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Neurotrofine: perchè salvano il nostro cervello

Nei suoi ultimi anni di vita, Rita Levi Montalcini era solita portare con sé una boccettina dalla quale assumeva alcune gocce di collirio ogni giorno. Il liquido però non era una semplice soluzione per patologie oculari. Al suo interno infatti era presente, come rivelato dal suo storico collaboratore Pietro Calissano¹, la scoperta più importante della vita della scienziata italiana e forse il segreto della straordinaria longevità della sua mente: la proteina NGF (Nerve Grow Factor)il fattore di crescita delle cellule nervose.

La NGF è alla base della famiglia di proteine neurotrofine del cervello, che determinano la sopravvivenza, lo sviluppo e il funzionamento dei neuroni. La NGF regola e indirizza la crescita degli assoni, mentre il fattore neurotrofico derivato dal cervello BDNF (Brain-Derive Neurotrophic Factorè responsabile della differenziazione dei neuroni.

La proteina NGF ha origine nel sistema ortosimpatico, parte periferica del sistema nervoso che ha sede nella colonna vertebrale. Da lì inizia a diffondersi fino ad arrivare al cervello. Oltre a regolare la fase decisiva dello sviluppo cerebrale, lavora nel sistema nervoso come un vero e proprio creatore di link, aumentando il numero dei collegamenti e permettendo alle diverse cellule cerebrali di comunicare tra loro e scambiarsi informazioni.

Infatti, basta iniettare una piccola quantità di NGF in una provetta insieme ad alcuni neuroni, per assistere in pochissimo tempo alla spettacolare ramificazione dei collegamenti tra cellule creati dalla proteina. La straordinaria scoperta, che risale all’11 Giugno 1951, ha rivoluzionato il mondo della scienza, tanto da meritare il premio Nobel per la Medicina nel 1986. Il sistema nervoso umano, pensato come statico e incapace di rigenerarsi, è stato riscoperto secondo un’altra prospettiva.

“L’intera storia dell’NGF è paragonabile alla scoperta di un continente sommerso rivelato dalla sua sommità emergente”. Con queste parole tratte dal libro “Elogio dell’imperfezione” Rita Levi Montalcini definisce la sua eccezionale scoperta. Ed è proprio quello che è successo nel mondo della ricerca, che proseguendo sulle linee tracciate dalla scienziata italiana sta scoprendo che il supporto alla crescita dei neuroni è solo la superficie delle proprietà dell’NGF.

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Dalla California, ad esempio, i ricercatori del Salk Institute for Biological Studies hanno rilevato la sua funzione neuroprotettiva in presenza di uno stato di demenza senile nel cervello dei topi. Nella stessa serie di esperimenti è stato notato altresì che, privando geneticamente i roditori della proteina, la mancanza del fattore NGF comporta diverse disfunzioni neurologiche.

Diverse ricerche sono concordi sul ruolo “protettore dei neuroni” dell’NGF alla comparsa del morbo di Alzheimer, che mira proprio a pregiudicare il funzionamento delle cellule cerebrali. Ma questa non è l’unica applicazione della proteina. Infatti, un altro filone di ricerca, condotto nell’Istituto Europeo per le Ricerche sul Cervello (Ebri), creato dalla stessa Montalcini, sta cercando di inserire NGF nelle terapie per alcune patologie come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), il diabete o l’obesità.

Se poi si pensa alle neurotrofine in generale, NGF e BDNF, la ricerca neuroscientifica ha trovato interessanti applicazioni anche per quanto riguarda lo stress, la depressione, l’apprendimento e la memoria.

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Patrizio Paoletti

Diversi studi hanno rilevato come la mancanza di capacità nella gestione dello stress, uno delle maggiori cause della depressione, sia associato ad un calo dei livelli di neurotrofine. Elevati livelli di stress, infatti, portano alla morte e all’atrofia di neuroni nell’ippocampo² . A sostegno di questa correlazione è stato rilevato come i farmaci antidepressivi aumentino i livelli di produzione di BNDF e NGF nell’ippocampo e nella corteccia, aree fortemente coinvolte nello sviluppo della depressione.

Per quanto riguarda l’implicazione delle capacità cognitive, nello studio condotto in sinergia dalla Fondazione Patrizio Paoletti e l’ ”Istituto di biologia e patologia molecolari” (IBPM) del CNR presso l’Università la Sapienza di Roma, si è indagato l’effetto delle proteine neurotrofine sul miglioramento dell’apprendimento e della memoria, oltre che sulla protezione dei neuroni dallo stress ossidativo. I risultati della ricerca saranno presto pubblicati sul nostro sito.

Questo vasto campo di studi, aperto dalla scoperta del fattore di crescita delle cellule nervose (NGF) da parte di Rita Levi Montalcini, apre la strada verso un utilizzo più consapevole delle neurotrofine, sia per il personale miglioramento cognitivo che per la prevenzione di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson o per disturbi psichiatrici come la depressione. La ricerca neuroscientifica sta lavorando in questa direzione, nell’ottica di una progressiva riduzione nell’utilizzo di farmaci e di un costante e continuo miglioramento delle condizioni dell’uomo e della sua longevità fisica e cerebrale.

Note
¹ Svelato il “segreto” di Rita Levi Montalcini «Assume la sua molecola per via oculare», Corriere della Sera
² R.S. Duman, G.R. Heninger, E.J. Nestler, A molecular and cellular theory of depression, «Archives of general psychiatry»

Bibliografia

 

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