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Chi è il kinkeeper della tua famiglia?

I custodi delle relazioni, delle tradizioni e della resilienza familiare

In un mondo che cambia velocemente e corre al ritmo dei progressi e delle rivoluzioni sociali e professionali, la famiglia a volte fatica a restare unita, tra lontananze imposte dal lavoro, ritmi diversi e “distanze tecnologiche”, come la tecnoferenza e il phubbing. In questo contesto sfidante, il ruolo dei kinkeeper familiari è fondamentale: sono loro i custodi delle relazioni e, con esse, anche del benessere psicologico ed emotivo dei componenti della famiglia.

Chi è il kinkeeper?

Il termine kinkeeper significa letteralmente “custode del familiare” ed è stato introdotto dalla sociologa Carolyn Rosenthal negli anni Ottanta, per descrivere quei soggetti che si preoccupano di tenere unite le famiglie, per esempio mantenendo le abitudini e le tradizioni, conservando i ricordi e prendendosi cura dei momenti di incontro e condivisione. Secondo successivi studi degli anni Novanta, si stima che più della metà delle famiglie abbiano un componente che assume questo ruolo di custode delle relazioni, favorendo il benessere e la resilienza dei nuclei familiari.

I kinkeeper tendono a rinsaldare i legami, spianare le divergenze, mediare anche in caso di separazioni o divorzi tra alcuni componenti familiari e a promuovere l’armonia in famiglia. Offrendo il loro supporto emotivo, i kinkeeper incidono positivamente anche sulla salute mentale dei familiari, assicurando ascolto, affetto e presenza. Svolgono quindi un ruolo essenziale per la resilienza e il benessere psicologico di tutta la famiglia, contribuendo a creare un senso di continuità, appartenenza e identità condivisa tra i membri, anche quando questi vivono distanti tra loro.

Cosa fa il kinkeeper in famiglia?

Il kinkeeper si riconosce per il suo impegno nella cura dei legami familiari. Per esempio, il kinkeeper si impegna a:

  • Organizzare e promuovere riunioni familiari, incontri e feste
  • Mantenere viva la comunicazione tra i vari membri della famiglia, anche utilizzando le nuove tecnologie
  • Preservare e trasmettere la storia, i ricordi, le tradizioni e i rituali familiari
  • Tenere aggiornati i vari membri della famiglia su notizie importanti
  • Fornire supporto emotivo e pratico durante le transizioni, le difficoltà e le crisi

Chi tende ad assumere il ruolo di kinkeeper?

Dagli anni Novanta del secolo scorso sono stati studiati più approfonditamente i kinkeeper, scoprendo che l’85% sono donne, per lo più di età compresa tra i 40 e i 59 anni, quando la carriera inizia a stabilizzarsi e i figli a essere più indipendenti. Tuttavia, una percentuale del 18% dei kinkeeper ha più di sessant’anni, superando anche i settanta, seppure, con l’avanzare dell’età, si tenda a trasmettere il ruolo a membri più giovani della famiglia.

Secondo lo studio del 1996 “A binding tie: Supportive communication of family kinkeepers”, il kinkeeper è solitamente una mamma, ma può essere anche una zia, una nonna, un papà e una sorella. La ricerca sostiene che la prevalenza femminile di kinkeeper è essenzialmente legata alle aspettative sociali e tradizioni culturali, secondo cui la donna è solita “prendersi cura degli altri ed essere gentile, reattiva, solidale e amichevole“, citando il precedente studio di Wood Gendered Lives: Communication, Gender, and Culture.

Tuttavia, in una società in grande evoluzione, dove gli stereotipi di genere vacillano, è possibile che sempre più uomini diventino kinkeeper o che il ruolo venga più equamente condiviso tra i membri della famiglia, per esempio lasciando largo spazio alle competenze emotive e interpersonali dei papà.

 


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Soddisfazioni e sfide

Uno studio su Psychology Today mette in luce le due facce della medaglia di essere un kinkeeper. Da un lato, sentirsi un pilastro familiare e un punto di riferimento per molte persone care è una fonte di grandissima gioia. Dall’altro, i kinkeeper si trovano spesso a gestire diverse situazioni sfidanti, prendendo su di sé il peso dell’armonia della famiglia.

I kinkeeper sono in qualche modo “al centro della famiglia”, ma questa posizione è soprattutto di cura e servizio agli altri. Tendono anche a essere i più informati sugli eventi importanti, ma possono per questo essere più facilmente coinvolti in disaccordi e conflitti.

Correndo da un bisogno all’altro, il rischio che il kinkeeper entri in modalità multitasking è alto, ma lo è anche di sviluppare la sindrome di burden, il burnout correlato ai caregiver e all’assistenza dei familiari, se il kinkeeper è coinvolto anche nella cura di parenti malati o anziani.

Prendersi cura del kinkeeper

Se il ruolo del kinkeeper è fondamentale per il benessere di tutta la famiglia, è importante che gli altri membri si prendano cura degli stessi kinkeeper, incoraggiandoli, gratificandoli e sostenendoli nel loro ruolo di custodi della famiglia.

Altrettanto fondamentale è che il kinkeeper riservi una parte della sua energia, tempo e risorse per se stesso. Per prenderci cura bene degli altri, infatti, abbiamo sempre bisogno di prenderci cura adeguatamente anche di noi stessi. Questo è possibile superando eventuali sensi di colpa, che rischiano di farci dimenticare la natura globale, espansa e circolare dell’amore, che implica amore per gli altri e per se stessi, in un equilibrio armonioso di gesti.

Per le mamme, in particolare, che maggiormente ricoprono il ruolo di kinkeeper per i propri cari, Fondazione Patrizio Paoletti mette a disposizione i 10 esercizi della mamma consapevole, che possono essere scaricati gratuitamente, per coltivare autoconsapevolezza e benessere psicoemotivo. Grazie alla consapevolezza e all’ascolto interiore, che può essere favorito dalla meditazione e dalla mindfulness, sarà possibile custodire serenamente la famiglia, imparando magari anche a delegare e condividere compiti, responsabilità e gioie con i propri cari, per una circolazione degli affetti e dell’impegno, crescendo insieme nell’amore.

 


  • GLI ADOLESCENTI VANNO AIUTATI.
    PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.

 

Bibliografia
  • Braithwaite, D. O., Marsh, J. S., Tschampl-Diesing, C. L., & Leach, M. S. (2017). “Love needs to be exchanged”: A diary study of interaction and enactment of the family kinkeeper role. Western Journal of Communication81(5), 601-618.
  • Hornstra, M., & Ivanova, K. (2023). Kinkeeping across families: The central role of mothers and stepmothers in the facilitation of adult intergenerational ties. Sex Roles88(7), 367-382.
  • Leach, M. S., & Braithwaite, D. O. (1996). A binding tie: Supportive communication of family kinkeepers.
  • Rosenthal, C. J. (1985). Kinkeeping in the familial division of labor. Journal of Marriage and the Family, 965-974.
  • Wood, J. T. (1994). Gendered Lives: Communication, Gender, and Culture. Belmont, CA: Wadsworth
Sitografia
  • https://www.psychologytoday.com/us/blog/communication-matters/202205/the-family-kinkeeper-role
  • https://www.womensmentalhealthpodcast.com/kinkeeping-chronicles-navigating-the-invisible-labor-of-love/
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