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“Neurosessismo” e ricerca scientifica: è l’educazione che fa la differenza

Secondo i dati del 2021 di “She Figures”, il report dell’Unione Europea sulla gender equality in Ricerca & Innovazione, c’è quasi un equilibrio nel conseguimento dei titoli, mentre persistono disparità tra i campi di studio. Ad esempio, le donne rappresentano ancora meno di un quarto dei dottorati nel campo dei Technology Integrated Curriculum (22%), mentre rappresentano più del 50% nei campi della salute e del benessere e dell’istruzione (rispettivamente 60% e 67%).

Il divario di genere aumenta con l’aumentare dei livelli di responsabilità nei settori della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM): le donne occupano solo il 17,9% dei posti di professore ordinario in ingegneria. Inoltre, il divario di genere aumenta anche con l’aumentare dei livelli di anzianità: le donne occupano solo il 17,9% delle posizioni di professore ordinario in ingegneria e tecnologia, mentre solo il 10,7% delle domande di brevetto sono state presentate da donne tra il 2015 e il 2018, come evidenziato nell’ultimo rapporto “She Figures”.

Un nuovo rapporto del gruppo di esperti della Commissione sull’impatto della pandemia COVID-19 sulla parità di genere nella R&I dell’UE, pubblicato il 5 maggio 2023, sostiene che la pandemia ha esacerbato le disuguaglianze nella ricerca e nell’innovazione.

La pandemia di COVID-19 ha colpito in particolare le donne e i gruppi che già prima della pandemia erano meno visibili nelle carriere di ricerca. Diversi studi pubblicati mostrano una diminuzione della produttività accademica delle ricercatrici, in particolare di quelle all’inizio della carriera.

Secondo le raccomandazioni UE diventa quindi cruciale in questo momento supportare le giovani ricercatrici.

Cervelli e genere

Quando si tratta di ricerca scientifica e gender equality, ancora una volta oggi le neuroscienze giocano un ruolo speciale. La ricerca sul cervello si presta potenzialmente a offrire basi biologiche per costrutti sociali e per questo suo potenziale attrae interessi differenti.

Ricerche recenti, spesso citate in ambito divulgativo, tendono a dimostrare una differenza generalizzata tra uomini e donne in particolare per quanto attiene ad alcune differenze nelle funzioni cognitive. In linea con alcuni dei più diffusi luoghi comuni, si è rilevato come spesso gli uomini mostrino maggiore competenza nella cognizione spaziale, la capacità di rappresentarsi mentalmente lo spazio e i possibili movimenti di oggetti in esso. Nei termini del luogo comune, saper valutare se l’autovettura ci starà in quel parcheggio.

Le donne, invece, dimostrerebbero una migliore competenza in termini di memoria episodica, specialmente nella ritenzione dei dettagli contestuali. Traducendo ancora nei termini del luogo comune, si tratterebbe di quella capacità delle donne di rimembrare un avvenimento del passato con un livello di dettaglio difficilmente immaginabile per un uomo.

Eppure, nonostante le apparenze, la ricerca scientifica rigorosa si confronta con un quesito molto concreto in merito: quanto queste differenze sono veramente strutturali e quanto determinate dall’allenamento a cui i ruoli sociali sottopongono i cervelli?

La risposta a questa domanda ha valore significativo nei rapporti di genere. In questo senso, la ricerca di conferme cerebrali delle differenze tra uomini e donne ha avuto una sua specifica storia negli ultimi decenni.

Il “neurosessismo

Nel 1995 fece molto parlare di sé un articolo pubblicato in prima pagina sul New York Times dal titolo: “Uomini e donne usano il cervello in modo diverso”. L’articolo riportava i risultati di uno dei primi studi che utilizzava la risonanza magnetica funzionale per misurare l’attività cerebrale durante specifiche attività cognitive. Tale ricerca dichiarava di fornire le prime “prove definitive” della diversa localizzazione biologicamente determinata delle aree cerebrali che controllano il linguaggio: l’emisfero sinistro negli uomini e entrambi gli emisferi nelle donne.

Tuttavia, in seguito emerse che i dati dello studio non erano così “definitivi”. Ad esempio, le dimensioni del gruppo di studio erano piuttosto limitate, solo 19 maschi e 19 femmine. Inoltre, dei quattro compiti linguistici assegnati ai partecipanti, solo i risultati del primo furono riportati. Sebbene questo abbia mostrato un’attivazione bilaterale nelle donne, solo 11 di loro la presentavano, mentre le restanti donne mostravano un modello di attivazione simile a quello degli uomini.

Secondo Gina Rippon, professore emerito di neuroimaging cognitivo all’Università di Aston a Birmingham e autrice del saggio “The Gendered Brain“, questo episodio è uno dei tanti esempi di “neurosessismo“. Questo termine si riferisce alla credenza che i divari di genere siano principalmente causati da differenze biologicamente determinate nel cervello.

Il ruolo cruciale dell’educazione

Queste idee, che influenzano il modo in cui i bambini vengono cresciuti ed educati, potrebbero riflettere le condizioni generalizzate nella società piuttosto che vincoli imposte dalla biologia. Infatti, i cervelli sono plastici e adattabili e si sviluppano in modo che rifletta queste differenze, esponendo i bambini a diverse esperienze e opportunità.

Ecco che il processo educativo si mostra come sempre determinante per l’essere umano in divenire, come viene definito nella Pedagogia per il Terzo Millennio. Questo approccio educativo, infatti, trova il suo punto di partenza nella conoscenza della struttura cerebrale dell’essere umano come concentrato di potenzialità. L’aspirazione da incarnare attraverso l’innovazione pedagogica è quella di un essere umano globale, capace di riunire in sé capacità tradizionalmente ritenute opposte, per generare un maggiore equilibrio. È questo l’essere umano in grado di affrontare la complessità delle sfide globali che stiamo vivendo, senza polarizzazioni legate a visioni di genere stereotipate e cristallizzate dall’abitudine.

Non si tratta di una visione semplicemente idealistica o immaginaria, ma di concreti caratteri neurofisiologici che sono possibili per la nostra specie. Un cervello le cui parti funzionano in maniera più armonica, in termini di aree e coerenza elettromagnetica, è un cervello più sano, consapevole, capace in termini di creatività.

 

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