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La domanda “Come stai”

Alla domanda “Come stai?” si può rispondere “Male”

L’onestà emotiva come primo passo verso il benessere

Tra le tante domande che ci vengono rivolte ogni giorno, la domanda più frequente e importante è spesso anche quella a cui rispondiamo in maniera più distratta e superficiale: “Come stai?”. Nemmeno il tempo di capire la domanda e già abbiamo risposto: “Bene!”. Allo stesso modo fa anche il nostro interlocutore e subito dopo passiamo a parlare di altre cose che riteniamo più importanti.

Perché rispondiamo “Bene”

Rispondiamo “Bene” perché ce lo insegnano i genitori nei primi anni di vita in cui impariamo a parlare. Poi la maestra all’asilo quando ci insegna le prime lettere, poi la scuola, l’università, il mondo del lavoro ed infine la società.

Nessuno però ci ha mai insegnato che la domanda “Come stai?, che usiamo con superficialità per poi introdurre altri argomenti, può nascondere dietro di sé un mondo. Un mondo che ha bisogno di essere invitato ad esprimersi e poi ascoltato attentamente.

Ascoltare davvero: una pratica semplice e rivoluzionaria

Se qualcuno ci chiede “Che ore sono?”, ci fermiamo, guardiamo l’orologio e diamo una risposta precisa. Perché allora alla domanda “Come stai?” non applichiamo lo stesso ascolto attento? La risposta è sorprendente, come ricorda la psicoterapeuta Serena Santorelli:

Perché chi domanda non domanda per conoscere. E chi risponde non risponde per raccontarsi.

Oggi siamo sempre più connessi ma anche sempre più soli, l’isolamento emotivo cresce e i legami profondi si fanno più rari: imparare ad ascoltare davvero è un atto profondamente educativo e trasformativo.

“Come stai?”: una domanda urgente in tempi di crisi

Non è solo una questione relazionale: oggi stiamo affrontando una vera e propria emergenza nella salute mentale, soprattutto tra i giovani. Secondo l’OMS, nel mondo 1 adolescente su 7 soffre di disturbi mentali, e il suicidio è una delle principali cause di morte tra i 15 e i 19 anni.

L’Italia non è da meno: secondo un’indagine del 2023, quasi la metà degli adolescenti italiani ha sperimentato pensieri suicidari almeno una volta. Si tratta di dati che ci interpellano profondamente, come genitori, insegnanti, educatori e cittadini. Perché, se non ci prendiamo cura del benessere emotivo dei giovani oggi, rischiamo di compromettere la salute degli adulti di domani.

Come stai?è una domanda diventata formale all’interno della nostra società ma è, invece ,cruciale in un momento storico in cui facciamo fronte ad una crisi nella salute mentale, specialmente tra gli adolescenti.

L’ascolto come strumento di prevenzione

In risposta a questa emergenza, Fondazione Patrizio Paoletti promuove una serie di webinar gratuiti dedicati alla salute mentale e alla crescita interiore, progettati dalla nostra équipe di ricerca interdisciplinare per genitori, insegnanti, educatori. E per tutti coloro che si prendono cura dei più giovani.

Lo scopo di webinar come “Parlami, ti ascolto” è proprio quello di fornire strumenti educativi che ci permettano di cogliere l’opportunità di prendere e far prendere consapevolezza dei nostri stati.

Se alla domanda “Come stai?” impariamo a rispondere in maniera sincera, prima a noi stessi e poi a chi ce lo chiede – un amico, un genitore, un educatore, un insegnante o un professionista – potremo iniziare un percorso che ci porterà a diventare più consapevoli del nostro sentire e delle nostre infinite risorse interiori.

Le parole contano, anche quando fanno male

Rispondere “Male” può sembrare una provocazione. In realtà, è un atto di onestà emotiva. Riconoscere il proprio disagio è il primo passo per affrontarlo. Ed è solo quando siamo sinceri con noi stessi – e con gli altri – che possiamo aprire uno spazio di trasformazione autentica.

Secondo le ricerche in psicologia, imparare a nominalizzare le proprie emozioni ne riduce l’intensità e migliora la regolazione emotiva. È il principio della “etichettatura affettiva”: più siamo consapevoli del nostro stato emotivo, più siamo in grado di rispondere in modo sano e adattivo.

Dire “Male” è un’opportunità per iniziare un percorso. Per fermarsi. Per cercare aiuto. Non è debolezza, è forza. È un primo passo verso un benessere autentico e profondo.

Fondazione Patrizio Paoletti mette a disposizione anche meditazioni guidate gratuite, pensate per allenare la mente al silenzio, alla consapevolezza e alla gentilezza verso sé stessi.

La prossima volta quindi, se ti chiedono “Come stai?” e in quel momento esatto non stai bene, potresti anche voler rispondere “Male”, e va bene così.

    Non temere mai di chiedere aiuto!

    Tutti i contenuti di divulgazione scientifica di Fondazione Patrizio Paoletti sono elaborati dalla nostra équipe interdisciplinare e non sostituiscono in alcun modo un intervento medico specialistico. Se pensi che tu o qualcuno a te vicino abbia bisogno dell'aiuto di un professionista della salute mentale, non esitare a rivolgerti ai centri territoriali e agli specialisti.



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Bibliografia
  • Lieberman, M. D., Eisenberger, N. I., Crockett, M. J., Tom, S. M., Pfeifer, J. H., & Way, B. M. (2007). Putting feelings into words: affect labeling disrupts amygdala activity in response to affective stimuli. Psychological science, 18(5), 421–428.

 

Sitografia
  • World Health Organization. (2021). Adolescent mental health: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/adolescent-mental-health
  • https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioNotizieSaluteMentale.jsp?menu=notizie&id=6019[
  • https://www.cnr.it/en/press-release/12403/il-meccanismo-che-porta-allo-sviluppo-di-pensieri-suicidi-in-adolescenza#:~:text=Un%20primo%20dato%20emerso%20%C3%A8,e%20preoccupazioni%20riguardo%20alla%20morte./su_spoiler]
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