Alla domanda “Come stai?” si può rispondere “Male”
Tra le tante domande che ci vengono rivolte ogni giorno, la domanda più importante è spesso anche quella a cui rispondiamo in maniera più distratta e superficiale. “Come stai?” nemmeno il tempo di capire la domanda e già abbiamo risposto: “Bene!”. Allo stesso modo fa anche il nostro interlocutore e subito dopo passiamo a parlare di altre cose che riteniamo più importanti.
Rispondiamo “Bene” perché ce lo insegnano i genitori nei primi anni di vita in cui impariamo a parlare. Poi la maestra all’asilo quando ci insegna le prime lettere, poi la scuola, l’università, il mondo del lavoro ed infine la società. Nessuno però ci ha mai insegnato che la domanda “Come stai?”, che usiamo con superficialità per poi introdurre altri argomenti, può nascondere dietro di sé un mondo. Un mondo che ha bisogno di essere invitato ad esprimersi e poi ascoltato attentamente.
Se ti chiedono “Che ore sono?“, ti prendi del tempo, guardi l’orologio e comunichi l’ora esatta, che cambia continuamente. E l’altro ti ascolta finché non dici l’ora. Perché alla domanda “Come stai?” non succede esattamente come succede con l’ora? Perché sia chi fa la domanda sia chi risponde, non ascoltano e non rispondono in maniera meno distratta e superficiale?
“Perché, chi domanda, non domanda per conoscere. E chi risponde, non risponde per raccontarsi.”, dice la psicoterapeuta Serena Santorelli.
“Come stai?”, una domanda diventata formale all’interno della nostra società è, invece, una domanda cruciale in un momento storico in cui facciamo fronte ad una crisi nella salute mentale, specialmente tra gli adolescenti. È proprio per far fronte alla crisi in corso che Fondazione Patrizio Paoletti propone webinar gratuiti progettati dalla nostra équipe di ricerca interdisciplinare per genitori, insegnanti, educatori e tutti coloro che si prendono cura dei più giovani. Lo scopo di webinar come “Parlami, ti ascolto”, è proprio quello di fornire strumenti educativi che ci permettano di cogliere l’opportunità di prendere e far prendere consapevolezza dei nostri stati.
Perché se noi a questa domanda rispondiamo in maniera sincera prima a noi stessi e poi a chi ce lo chiede – che può essere un amico, un genitore, un educatore, un insegnante o un professionista – potremo iniziare un percorso che ci porterà a diventare più consapevoli del nostro sentire e delle nostre infinite risorse interne.
La prossima volta quindi, se ti chiedono “Come stai?” e in quel momento esatto non stai bene, potresti anche voler rispondere “Male”, e va bene così.
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