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Gli effetti dello Yoga

Respirazione, esercizio fisico e meditazione per la salute del cervello

Controllo della respirazione, esercizio fisico e meditazione: grazie a una combinazione di queste attività, lo yoga è una disciplina in grado di coinvolgere il corpo nella sua totalità. Originatosi in India a partire da pratiche ascetiche, lo yoga ha oggi numerose declinazioni, dalle più tradizionali a quelle più moderne. Sin dall’inizio è stato associato al miglioramento delle condizioni di salute. Tutti abbiamo in mente l’immagine del praticante di yoga, lucido e in forma, anche se in là con gli anni. In passato, molte convinzioni e credenze sugli effetti dello yoga erano basate su aneddoti e intuizioni. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, il mondo della ricerca lo ha messo sotto la sua lente d’ingrandimento. E, dopo numerose ricerche, sta iniziando a tirare le somme sui benefici a livello neurologico di questa antica disciplina.

Una unione tra mente e corpo

Molti studi scientifici hanno suggerito che lo yoga abbia un effetto positivo sull’invecchiamento cellulare, sulla salute mentale, equilibrio e mobilità, e nella prevenzione del declino cognitivo. Ma perché esattamente? Un’ipotesi viene proprio dal fatto che lo yoga è una disciplina olistica, che mette assieme più pratiche. Gli esercizi posturali sembrano contribuire al benessere cardiocircolatorio, mentre una respirazione controllata aiuta nel ridurre la pressione e gli ormoni dello stress nel sangue. C’è infine l’aspetto meditativo, prezioso per il benessere psicologico ed emotivo, e che caratterizza anche tutte le pratiche di mindful movement, come il Quadrato Motor Training. Lo yoga unisce le tre attività – esercizi posturali, respirazione controllata e meditazione – combinando gli effetti positivi di ognuna. D’altronde, l’etimologia della stessa parola yoga sembra suggerirlo: deriva infatti dalla radice yuj-, che ha il significato di “unire”.

 


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Come lo yoga cambia il cervello

Gli effetti dello yoga sul nostro corpo possono essere profondi, al punto da arrivare a modificarne la morfologia cerebrale. Un recente lavoro dell’Università dell’Illinois ha passato in rassegna numerosi studi sullo yoga presenti nella letteratura scientifica. In primis, ha evidenziato un sempre maggiore interesse da parte delle neuroscienze nei confronti di questo argomento. Ma ha anche mostrato che i praticanti di yoga hanno una maggiore quantità di materia grigia. Il volume di materia grigia, situata principalmente nella corteccia cerebrale, tende a diminuire con l’età.

Questo declino non è così evidente in chi invece pratica yoga, suggerendo che questa ha un effetto protettivo contro l’invecchiamento della struttura cerebrale. Un maggior numero di ore di pratica settimanale corrisponde a un maggiore volume della corteccia somatosensoriale primaria, del lobo parietale superiore e della corteccia visiva. Anni di yoga sono associati a dimensioni maggiori dell’emisfero sinistro, quello più coinvolto nel linguaggio e nelle capacità di calcolo. Ma l’incremento più evidente si registrerebbe nell’ippocampo, un’altra struttura coinvolta nei processi cognitivi e che va incontro a deterioramento quando si invecchia.

Lo yoga e la risonanza magnetica

Un altro lavoro di review dell’Università KU Leuven in Belgio ha preso in esame più di 30 studi di scansione del cervello di chi pratica yoga. Le scansioni, effettuate tramite risonanza magnetica (MRI) e tomografia a emissione di positroni (PET), sono in grado di mostrare sia cambiamenti della struttura del cervello, sia delle sue funzioni. A livello strutturale è emersa una conferma dell’aumento del volume di materia grigia nei praticanti di yoga, nelle zone dell’ippocampo, insula e corteccia prefrontale. A livello funzionale, le scansioni evidenziano invece una maggiore connettività cerebrale, in particolare nel Default Mode Network.

Quest’ultimo è una rete di numerose aree cerebrali, collegate a distanza da lunghi fasci di fibre cerebrali. Il Default Mode Network è attivo quando una persona non è concentrata sul mondo esterno ed è a riposo. Pur essendo sveglia, il cervello “sogna a occhi aperti”. Una maggiore connettività cerebrale è in generale una cosa positiva e si ritiene che il Default Mode Network, in particolare, sia rilevante in malattie come Alzheimer, depressione, dolore cronico e stress post-traumatico.

Lo yoga come terapia neurologica

Le scoperte più recenti su yoga e cervello stanno portando sempre più neuroscienziati a proporre lo yoga come una possibile terapia, in particolare per condizioni neurologiche legate all’invecchiamento. Mancano ancora alcuni tasselli, perché molti studi scientifici sullo yoga sono limitati per numero di partecipanti e i cambiamenti cerebrali richiedono tempo per venire alla luce. Lo yoga è praticato in maniera eterogenea ed è difficile mettere i risultati a confronto. Tuttavia, quello che già è emerso dalla ricerca è abbastanza da suggerire che lo yoga faccia molto bene al nostro cervello. Andando a confermare quello che gli antichi yogi, in qualche modo, avevano già intuito secoli fa.

 


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Bibliografia
  • van Aalst, J. et al, (2020). “What Has Neuroimaging Taught Us on the Neurobiology of Yoga? A Review.” Frontiers in Integrative Neuroscience, 14, 689-695.
  • Goethe, N.P. et al, (2019). “Yoga Effects on Brain Health: A Systematic Review of the Current Literature” Brain Plasticity, 5(1): 105–122.
  • Villemure, C. et al, (2015) “Neuroprotective effects of yoga practice: age-, experience-, and frequency-dependent plasticity”, Frontiers in Human Neuroscience, 9: 281.
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