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Educazione

Attenzione

Che cos’è l’attenzione

L’attenzione è un processo cognitivo complesso e multidimensionale, che ci consente di selezionare, elaborare e concentrarci su specifici stimoli, informazioni o attività, mentre filtriamo o ignoriamo le distrazioni. È un fenomeno fondamentale per la percezione, l’apprendimento, la memoria, la risoluzione dei problemi e molte altre funzioni cognitive. L’attenzione ci permette di dirigere le nostre risorse cognitive in modo selettivo verso gli stimoli rilevanti o le attività prioritarie, permettendo l’adattamento e la risposta efficace all’ambiente circostante.

Meccanismi dell’attenzione

L’attenzione è un processo complesso che coinvolge varie fasi e meccanismi, tra cui:

  • Selezione. È il primo passo del processo di attenzione, durante il quale il cervello decide quali stimoli ambientali considerare. Può essere influenzata da fattori come la novità, la rilevanza per i nostri obiettivi e l’intensità sensoriale. La selezione presuppone l’attivazione di diverse aree corticali, tra cui il lobo frontale dorsolaterale, il lobo parietale superiore e il sistema reticolare attivante del tronco encefalico.
  • Focalizzazione. Una volta selezionati, gli stimoli rilevanti richiedono la focalizzazione dell’attenzione. In questa fase, ci concentriamo su un determinato stimolo o insieme di stimoli, escludendo ciò che è meno rilevante o non rilevante. Dal punto di vista cerebrale, la focalizzazione coinvolge il lobo parietale superiore e il lobo frontale.
  • Mantenimento. Dopo aver focalizzato l’attenzione su uno stimolo, è necessario mantenerla su di esso per un certo periodo di tempo. Il mantenimento richiede un costante sforzo cognitivo, poiché altri stimoli possono attirare la nostra attenzione, potenzialmente distraendoci. Si tratta di una fase che coinvolge il lobo frontale, il lobo parietale superiore, la corteccia cingolata anteriore e il sistema reticolare attivante del tronco encefalico.
  • Controllo. Questo processo permette di cambiare rapidamente il focus dell’attenzione da un compito all’altro, per esempio quando si passa dalla lettura di un libro alla risposta a una domanda improvvisa. Le aree cerebrali coinvolte includono il lobo frontale ventrolaterale, il lobo parietale superiore e il sistema limbico.
  • Selettività. È la capacità di filtrare le informazioni e gli stimoli non rilevanti, mentre si presta attenzione a un determinato compito o stimolo. In questa fase sono coinvolti il lobo parietale superiore, il lobo frontale dorsolaterale, la corteccia parietale inferiore, la corteccia prefrontale ventrolaterale e la corteccia cingolata anteriore.
  • Divisione. A volte è necessario dividere l’attenzione tra più compiti contemporaneamente. Anche se possibile, dividere l’attenzione tende a diminuire l’efficacia nell’esecuzione dei singoli compiti, poiché l’attenzione è limitata e viene diluita tra le varie attività. Nella divisione dell’attenzione, sono coinvolti il lobo frontale, il lobo parietale superiore, la corteccia parietale inferiore, la corteccia cingolata anteriore, il lobo temporale.

Attenzione ed emozioni

L’attenzione è un insieme di abilità e meccanismi che variano da persona a persona, influenzati da fattori come l’età, l’esperienza, la salute mentale e le emozioni. Il nostro stato emotivo può influenzare profondamente l’attenzione, modulando la focalizzazione, l’ampiezza, la durata e la selettività. Uno stato di felicità, per esempio, ci porta a essere più propensi a concentrarci su stimoli positivi nell’ambiente, mentre la rabbia e la paura tendono a renderci più attenti agli stimoli minacciosi o negativi. Uno stato emotivo particolarmente intenso ci porta a focalizzare l’attenzione su stimoli specifici, limitando la nostra capacità di percepire ciò che accade intorno a noi. Gli stimoli emotivamente carichi, sia positivi sia negativi, attirano più facilmente la nostra attenzione rispetto agli stimoli neutri. L’attenzione tende, infatti, ad essere selettivamente orientata verso stimoli che suscitano una risposta emotiva.

La gestione dell’attenzione secondo Pedagogia per il Terzo Millennio

(da Crescere nell’eccellenza, P. Paoletti)

In Pedagogia per il Terzo Millennio (PTM), paragoniamo l’attenzione ad un fascio di luce con una sua ampiezza, lunghezza e intensità; essa non è per noi qualcosa di vago e indistinto ma una grandezza precisa e quantificabile. E, proprio come la luce, l’attenzione può essere gestita in molti modi diversi: possiamo scegliere se concentrarla come un laser o diffonderla, o persino scinderla in due fasci utilizzando uno specchio. Possiamo operare una macro-distinzione in attenzione “volontaria” e “involontaria”, a seconda che a mobilitarla sia il soggetto o un elemento esterno ad esso. Nell’educazione dell’infanzia gioca un ruolo molto importante l’attenzione involontaria, perché è l’educatore ad avere il compito di sollecitarla nell’educando, mentre i soggetti adulti, che si trovano nella fase dell’autoeducazione, sono in grado di generare attenzione volontaria.

L’attenzione volontaria può essere:

  • Direzionata su un solo focus: in questo caso parliamo di “concentrazione”.
  • Scissa tra due focus: in questo caso parliamo di “attenzione divisa”.
  • Diffusa senza un preciso focus: in questo caso parliamo di “attenzione espansa”.

Concentrazione

La prima forma di attenzione ci è molto familiare, tutti gli uomini ne fanno esperienza. Si tratta di quel tipo di attenzione che si manifesta quando un bambino è tutto preso dal gioco che sta facendo o quando uno scienziato indaga sul suo oggetto di studio quasi “sprofondando” in esso, o quando uno sportivo cerca di battere un record restando concentrato sul suo esercizio. Questo tipo di attenzione diretta esclusivamente su un solo oggetto, che comincia in modo volontario, rischia presto di lasciare il posto ad una forma di attenzione involontaria in cui è il soggetto a “esser preso” dall’oggetto della sua attenzione. La differenza tra un’attenzione misurabile e consapevolmente orientata ad un oggetto e un’attenzione completamente assorbita e identificata con l’oggetto è molto sottile. Questa seconda condizione descritta è insidiosa, in essa l’attenzione rischia di essere erosa da un’inconsapevole attività immaginativa.

Attenzione divisa

Per permettere al soggetto di mantenere un maggiore controllo sulla propria attenzione è di grande interesse la seconda possibilità che abbiamo elencato, l’attenzione divisa. Si tratta di un genere di attenzione molto meno conosciuto nella vita quotidiana ma che tuttavia riveste una grande importanza pratica, specie in ambito pedagogico. È di fondamentale importanza che l’educatore abbia imparato a valutare con precisione la propria capacità di attenzione, al fine di poterla dividere con molta esattezza, riservandone una parte al proprio educando e una a sé stesso.

Solo apparentemente tale procedimento comporta una diminuzione dell’attenzione riservata all’educando. In realtà, l’apparente sottrazione si traduce in un immenso guadagno poiché, osservando sé stesso, l’educatore toglie spazio a tutti gli elementi di dispersione creati dall’attività immaginativa, come i sogni ad occhi aperti, il chiacchiericcio mentale, le associazioni casuali, i piccoli fastidi fisici. La divisione dell’attenzione va considerata, di conseguenza, una strategia di ottimizzazione delle risorse dell’individuo. Inoltre, monitorando costantemente sé stesso e il proprio educando, il pedagogo sarà continuamente in grado di cambiare, se occorre, la direzione del proprio intervento, modificando le cose che dice, i toni che usa, la propria posizione nello spazio e la propria espressione, al fine di raggiungere lo scopo prefissatosi.

Attenzione espansa

Infine, la terza forma di attenzione, attenzione espansa o senza focus, rappresenta un utilizzo apparentemente paradossale di quella che è l’attività focalizzatrice per eccellenza degli esseri umani. Mentre le prime due forme di attenzione possono essere paragonate a un fascio di luce direzionata che, nel secondo caso, viene scissa in due parti da uno specchio opportunamente posizionato, la terza forma somiglia ad una luce mantenuta in uno stato di diffusa disponibilità. Si tratta di quella “vista sfumata” che occorre ad esempio per riuscire ad estrarre, dalle trame di colori e forme senza significato apparente dei quadri stereoscopici, la figura tridimensionale che vi è celata.

Questa terza forma di attenzione viene sperimentata in momenti particolari, che vengono studiati con sempre maggior cura dalla psicologia, in cui ci si ritrova quasi a “fluire” insieme a tutto ciò che ci circonda. Sperimentati di frequente da vari atleti di successo, questi stati vengono presi in particolare considerazione dagli studiosi di psicologia dello sport, al fine di descrivere analiticamente la genesi di queste esperienze, per mettere in grado tutti gli altri atleti di riprodurle al momento opportuno. Anche questa forma di attenzione ha importanti applicazioni in campo educativo. Innanzitutto, mentre interagisce con il soggetto da educare, il pedagogo si trova sempre immerso in un contesto di vita che continua a fornirgli elementi di sostegno o di disturbo, e attraverso l’attenzione diffusa l’educatore può utilizzare al meglio le opportunità offerte alla sua azione dall’ambiente circostante. Inoltre, non bisogna dimenticare che nella maggior parte dei casi il rapporto educativo comporta l’interazione dell’educatore con un gruppo. In queste occasioni l’attenzione diffusa è un’attitudine indispensabile.

 


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Bibliografia
  • Paoletti, P. (2008). Crescere nell’eccellenza. Armando Editore, Roma.
  • Posner, M. I. (1980). Orienting of attention. Quarterly journal of experimental psychology32(1), 3-25.
  • Posner, M. I., & Snyder, C. R. (2004). Attention and cognitive control. Treisman, A. M., & Gelade, G. (1980). A feature-integration theory of attention. Cognitive psychology12(1), 97-136.
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