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Oltre i legami di sangue, quando l’amore crea famiglia

La storia di Bibi, Max e Alej

Quando l’amore crea famiglia. “Io e Max, insieme dai tempi del liceo, eravamo già consapevoli delle possibili sfide legate alla genitorialità biologica. Tuttavia, la nostra determinazione ad avere un figlio ci ha portato a scegliere l’adozione. Sebbene da adolescenti questa scelta ci sembrasse più semplice, la realtà ha presentato diverse complessità. Una cosa è certa, lo rifaremmo mille e mille volte ancora”.

La genitorialità come amore

Cosa definisce un genitore? Il legame biologico o l’amore incondizionato? Bibi e Max, genitori adottivi, ci insegnano che la genitorialità è un puro atto d’amore, un legame che si costruisce giorno dopo giorno, attraverso gesti di cura, dedizione, coraggio, pazienza, perdono, fiducia, parole d’affetto e un amore che non conosce confini biologici. La loro storia è un inno alla genitorialità, un viaggio emozionante che dimostra come l’amore possa creare legami indissolubili, al di là di ogni legame di sangue.

Mi è bastato un istante per cogliere la profondità del loro legame. Un legame che l’adozione, con il suo percorso complesso, ha reso indissolubile. Bibi, Max e Alej me lo hanno testimoniato con gesti spontanei, sguardi complici e un infinito amore.

Cosa significa per voi essere genitori?

Oggi, quando guardiamo Alej, quasi dimentichiamo che il nostro percorso è iniziato con l’adozione. Per noi, è semplicemente nostro figlio, amato e parte integrante della nostra famiglia. Certo, non possiamo negare che il cammino sia stato costellato di ostacoli, momenti difficili che non si cancellano facilmente dalla memoria. Ma la nostra speranza non si è mai affievolita, nemmeno nei lunghi anni di attesa. E ora, con Alej al nostro fianco, sappiamo che ogni sacrificio è stato ripagato

Essere genitori per noi significa costruire un legame speciale, unico e irripetibile. È un viaggio fatto di piccoli passi, di momenti condivisi, di risate e di lacrime. È un legame che si rafforza nel tempo, basato sulla fiducia, sul rispetto e sull’amore reciproco.

Alej ha aperto i nostri cuori a un amore che non conoscevamo. Abbiamo imparato a dare senza riserve, a offrire il nostro tempo, la nostra pazienza e il nostro affetto, senza aspettarci nulla in cambio. Abbiamo scoperto il valore della pazienza, della comprensione e dell’empatia, qualità essenziali per accompagnare un bambino nel suo percorso di crescita, soprattutto quando questo percorso è stato segnato da esperienze difficili.

Ogni piccolo progresso, ogni sorriso, ogni abbraccio è diventato per noi un traguardo prezioso, un motivo di gioia e di orgoglio. Questa esperienza ci ha arricchito oltre ogni immaginazione, insegnandoci il vero significato dell’amore incondizionato, un amore che non conosce confini biologici e che si nutre di gesti semplici, di sguardi d’intesa e di una presenza costante. Essere genitori adottivi ci ha reso persone migliori, più consapevoli, più forti e più capaci di amare.

 


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Come avete vissuto l’attesa prima di poter abbracciare vostro figlio?

L’attesa di Alejandro è durata più di 4 anni. Un turbine di emozioni contrastanti: rabbia, ansia, disperazione, ma anche una speranza che ha unito me e Max davvero tanto. Quando finalmente è arrivata la foto, un bambino riccioluto e paffuto di 18 mesi, siamo letteralmente esplosi di gioia. Poi, la burocrazia: documenti, traduzioni, autorizzazioni, un percorso lungo e complesso. Dieci mesi dopo, finalmente, a marzo, siamo partiti per il Guatemala, 19 ore di volo, con un unico pensiero: abbracciare finalmente nostro figlio.

Cosa avete provato la prima volta che lo avete incontrato?

L’arrivo all’orfanotrofio è stato un momento sospeso, un respiro trattenuto in attesa di quel primo sguardo. Alloggiavamo in un appartamento condiviso, un rifugio temporaneo per tre famiglie unite da un destino comune. Poi, finalmente, l’incontro. Breve, fugace, ma così intenso che a ripensarci il cuore ci esplode. Ricordiamo i suoi occhi, grandi e curiosi, che ci scrutavano. Per lui eravamo due estranei. Alejandro, piccolo e paffuto era lì, davanti a noi. In quel momento, il tempo si è fermato. Eravamo genitori, finalmente. Dopo anni di attesa, di burocrazia, di speranze e timori, il nostro sogno aveva un volto, un nome, un calore. Eravamo pronti a iniziare il nostro viaggio, insieme.

C’è stato un momento in cui avete avuto paura di non farcela?

La paura di non essere all’altezza, di non poter offrire ad Alej tutto l’amore e la stabilità di cui aveva bisogno, era un pensiero che ci tormentava, un’ombra costante che metteva alla prova i nostri nervi. Alej, i primi giorni piangeva disperatamente e questo ci straziava il cuore e destabilizzava. Era spaventato, confuso, incapace di comprendere quel cambiamento radicale e, cosa ancora più dolorosa, non era abituato alla presenza di figure maschili. I primi mesi per Max fu un vero e proprio calvario, non riusciva nemmeno a prenderlo in braccio. La gioia di stringere finalmente suo figlio si scontrava con l’impotenza di non poterlo consolare.

Ma, nonostante le ansie e i dubbi, abbiamo sempre trovato la forza per andare avanti, uniti da un amore che superava ogni incertezza. Eravamo determinati a costruire il nostro progetto di famiglia, un passo alla volta, aggrappati alla speranza e alla certezza che, insieme, avremmo superato ogni ostacolo. E così è stato.

Come avete raccontato ad Alej la sua storia?

Raccontare l’adozione a un bambino è un atto d’amore e di delicatezza. Per questo, abbiamo creato due libricini, uno in stoffa e uno in carta, che spiegavano con parole semplici e disegni colorati come Alej fosse arrivato nella nostra vita e quanto lo avessimo desiderato. Crescendo, abbiamo sempre risposto alle sue domande con sincerità, senza tabù.

Poi, la poesia di Madre Teresa di Calcutta, che parlava di due madri e di un amore universale, era un modo per fargli sentire che la sua storia era speciale, unica. Alej ha avuto anche la fortuna di avere Imelda, la sua ‘terza nonna’, in Guatemala, una figura fondamentale nella sua vita, che lo ha amato e cresciuto come un figlio. La sua lettera, un testamento d’amore, un tesoro di ricordi dei loro momenti insieme, è un dono prezioso che Alejandro custodirà per sempre.

Che valori avete cercato di insegnare a vostro figlio?

Alejandro ha vissuto esperienze che lo hanno segnato, che lo hanno reso più vulnerabile alle delusioni e agli insuccessi della vita. Per questo, la nostra sfida più grande come genitori è stata quella di insegnargli che le delusioni e le sconfitte fanno parte integrante della vita, che sono inevitabili, ma non insormontabili.

Abbiamo cercato di trasmettergli la forza di affrontarle con coraggio, senza lasciarsi sopraffare dalla disperazione, incoraggiandolo a cercare aiuto esterno quando necessario, senza vergogna o timore. Volevamo che capisse che chiedere supporto non è un segno di debolezza, ma di saggezza e maturità. Volevamo che imparasse a trasformare le difficoltà in opportunità di crescita, a diventare una persona forte e resiliente, capace di affrontare le sfide della vita con dignità e determinazione.

Abbiamo cercato di insegnare ad Alej valori fondamentali come l’umiltà, il rispetto e la gentilezza, nella consapevolezza che il mondo non sempre rispecchierà questi ideali. Ma crediamo fermamente che, coltivando queste qualità, possiamo contribuire a rendere il mondo un posto migliore, o quantomeno provarci con tutte le nostre forze. È un impegno costante, una sfida quotidiana, ma siamo convinti che ne valga la pena.

Cosa vi ha insegnato Alej?

Alej ci ha mostrato il vero valore di una famiglia: non solo un luogo sicuro, ma il calore di genitori non biologici che si prendono cura di ogni aspetto della sua crescita, compresa quella emotiva. Perché crescere in modo sano significa sentirsi visti, amati e compresi, e questo è il dono più prezioso. Attraverso il suo percorso, Alej ci ha insegnato che la resilienza non è solo resistere, ma trasformare il dolore in nuova speranza. La capacità di adattarsi, di trovare forza nei legami e di costruire un futuro nonostante le difficoltà è ciò che rende ogni storia degna di essere raccontata.

Alej è anche un ragazzo spiritoso, creativo, intraprendente, dolce e affettuoso, che ci ha regalato momenti di gioia e di tenerezza indimenticabili. Attraverso il suo sguardo sul mondo, ci ha permesso di comprendere meglio la realtà dei giovani, i loro pensieri, le loro speranze e le loro paure.

Ci ha aiutato a essere genitori ‘sul pezzo’, consapevoli delle dinamiche sociali e delle sfide che i ragazzi affrontano oggi. Grazie a lui, abbiamo imparato a comunicare in modo più efficace, a essere più empatici e comprensivi, a costruire un rapporto di fiducia e di rispetto reciproco. Alejandro ci ha insegnato che la genitorialità è un viaggio di crescita continua, un’opportunità per imparare, per evolvere e per diventare persone migliori.

 


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