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Le fiabe parlano alla mente dei bambini

“Mamma, mi racconti una storia?” oppure “Maestra, andiamo avanti con la storia di Alfonso?”. Quante volte mi sono sentita fare queste richieste da mio figlio e da tutti i bambini che ho incontrato nel mio percorso.

Perché? Perché il narrare ti porta velocemente in un mondo “magico”, in un mondo in cui tutto può accadere, in uno spazio e un tempo indefiniti ma che trovano facilmente una corrispondenza nel nostro cuore, nella nostra mente, nel nostro vissuto. Fin da neonati le parole di nostra madre ci hanno cullato, rassicurato, hanno placato la nostra angoscia in un primo dialogo narrativo fatto anche di contatto, di pelle, di odori. Le ninne nanne poi, insieme alle filastrocche, alle tiritere, sono lo strumento con cui iniziamo la nostra formazione linguistica ma anche il modo in cui entriamo nel mondo “misterioso” della nostra cultura.

E poi arriva il momento in cui non solo i suoni, le parole ma anche i fatti, le piccole sequenze narrative iniziano ad emanare il loro fascino. I racconti, le fiabe, le favole ci aprono al mondo, ad un mondo immaginario, di fantasia ma che trova ancoraggi forti con la nostra vita, con la nostra esperienza. Cappuccetto Rosso che si perde nel bosco, trova una corrispondenza nel bosco interiore del bambino, nelle sue paure da affrontare, nel suo perdersi per poi ritrovarsi; così pure il lupo: ognuno di noi ha un lupo dentro di sé con cui deve fare i conti, seduttivo ma anche terrificante perché sembra conoscerti molto bene.

Il bambino, crescendo, sviluppa una sua personale relazione con la fiaba: ecco perché è così importante la ripetizione e perché è così insistente la richiesta: “Ancora!!!”. In ogni momento evolutivo il bambino prende dalla fiaba ciò che gli interessa in quel momento, ciò che gli corrisponde, ciò che gli serve. Si misura con le paure dei personaggi e diventa lui stesso protagonista di prodezze nel suo immaginario. Il bambino affronta la paura sotto l’ala protettiva della mamma, della nonna, del papà, della maestra, di figure che in qualunque momento hanno il potere di difenderlo e proteggerlo.

Narrare quindi è un atto educativo importante da vari punti di vista. Da un punto di vista cognitivo sviluppa il linguaggio ma permette anche di costruire strutture mentali legate alla conoscenza di sé o dell’altro e ai concetti spazio-temporali. Favorisce lo sviluppo della memoria di lavoro consentendo di tenere nella mente sequenze di eventi narrati fino a ricomporre il significato completo del messaggio. Entrambi gli emisferi cerebrali sono quindi stimolati e sollecitati. La parte emotiva viene sviluppata con il vivere le emozioni insieme ai protagonisti delle fiabe: si crea subito una naturale empatia con ciò che ascoltiamo. Storia dopo storia, avventura dopo avventura, la paura cambia sfumatura e passa dalla preoccupazione al timore, all’ansia; oppure la tristezza si declina in malinconia, in dispiacere, in dolore per arrivare anche allo struggimento. La gioia è anche eccitazione, trepidazione, spensieratezza. Si crea quindi un vocabolario emotivo: il bambino inizia a distinguere, nella narrazione, vari tipi di sfumature emotive e a riconoscerle dentro di sé. Quando ascolto una storia, la mia parte emotiva partecipa a ciò che i personaggi vivono, ne anticipa quasi i vissuti, cerca di sviluppare e anticipare soluzioni, di intravedere azioni utili che poi possono e meno trovare corrispondenza nel finale proposto.

Come il neuroscienziato Gazzaniga ci ricorda spesso, “siamo pronti a far fronte agli eventi inattesi perché li abbiamo immaginati o ascoltati nei racconti. E questa è una delle funzioni evolutive essenziali della narrazione”. E le fiabe hanno tutte un orientamento, ci allenano alla necessità di alleanze, di trovare strategie, di cercare visioni sempre più ampie che includano nuove possibilità di sviluppo e di soluzione. Lo scrittore inglese Chesterton, prolifico narratore, ci disse che “non sono le fiabe a dare ai bambini l’idea dell’Uomo nero, le fiabe donano semmai l’idea che L’uomo nero può essere sconfitto”.

Ecco che il bambino impara a convivere con i draghi perché sa che ci sarà sempre un San Giorgio capace di ucciderli.

Nel campus pedagogico per famiglie Junior Training Family, diamo molto spazio alla narrazione, possiamo dire che il narrare è il filo conduttore di tutti i laboratori. Partiamo spesso da una storia per creare un legame tra le giornate, come un filo rosso che attraversa lo scorrere delle esperienze ma che dopo un tramonto e una notte, ci ritrova tutti lì, la mattina seguente con la forte aspettativa di vedere cosa ancora può accadere al personaggio guida ma anche a tutti i piccoli grandi personaggi dei vari laboratori e forse non è altro che vedere cosa accadrà anche a me, proprio a me, nello sperimentarmi con i suoni, con i sensi, con gli esprimenti, con il silenzio, col gioco, con mamma e papà.

 

Invitiamo sempre i genitori a curare l’arte della narrazione, utilizzando fiabe classiche, fiabe moderne ma anche fiabe inventate perché la fiaba inventata è proprio per quel bambino lì, per il mio, per il suo personale bisogno. L’inventare le fiabe ci dà la possibilità di entrare e uscire dalla realtà sul cavallo della fantasia, ci permette di sdrammatizzare alcune situazioni, alcune identificazioni e trovare soluzioni alternative: così una pietra raccolta diventa magica con il sacro potere di illuminare il buio, oppure un ramo adornato con un nastro può diventare una meravigliosa bacchetta magica da usare in particolari situazioni critiche.

Come accade a Junior Training Family ogni giorno arriva la sera, e nel momento che precede il coricarsi leggiamo insieme ai nostri bambini una fiaba: è il modo per parlare alla nostra mente, per dare induzioni forti su visioni nuove e possibili nuovi scenari dove tutto può accadere, anche di trovare la soluzione giusta per noi.

Barbara Adami – insegnante, musicologa e Family Trainer

 

Bibliografia

 

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