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Anche dimenticare aiuta

Anche dimenticare aiuta il nostro cervello

Il valore della dimenticanza, che supporta anche la memoria

La memoria è fondamentale per le nostre funzioni cerebrali e per il mantenimento della nostra salute mentale. Ricordare eventi, fatti e sensazioni aiuta a mantenere il nostro senso d’identità, nel prendere decisioni e risolvere problemi, e nel creare connessioni emotive con altri individui. Se si potesse stimare in termini informatici, la capacità della memoria umana sarebbe equiparabile a un quadrilione di bytes, di gran lunga superiore a quelle di un comune computer. Eppure nonostante queste eccezionali abilità di conservare informazioni, le dimentichiamo altrettanto spesso. Ma non si tratta di un errore. Dimenticare non è una semplice perdita di memoria bensì un normale e funzionale meccanismo che il nostro cervello mette in atto.

Un normale meccanismo cerebrale

Dimenticare aiuta a ridurre il carico cognitivo del nostro cervello, filtrando informazioni non rilevanti e permettendoci di prendere decisioni più consapevoli.

Nel caso di scompensi o traumi emotivi, l’atto di dimenticare in maniera attiva può aiutare a superarli e andare avanti. Ed è per questo che viene impiegato anche in ambito clinico.

Tralasciando l’oblio involontario, come la perdita di memoria dovuta all’avanzare dell’età o a malattie neurodegenerative, il nostro cervello promuove l’atto di dimenticare anche in maniera attiva. Ciò avviene attraverso tre modalità principali:

  • tramite la creazione di nuove cellule e connessioni neuronali, che vanno a sostituirsi alle precedenti (neurogenesi)
  • tramite un “sovraccarico” di informazioni conflittuali (interferenza)
  • e tramite l’eliminazione di tracce di memoria esistenti per fare spazio e ordine (oblio intrinseco).

Il primo meccanismo è causato dai regolari processi di rimodellamento delle connessioni neuronali, in particolare al livello dell’ippocampo. Con nuove cellule neurali che entrano in gioco, il cervello “sovrascrive” sui circuiti precedenti, cancellando le tracce di memoria già esistenti.

L’oblio per interferenza deriva da simili memorie che entrano in contrasto tra loro, competendo per gli stessi circuiti e rendendo più difficile accedervi – potrebbe essere inteso come una sorta di meccanismo di difesa dal sovraccaricare il cervello di informazioni.

I meccanismi intrinseci, invece, coinvolgono l’attivazione della proteina Rac1, che promuove lo smantellamento dell’actina, il componente principale della struttura interna delle cellule: è come se il cervello smontasse le impalcature che tengono su le cellule neuronali, con l’obiettivo di fare spazio e ordine per installarne di nuove all’occorrenza.

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Come il cervello trae beneficio dal dimenticare

Il nostro cervello è quindi costantemente impegnato sia a memorizzare che a dimenticare, in particolare durante il sonno: è infatti durante il riposo che il cervello mette ordine e passa in rassegna le informazioni accumulate durante il giorno per decidere cosa conservare e di cosa disfarsi. Per questo motivo dormire a sufficienza è fondamentale sia per i processi di apprendimento che per il benessere emotivo.

Dimenticare, quindi, è un passaggio fondamentale per la creazione di nuove memorie: pur essendo molto capiente, il nostro cervello non sarebbe in grado di conservare tutte le informazioni che riceve durante la vita. L’oblio attivo è quindi un meccanismo adattativo per la sopravvivenza, perché ci permette di concentrarci sui dettagli importanti e di tralasciare quelli superflui quando ci troviamo a prendere decisioni importanti. Esperimenti dell’Università di Toronto hanno mostrato come dimenticare alcune informazioni prima di un test cognitivo, invece che conservarle tutte, migliora le capacità decisionali sia in topi che negli esseri umani.

Oltre che ridurre il carico cognitivo, l’oblio aiuta anche in quello emotivo, riducendo l’accesso a ricordi spiacevoli, regolare le nostre reazioni, superare traumi e imbarazzi e concentrarci sul futuro.

Dimenticare per stare meglio

Dimenticare è di tale importanza per il nostro benessere mentale che quando non ci riusciamo andiamo incontro a seri problemi. Nel caso del Disordine da Stress Post-Traumatico (PTSD), ad esempio, un evento traumatico causa il radicamento di memorie spiacevoli nel nostro cervello, memorie che diventano molto difficili da eliminare. I pazienti non sono in grado di sopprimere o sovrascrivere queste memorie, che subentrano in momenti inaspettati o in seguito a specifici trigger, influenzando negativamente il loro controllo emotivo. I pazienti che avevano più problemi a dimenticare attivamente eventi o nozioni anche non traumatici erano proprio quelli ad avere più problemi a superare il proprio trauma, suggerendo che il PTSD sia dovuto anche a una minore capacità di controllo attivo sulla propria memoria.

Proprio perché dimenticare non è sempre facile o possibile, numerose terapie e trial clinici per combattere il PTSD non si basano sul provare a cancellare le memorie traumatiche, ma ad affrontarle e ricontestualizzarle. Lavorando sul significato emotivo della memoria invece che sulla capacità di dimenticare, è possibile così ridurre il suo impatto negativo. Altre tecniche terapeutiche si concentrano invece sul recuperare il controllo attivo delle proprie emozioni:  ad esempio la meditazione mindfulness o la Retrieval Practice (richiamare attivamente nuove memorie per rimpiazzare le negative) aiutano ad affrontare in maniera più consapevole i ricordi negativi quando questi si ripresentano in modo intrusivo.


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Bibliografia
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