pensavo potesse viverlo come un tradimento, un abbandono. Ho chiamato in ufficio e ho chiesto un anno di aspettativa”.

Nelle situazioni croniche e degenerative, come nel caso di pazienti affetti da demenza, l’insieme di oneri derivanti dalle numerose responsabilità assistenziali può trasformarsi in un peso che affatica mente e corpo. Il benessere psicofisico di chi assiste un familiare malato è messo a dura prova. In Italia, per prestare assistenza ad un familiare il 66% è costretto a lasciare il proprio lavoro. Con manifestazioni simili al burnout, il termine burden, dall’inglese “fardello”, è utilizzato per definire quell’insieme di condizioni che gravano sul caregiver e che creano disagio e sofferenza. È una forma di stress che si cronicizza, quanto più si prolunga la situazione di dedizione. I principali sintomi sperimentati da chi accudisce sono:

  • difficoltà di concentrazione
  • problemi del sonno, dell’appetito e dell’umore
  • ansia e preoccupazioni persistenti
  • disturbi psicosomatici
  • indebolimento delle difese immunitarie
  • sedentarietà
  • ridotta cura del proprio stato di salute

Il caregiver, nel tempo, diventa così una vittima secondaria. L’accudimento del familiare malato arriva a compromettere il suo stesso stato di salute, creando un circolo vizioso. È fondamentale riconoscere i segnali di stress eccessivo il prima possibile.

Strategie per il miglioramento della vita di pazienti e caregiver nei casi di demenza

Il senso di solitudine è forse lo stato emotivo più sperimentato dai caregiver familiari che, senza rendersene conto, si alienano dalla società per dedicarsi interamente al familiare malato. Quando gli sforzi diventano eccessivi e le privazioni aumentano, chi si prende cura dei propri cari deve chiedere aiuto. I casi di demenza, rispetto ad altre malattie, presentano alcuni sintomi comportamentali e psichici particolarmente stressogeni per coloro che li assistono. I pazienti si trovano di frequente a vagare senza meta e perdersi (il cosiddetto wandering), provocando alti livelli di stress nei caregiver.

Una mattina mi sono svegliato di soprassalto perché suonava il cellulare. Erano le sette del mattino e la fruttivendola del paese mi diceva che aveva visto mia moglie passare davanti al suo negozio in pigiama e con ai piedi le ciabatte”, racconta V. “Dopo la diagnosi di Alzheimer, cinque mesi fa, mi sono occupato di L. giorno e notte. Dormivamo pochissimo. Lei si addormentava per 40 minuti dopo pranzo e poi stava sveglia fino alla mattina seguente. Inizialmente pensavo di potercela fare da solo, ma stavo mettendo a rischio la mia sanità mentale e la sua vita”.

La malattia di Alzheimer, così come anche le altre forme di demenza, ha un forte impatto sulla vita di chi ne soffre, ma anche di chi se ne prende cura. Bisogna sostenere entrambi gli attori, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dell’intero nucleo familiare, favorendo il dialogo, la socialità e il senso di benessere. La Fondazione Patrizio Paoletti studia nuovi modelli per l’inclusione sociale dei malati di Alzheimer attraverso il mezzo dell’arte e del digitale, con il progetto europeo AIDA (Alzheimer patients Interaction through Digital and Arts), di cui è partner principale.

Prevenzioni e tutele per i caregiver, i nuovi infermieri di famiglia

Il tema della prevenzione e della tutela nei confronti del caregiver è oggi molto sentito. Tra le varie conseguenze che la trasformazione sociodemografica ha portato, si evidenzia l’aumento dell’incidenza di malattie cronico-degenerative, considerate la prima causa di disabilità in età senile. Attualmente, nel mondo, si stimano circa 47 milioni di persone affette da demenza e si prevede che nel 2030 si arriverà a più di 75 milioni. L’infermiere di famiglia, istituito definitivamente in Italia attraverso il D.M. 23 maggio 2022, n. 77, “aiuterà gli individui e le famiglie ad adattarsi alla malattia e alla disabilità cronica o nei momenti di stress, trascorrendo buona parte del loro tempo a lavorare a domicilio dei pazienti e con le loro famiglie”.

Lo scopo sarà quello di accrescere, nel tempo, l’equilibrio e lo stato di salute dell’intero nucleo, alleviando la sofferenza fisica ed emotiva del paziente e prevenendo il burden di chi lo circonda. Anche il “Piano nazionale demenze – Strategie per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze”, approvato nell’ottobre 2014, fornisce indicazioni strategiche per il sostegno e l’accompagnamento del paziente e dei caregiver durante la cura della malattia.

Il Piano focalizza la propria attenzione sulle misure di sanità pubblica, finalizzate alla corretta gestione integrata della demenza. È necessario aumentare le conoscenze della popolazione generale, delle persone con demenze, familiari e professionisti del settore. Sono essenziali la prevenzione, la diagnosi tempestiva, il trattamento e l’assistenza, con attenzione anche alle forme a esordio precoce. Riconoscere a tutti gli effetti la figura del caregiver familiare e diminuire lo stigma sociale porterà certamente a favorire la partecipazione della collettività. Come diretta conseguenza, si ridurrà la condizione di sofferenza, solitudine, affaticamento fisico, psicologico e la frustrazione di chi, oggi, si occupa di un familiare malato.

 


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Bibliografia
    • Ben-Soussan, T. D., & Glicksohn, J. (2018). Gender-dependent changes in time production following Quadrato Motor Training in dyslexic and normal readers. Frontiers in computational neuroscience, 12.
    • Marvardi M, Mattioli P, Spazzafumo L, Mastriforti R, Rinaldi P, Polidori MC, et al. (2005). The Caregiver Burden Inventory in evaluating the burden of caregivers of elderly demented patients: results from a multicenter study. Aging clinical and experimental research;17(1):46-53.

Sitografia
  • D.M. 23 maggio 2022, n. 77 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/06/22/22G00085/sg)
  • World Health Organization (2015). The epidemiology and impact of dementia: Current state and future trends. Geneva, Switzerland; Report No.: WHO/MSD/MER/15.3. (http://www.who.int/mental_health/neurology/dementia/dementia_thematicbrief_epide).

Foto di sabinevanerp su Pixabay.[/su_spoiler]

 

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