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Educazione

Autoefficacia

Di fronte alle sfide quotidiane che dobbiamo affrontare, ogni tanto ci capita di pensare: ‘non sono capace’.   Ci sentiamo sopraffatti dagli eventi e convinti che non avremo mai la minima possibilità di farcela. Altre volte, invece, ci sentiamo sicuri di poter affrontare compiti specifici e superare qualsiasi problema possa presentarsi. Questi pensieri sulle nostre capacità o incapacità di gestire determinate situazioni, attività o aspetti del nostro benessere e delle nostre prestazioni, possono a buon diritto entrare nella definizione di “autoefficacia”. In questo articolo scopriremo cos’è l’autoefficacia e come può migliorare la nostra vita.

Il senso di autoefficacia in Albert Bandura

Il primo ad occuparsi del significato di autoefficacia in psicologia è stato Albert Bandura, psicologo canadese naturalizzato statunitense, noto soprattutto per le sue ricerche sull’apprendimento sociale: egli mise in evidenza che l’apprendimento non si verifica solo per esperienza diretta, ma anche tramite l’osservazione di altre persone, all’interno di un processo definito ‘modellamento’.  All’interno della sua “Teoria sociale cognitiva”, un ruolo decisivo è svolto dalla percezione di autoefficacia, ovvero la percezione delle capacità personali che permettono agli individui di conoscere sé stessi e l’ambiente e, di conseguenza, di regolare il proprio comportamento. Bandura sostiene che il senso di autoefficacia influisce sul modo in cui affrontiamo le sfide, come ci motiviamo e come perseveriamo di fronte alle avversità. Nel libro “Autoefficacia. Teoria e Applicazioni” di Bandura (2000), l’autoefficacia percepita, (traduzione dell’inglese ‘perceived self-efficacy’) può essere definita come la convinzione di essere in grado di organizzare e attuare le azioni necessarie per ottenere specifici risultati. Queste convinzioni o credenze influenzano le emozioni e i pensieri delle persone, la loro motivazione e i comportamenti che adottano.

Come ci comportiamo quando percepiamo una bassa autoefficacia

Quando percepiamo una bassa autoefficacia, tendiamo ad avere meno fiducia nelle nostre capacità di successo. Questa mancanza di fiducia può portare a comportamenti di evitamento, in cui cerchiamo di eludere le situazioni che ci spaventano o che percepiamo come troppo difficili da affrontare. Inoltre, possiamo sperimentare ansia, paura del fallimento e una minore motivazione nel perseguire i nostri obiettivi. Una bassa autoefficacia è anche correlata con stress e sintomi depressivi.

Come si costruisce l’autoefficacia

L’autoefficacia può essere costruita e sviluppata nel corso del tempo. Ecco alcuni fattori-chiave che contribuiscono alla sua formazione:

  1. Esperienza di successo. Il successo sperimentato in passato e sottolineato a sé stessi è un potente fattore nella costruzione dell’autoefficacia. Quando sperimentiamo il successo in determinate attività, acquisiamo fiducia nelle nostre capacità di affrontarle anche in futuro.
  2. Modelli di ruolo. L’osservazione di modelli di ruolo che affrontano con successo le sfide che ci preoccupano può influenzare positivamente la nostra autoefficacia. Vedere gli altri raggiungere risultati può farci pensare: “Anche io posso farlo”.
  3. Persuasione verbale. Le parole incoraggianti e il supporto da parte degli altri possono influenzare positivamente la nostra percezione di autoefficacia. Ricevere feedback positivi e motivanti può aumentare la fiducia nelle nostre capacità.
  4. Regolazione emotiva. La gestione delle emozioni è cruciale per l’autoefficacia. Imparare a controllare l’ansia, a gestire il timore del fallimento e ad affrontare le emozioni negative può aiutarci a sviluppare una maggiore fiducia nelle nostre capacità.

La differenza tra autostima e autoefficacia

È importante distinguere tra autostima e autoefficacia, poiché spesso vengono utilizzati come concetti intercambiabili, ma rappresentano sfumature differenti della nostra percezione di sé. L’autostima si riferisce alla valutazione generale che facciamo di noi stessi come individui. Riguarda il nostro senso di valore personale, la fiducia nelle nostre qualità e il rispetto per noi stessi. L’autostima può essere influenzata da vari fattori, come l’educazione ricevuta, le esperienze di vita e i rapporti sociali.

D’altra parte, l’autoefficacia è intesa come specifica di un’area o di un compito particolare. Rappresenta la nostra fiducia nella capacità di svolgere con successo un’attività specifica o di raggiungere un obiettivo specifico. L’autoefficacia è influenzata dalle nostre esperienze, dall’osservazione di modelli di riferimento e dalla percezione delle nostre abilità.

Un individuo può avere un alto senso di autostima generale, ma allo stesso tempo può sperimentare una bassa autoefficacia in alcune sfere della vita. Ad esempio, una persona può avere una grande fiducia nelle proprie capacità sociali e relazionali, ma può sentirsi meno sicura nella gestione di compiti matematici complessi. D’altra parte, un individuo può avere una bassa autostima generale, ma un’elevata autoefficacia in un’area specifica in cui ha accumulato esperienza e successi. È importante, inoltre, sottolineare che l’autoefficacia può influire sull’autostima e viceversa. Aumentare l’autoefficacia in determinati ambiti può avere un impatto positivo sull’autostima generale, mentre un’elevata autostima può favorire una maggiore fiducia nelle proprie capacità di fronteggiare nuove sfide.

 

Bibliografia
  • Albanese, A.M., Russo, G.R., Geller, P.A. (2019), The role of parental self-efficacy in parent and child well-being: A systematic review of associated outcomes,‘Child’, vol. 45 Issue 3, May 2019
  • Bandura, A. (2000), Autoefficacia: teoria e applicazioni, Edizioni Erickson, Roma
  • Scholz, U., Doña, B. G., Sud, S., & Schwarzer, R. (2002). Is general self-efficacy a universal construct? Psychometric findings from 25 countries, European Journal of Psychological Assessment, 18(3), 242–251. https://doi.org/10.1027/1015-5759.18.3.242
  • Schwarzer, R. & Warner, L.M. (2012), Perceived Self-Efficacy and its Relationship to Resilience, Resilience in Children, Adolescents and Adults, pp. 139-150.
Sitografia

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