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Educare i figli alla solidarietà

L’esperienza di Walter, che organizza banchetti solidali coi suoi bambini e insegna l’importanza di essere altruisti

Figli e solidarietà. In occasione della Festa del Papà, conosciamo Walter che, insieme ai suoi figli di 9 e 11 anni, Bianca e Pietro, ha organizzato tre banchetti solidali in favore di Fondazione Patrizio Paoletti. I banchetti, gestiti dagli stessi bambini con la supervisione del padre, sono stati allestiti sui Navigli a Milano, sfidando con profondità e leggerezza il pericolo della deriva consumistica, che a volte si annida nelle stesse famiglie. Il risultato? Tanta gioia condivisa, commozione e anche divertimento.

Essere padre: educare ai valori

Essere padre significa anche trasmettere ai propri figli i valori per una vita appassionata, piena, appagante, rispettosa e sostenibile. Fra questi, la solidarietà è fondamentale, fin da bambini, per costruire relazioni sane ed equilibrate con le altre persone e con il mondo. Gli studi scientifici dimostrano che essere altruisti, il volontariato e la solidarietà contribuiscono anche a renderci più felici. Quando l’educazione alla solidarietà supera l’insegnamento a parole, per diventare esempio e partecipazione attiva, il suo potere esperienziale e immersivo plasma le menti, valorizzandone il potenziale.

 



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Quest’anno celebra dieci anni come donatore di Fondazione Patrizio Paoletti: cosa la spinge a sostenere le nostre attività?

Una cosa che mi piace molto è che con Fondazione Patrizio Paoletti riusciamo ad aiutare le persone più bisognose, sostenendo il loro benessere psicofisico e supportandole nel crescere a livello educativo, nella propria casa e ambiente. Ho scelto di sostenere Fondazione Patrizio Paoletti perché aiuta a far crescere come persone, comunità e paesi, in tutto il mondo.

In questo periodo storico, quanto è importante partecipare in modo proattivo alla costruzione di un benessere condiviso e di una salute globale, con attività di volontariato e beneficenza?

Credo che sia sempre molto importante e oggi ci sono anche molte possibilità di farlo, a patto di essere disponibili ad aprire gli occhi per vedere le importanti crisi che viviamo a livello globale. Il primo sforzo necessario è di sguardo: la volontà di guardarsi attorno, vedere quello che davvero succede e c’é, anche oltre quello che ci viene comunicato, andare a cercare un’informazione di qualità, accurata, precisa, completa.

Come papà, ha scelto di coinvolgere i figli in attività solidali: ci racconta la vostra speciale esperienza? Quali valori spera di trasmettere loro?

In totale, abbiamo realizzato tre banchetti solidali per Fondazione Patrizio Paoletti, insieme ai miei figli. Per loro è stato un divertimento creare gli oggetti da esporre, poi venderli e infine trasmettere il messaggio che c’è dietro questo gesto, a livello di solidarietà. Non è sempre facile trasmettere i valori più importanti ai figli, come l’umiltà, l’amicizia e il volontariato, fra i ritmi del lavoro e il consumismo. Spesso viviamo in una bolla, senza capire cosa succede dall’altra parte del pianerottolo e del mondo. È importante iniziare ad allenare uno sguardo attento al mondo, fin da bambini, perché i valori che si trasmettono in famiglia resistono nel tempo. Raggiunta una certa età, è naturale che ci si allontani dalla famiglia, a favore delle amicizie e del lavoro, ma i valori che passano dai genitori a figli rimangono dentro il più lungo possibile, io spero per sempre.

Che emozioni provano i suoi figli quando ricevono un riconoscimento per il loro impegno di volontariato, come la pergamena di Fondazione Patrizio Paoletti? E che emozioni prova lei, come padre?

Ricevere un riconoscimento per i bambini è una soddisfazione, comunque ulteriore a quella che già avevano preso. Perché sono stati molto felici e orgogliosi di quello che avevano creato, poi raccolto in termini di offerte e dei complimenti ricevuti dalle persone, alle quali loro stessi spiegavano gli obiettivi di Fondazione Patrizio Paoletti. Una pergamena di ringraziamento è certamente un ulteriore buon ricordo associato al volontariato, sperando di poter ripetere ancora l’esperienza in futuro.

Da un punto di vista educativo, secondo me, il primo step da condividere coi figli è la donazione, il secondo step è la raccolta fondi, perché provo a metterci la faccia e investire delle ore, e infine lo step ulteriore è fare volontariato attivo e mettersi in gioco stabilmente con altre persone che potrebbero avere difficoltà.

Per me, come padre, è stato bellissimo e commovente vederli così coinvolti e credere in quello che facevano o mentre ricevevano complimenti. Ci siamo anche divertiti! Credo ci siano molti più bambini che potrebbero divertirsi in questo modo, imparando a essere altruisti e facendo solidarietà: per loro è un gioco che porta piacere. Forse, sono i genitori che hanno bisogno di essere spinti e invogliati a farlo, per poi trovarsi a essere incoraggiati proprio dai figli.

Il problema cruciale di questa nostra epoca è il tempo, che è poco, e la gente non è disposta facilmente a sacrificarlo nella solidarietà. Deve venire da dentro la spinta a investirlo, non è difficile ma neanche banale. Una volta iniziato, si finisce per rifarlo di nuovo, perché sono davvero belle esperienze.

 


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