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Vuoi migliorare l’intelligenza emotiva? Fai volontariato!

Intervista a Morgan, team leader di Carovana del Cuore

Caro Morgan, ormai da qualche anno sei testimone di uno straordinario impegni di volontariato come team leader di Carovana del cuore, la più grande campagna di sensibilizzazione face to face in Europa. Nutriti dall’idea di vivere appassionatamente, tu e gli altri volontari non vi lasciate fermare dal caldo estivo e andate a dialogare con le persone in spiaggia. Qual è finora il frutto più importante di questa esperienza nella tua vita?

Devo riflettere un po’ perché i frutti sono tantissimi, perché Carovana è un’esperienza straordinaria. Secondo me, per Carovana vale proprio “straordinario” nel senso letterale della parola. Perché è completamente fuori dall’ordinario quest’idea di andare a dire alle persone “vivi appassionatamente”, disturbando un pochettino.

Spesso il frutto che ti porti da un’esperienza è legato al vedere meglio qualche cosa e anche a superare un limite, una convinzione. E mi ricordo che i primi giorni di carovana, nonostante io non mi sia mai sentito una persona paurosa, c’era difficoltà ad andare a incontrare le persone per paura di disturbarle. Poi, condividendo con i miei compagni, ho visto che questa esperienza è un po’ l’esperienza che facciamo tutti. Scopriamo sempre di più che c’è come un velo che ci separa dagli altri. E quindi il frutto più grande è stato vedere che esisteva questo velo e che poteva essere superato nell’incontro.

Noi che andiamo a dire “Vivi appassionatamente”. Proprio questo “Vivi appassionatamente” col tempo si è concretizzato con il provare a incontrare l’altra persona. In Carovana succede questa cosa unica, che tu arrivi senza i tuoi ruoli della vita. Non sei il fisioterapista, non sei l’insegnante, gli altri non sanno tutte le cose che ti dici di aver fatto di bello nella vita. Quindi quello che tu porti è come sei tu in quel momento. E ancora di più quanto sei congruo col messaggio che c’è scritto sulla maglietta.

Allora il frutto più grande è stato vedere che c’era la possibilità di superare questa condizione, di trovare un luogo interiore in cui potevo stare davvero con l’altro.

Oggi nella ricerca scientifica si parla di “altruismo intelligente” a proposito dei benefici di ritorno che si hanno nel fare qualcosa per gli altri in termini di senso di auto efficacia, benessere e visione del mondo. Qual è il tuo punto di vista su questo?

In merito a questo, mi chiedo che differenza c’è tra la responsabilità che ci assumiamo in quella condizione particolare e le mille responsabilità che ci assumiamo nella vita, nel nostro lavoro, con la famiglia, ecc. ecc. E penso che l’altruismo intelligente sia una scelta.

È una scelta continua. Nessuno ci obbliga a fare i volontari. Non è uno di quei ruoli che dobbiamo assumere nella vita, perché dobbiamo lavorare, perché dobbiamo avere una famiglia, e così via. Mettermi di fronte a questa responsabilità volontaria, fa sì che io davvero possa liberarmi dalla fatica.

Perché, comunque, quando ti assumi una responsabilità, non puoi dire che sia semplice. Devi occuparti di una serie di cose e concentrarti sul far funzionare la campagna, far fare un’esperienza a te stesso e agli altri e portare il messaggio, aiutare tutte le persone che aiutiamo grazie a questa iniziativa con la Fondazione Patrizio Paoletti.

Il fatto di scegliere di assumersi questa responsabilità volontariamente, ti fa portare a casa il grande vantaggio di non essere concentrato esclusivamente sui tuoi bisogni, ma avere una visione più ampia. Ed è fantastico! Perché poi questa visione ti fa vedere anche i tuoi bisogni in una maniera più semplice e te li fa anche risolvere in una maniera più semplice.

Allora, una delle cose che succede in questa campagna straordinaria è che ci sono un miliardo di imprevisti, sempre. E la gestione dell’imprevisto ti allena e poi la porti a casa nella vita di tutti i giorni.


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Fare volontariato è certamente un’esperienza istruttiva, supporta il potenziamento dell’intelligenza emotiva e quindi può essere molto utile anche per i più giovani che stanno crescendo e hanno necessità di fattori protettivi del benessere mentale. Puoi raccontarci se questa è stata la tua esperienza e quella degli altri volontari di Carovana e come?

È molto facile vedere negli altri questa esperienza. Quelle persone che hanno la possibilità di fare almeno tre, quattro giorni di campagna sperimentano una crescita nell’intelligenza emotiva. I volontari testimoniano dei grandi miglioramenti nella loro vita privata, lavorativa, relazionale. Tutte quelle cose che prima ho descritto come mia esperienza, in realtà sono l’esperienza di tutti quelli che fanno Carovana. Perché comunque ci si prende un tempo in cui ci si immerge in una realtà diversa. Si porta un messaggio straordinario e non dimentichiamoci che, oltre alle persone che incontriamo, facciamo del bene a noi perché condividiamo questo messaggio attraverso la campagna.

Contattiamo questa triplice dimensione: facciamo qualcosa per noi stessi, facciamo qualcosa per le altre persone che incontriamo, facciamo qualcosa per delle persone che non conosciamo, che sono lontane.

Oggi più che mai sappiamo che siamo interconnessi, quindi in generale, a un livello proprio filosofico, non possiamo disinteressarci degli altri. Sappiamo che anche a un livello pratico questo non è possibile e i volontari ne fanno triplice esperienza.

C’è un aneddoto. Due anni fa ero tra gli ombrelloni di Porto Recanati. Ad un certo punto vedo una signora da lontano che mi chiama, fa segno con la mano e mi dice: “Vieni, vieni, vieni”.

La vedo sorridente, vado lì, mi dice: “Siediti”. Era con suo marito, mi ha detto: “Guarda, ti devo raccontare questa cosa di dieci anni fa. Ero in Sardegna e avevo i miei piccolini, dei bambini piccoli, piccoli, piccoli che mi stavano facendo impazzire. Allora arriva uno come te, con la maglietta come la tua e mi dice: ‘Cara, rilassati, stai tranquilla. Ricordati che ogni uomo è un educatore’. Da quel momento lì, tutte le volte che mi arrabbio, mi ricordo di questa cosa e mio marito, quando mi arrabbio, me lo ricorda e il mio stato cambia”.

Ci siamo guardati negli occhi con questa signora, ci siamo messi a piangere. Lei ha preso il bracciale, ha fatto la donazione per i progetti della Fondazione, ci siamo abbracciati e ci siamo salutati.

Io mi emoziono molto a raccontarlo, perché veramente ci sono tantissimi di questi incontri incredibili che fai con le persone. Persone che hanno questo bracciale “Vivi appassionatamente” da tantissimi anni e ti dicono: “Quando mi avete dato il bracciale è successo questo e quell’altro”. Un’infinità di episodi straordinari, da scriverci un libro!

Quindi un livello emotivo altissimo, che poi ti fa mettere in secondo piano la fatica dello stare sotto il sole, di tutti i nodi, di tutte le difficoltà che conosciamo: vengono tutte eclissate da emozioni tanto intense.


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