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Riflesso condizionato

Cosa intendiamo per ‘riflesso condizionato’?

Questo termine descrive una reazione che un organismo impara a manifestare di fronte a uno stimolo inizialmente neutro. Questo stimolo, una volta associato a uno stimolo incondizionato che naturalmente provoca una reazione, acquisisce la capacità di evocare la stessa risposta. Per esemplificare, immaginiamo un cane che sente un campanello suonare prima di essere nutrito. Inizialmente, il suono del campanello non suscita alcuna reazione particolare nel cane. Tuttavia, con il ripetersi dell’associazione tra il suono e il cibo, il campanello comincia a segnalare l’arrivo del pasto, portando il cane a salivare al solo suono, anche in assenza di cibo visibile. In questo caso, la salivazione innescata dal cibo è una risposta naturale, o riflesso incondizionato, mentre quella scatenata dal suono del campanello è una risposta appresa, o riflesso condizionato. Questo tipo di apprendimento, noto come condizionamento classico, non è limitato solo agli animali, ma è un fenomeno che si verifica anche negli esseri umani, influenzando vari aspetti della vita quotidiana, dalle nostre emozioni alle decisioni che prendiamo.

 

Chi ha inventato il concetto di ‘riflesso condizionato’ e in quale contesto?

Il concetto di riflesso condizionato è strettamente legato alla figura di Ivan Petrovič Pavlov, un fisiologo russo la cui ricerca sui cani ha gettato le basi per lo studio del condizionamento classico all’inizio del XX secolo. Originariamente, Pavlov stava studiando la fisiologia della digestione nei cani e si interessò ai modelli di salivazione come risposte automatiche agli stimoli legati al cibo. Durante gli esperimenti, Pavlov notò che i cani iniziavano a salivare non solo alla vista del cibo, ma anche a stimoli associati indirettamente al nutrimento, come i passi del suo assistente. Questo fenomeno lo portò a formulare la teoria del riflesso condizionato, che descrisse dettagliatamente nel suo lavoro su “Le ghiandole digestive e il loro riflessi”. I lavori di Pavlov hanno segnato un punto di svolta, spostando l’interesse scientifico dai processi fisiologici isolati all’interazione tra stimoli ambientali e risposte comportamentali, aprendo la via all’integrazione di studi fisiologici e psicologici.

 

Come ha influito il riflesso condizionato sulla psicologia dell’apprendimento?

Il contributo di Pavlov alla psicologia dell’apprendimento è stato rivoluzionario, fornendo un modello oggettivo e misurabile per comprendere come gli stimoli ambientali influenzano il comportamento. Il suo lavoro ha ispirato numerosi psicologi, tra cui John B. Watson, il padre del comportamentismo, che ha esteso il concetto di condizionamento agli esseri umani, proponendo che tutti i comportamenti umani potessero essere compresi attraverso una serie di riflessi condizionati. Questo approccio ha influenzato profondamente le tecniche educative e terapeutiche. Ad esempio, il condizionamento classico è alla base di metodi come la desensibilizzazione sistematica utilizzata nella terapia comportamentale per trattare fobie e ansie, dimostrando come stimoli in precedenza ansiogeni possano essere resi neutri attraverso la loro associazione con stimoli rilassanti.

 

Il riflesso condizionato ha anche fornito spunti per la comprensione di fenomeni complessi come la dipendenza, mostrando in che modo comportamenti nocivi possano essere non solo appresi ma anche modificati.

 

Qual è ad oggi la posizione delle neuroscienze rispetto al riflesso condizionato?

Le neuroscienze moderne continuano a esplorare il concetto di riflesso condizionato, integrando le osservazioni classiche con avanzate tecniche di imaging cerebrale e studi molecolari per mappare i circuiti neurali coinvolti nel condizionamento. La ricerca ha dimostrato che il condizionamento classico coinvolge strutture cerebrali come l’amigdala e il cervelletto, essenziali per la codificazione di memorie emotive e motorie.  Gli studi sul riflesso condizionato hanno rivelato che i processi di apprendimento sono supportati da cambiamenti plastici nei neuroni e nelle connessioni sinaptiche. Per esempio, la long-term potentiation (LTP), un meccanismo di rafforzamento sinaptico, è stata identificata come una delle basi cellulari per la memoria e l’apprendimento, inclusi i riflessi condizionati. Questo approccio ha anche portato a nuove comprensioni nella psicopatologia. I riflessi condizionati non solo aiutano a capire meglio i disturbi di ansia, come il disturbo post-traumatico da stress, ma anche a sviluppare trattamenti più efficaci. Tecniche come l’extinction training, dove il paziente è esposto a un ricordo traumatico in un contesto sicuro fino a che la risposta emotiva non viene attenuata, si basano sui principi del condizionamento classico.

Il riflesso condizionato rimane quindi una pietra miliare nelle neuroscienze, evidenziando come processi semplici possono spiegare fenomeni complessi e guidare l’innovazione in campo terapeutico. Le ricerche continuano a esplorare ulteriori dettagli di questi meccanismi, suggerendo che il riflesso condizionato, oltre a essere un fenomeno fondamentale per la comprensione dell’apprendimento e della memoria, rappresenta anche un modello cruciale per lo studio di malattie neurodegenerative e psichiatriche. La sfida attuale delle neuroscienze è di ampliare questi studi per includere più variabili ambientali e genetiche, che possono influenzare il modo in cui gli individui rispondono agli stimoli e apprendono nuovi comportamenti, offrendo così una comprensione più completa e integrata dell’interazione tra cervello, mente e ambiente.

 

Come la PTM considera il riflesso condizionato?

Secondo La Pedagogia per il Terzo Millennio (PTM) l’essere umano rappresenta la specie apice sul nostro pianeta, distinguendosi per intelligenza su tutte le altre. Questo non deve farci ignorare che l’evoluzione dell’uomo non è completa: ed è proprio la reattività (un aspetto centrale del riflesso condizionato) derivante da una mancata gestione delle risposte agli stimoli esterni – uno degli indicatori/chiave della parzialità dello sviluppo umano. Secondo la PTM “il meccanismo del riflesso condizionato descrive appieno la dinamica di vita di un uomo che non abbia compiuto in sé un processo educativo. Le tante memorie stratificate nell’uomo finiscono per rappresentare altrettanti riflessi condizionati e l’uomo, quando viene sollecitato da uno stimolo, nella grande maggioranza dei casi, non fa altro che reiterare una memoria. Questo processo non include la valutazione dello stimolo, cioè la comprensione, che può avvenire solo quando ‘prendo con me’ la sollecitazione.” (Paoletti Selvaggio 2011, pp. 24-25). Secondo la PTM un corretto processo pedagogico può portare l’essere umano dal livello del riflesso condizionato a quello della volontarietà: nella volontarietà passiamo dallo schema ‘Stimolo-Risposta’ a ‘Stimolo-Comprensione-Risposta’ in cui lo spazio di comprensione amplia la nostra libertà di azione e fa aumentare la nostra sfera di influenza su noi stessi e sul mondo circostante. “Ognuno di noi è sicuramente influenzato da fattori come i geni, l’educazione, l’ambiente, ma non è da essi determinato. Al contrario, ciascuno può dimostrare a sé stesso la possibilità di autodeterminarsi potendo scegliere, tra le molte risposte possibili ad uno stimolo, quella che ritiene, di volta in volta, la più adeguata.” (Ibidem, p.29)

 

Bibliografia
  • Aguado, L. (2003). Neuroscience of Pavlovian conditioning: A brief review. The Spanish Journal of Psychology, 6(2), 155-167.
  • Carew, T. J., Walters, E. T., & Kandel, E. R. (1981). Classical conditioning in a simple withdrawal reflex in Aplysia californica. Journal of Neuroscience, 1(12), 1426-1437.
  • Chirimuuta, M. (2021). Reflex theory, cautionary tale: misleading simplicity in early neuroscience. Synthese, 199(5), 12731-12751.
  • Paoletti, P. (2008). Crescere nell’eccellenza. Armando editore
  • Paoletti, P., Selvaggio A. (2011). Osservazione. Edizioni 3P
  • Pavlov, P. I. (2010). Conditioned reflexes: an investigation of the physiological activity of the cerebral cortex. Annals of neurosciences, 17(3), 136.
  • Watson, J. B. (1916). The place of the conditioned-reflex in psychology. Psychological review, 23(2), 89.

 


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