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Quali sono le ultime novità sulle diete vegetali?

I benefici degli alimenti vegetali per tutta la famiglia

Sabato 9 novembre 2024 si è svolto il 4° Congresso congiunto SSNV-SINVE, che si tiene ogni 2 anni. Si è parlato dei molti benefici di una dieta vegetale, per la salute di tutta la famiglia, dal bambino alla donna e per prevenire il declino cognitivo in età avanzata. Dalla salute dell’osso ad approfondimenti su intolleranze alimentari e tossicità, l’evento testimonia l’importanza degli alimenti vegetali per la nostra salute globale.

Due società per l’informazione scientifica sulla dieta vegetale

SSNV è stata fondata nel 2000 e SINVE nel 2010. Dunque sono quasi 25 anni che in Italia esistono delle organizzazioni scientifiche la cui missione è quella di rendere accessibili al pubblico generale e diffondere tra i professionisti della salute le informazioni basate sulla scienza che riguardano l’adeguatezza di una dieta vegetale e i suoi effetti sulla salute. Inoltre, le due società scientifiche stanno contribuendo a confermare e fornire nuovi dati in questo ambito, attraverso la pubblicazione di articoli su riviste scientifiche, e l’organizzazione di corsi e congressi come questo, i cui contenuti verranno sintetizzati nel presente articolo. Va anticipato che il congresso ha visto la partecipazione di relatori di fama nazionale e internazionale, annoverabili tra i principali esperti di alimentazione vegetale. Grazie alla permanenza online della registrazione, rimasta disponibile sino a fine novembre, è stata anche possibile la partecipazione differita per tutti gli iscritti.

La selezione artificiale delle piante

Ha aperto il convegno il prof. Vincenzino Siani, presidente di SINVE. Nella sua relazione dal titolo “Le piante edibili e l’uomo: dalla coevoluzione alla manipolazione genetica”, Siani ha ricordato come l’intero Universo, e quindi anche il nostro Pianeta che ne fa parte, sia in continua trasformazione. I 12 milioni circa di specie viventi sono in grado di affermarsi o estinguersi a seconda degli equilibri che ne permettono la sopravvivenza, perché è l’ambiente che guida la selezione. Le piante rappresentano l’86.7% degli esseri viventi, e attraverso la fotosintesi, che solo loro sono in grado di attuare, rendono possibile la vita.

Da quando è diventato stanziale, l’uomo ha “domesticato” le piante selezionando quelle preferite per gusto, utilizzo ed estetica, il che ha comportato un’alterazione del genoma di cereali, radici e tuberi, frutta, verdura, legumi, diversa a seconda dei vari luoghi della Terra, e che poi è stata influenzata dagli scambi commerciali tra i vari continenti. Parliamo quindi di una vera e propria selezione artificiale delle piante, che ne ha ridotto la biodiversità. Questa selezione, risalente all’inizio del Neolitico, è culminata in tempi recenti con il sequenziamento del genoma e gli interventi di trasformazione del codice genetico.

Le intolleranze alimentari in una dieta vegetale

La dottoressa Denise Filippin, vicepresidente SINVE, nella sua relazione “Dal glutine al nichel: la gestione delle intolleranze nell’alimentazione vegetale” ha affrontato quindi il tema delle intolleranze alimentari in una dieta vegetale, focalizzandosi su glutine, nichel e FODMAPs. Per quanto riguarda il glutine, contenuto nell’endosperma del chicco di alcuni cereali (grano e grani antichi), in una dieta vegetale non si pongono particolari problemi, in quanto la varietà nella scelta dei cereali senza glutine (miglio, quinoa, grano saraceno, avena, riso, mais, teff, sorgo) permette di adottare una dieta equilibrata e varia.

Il nichel è invece un minerale ubiquitario che si concentra in particolare nei cibi vegetali. Inoltre, va posta attenzione a pentole e utensili utilizzati. Le informazioni sull’alimentazione da seguire sono spesso contraddittorie e le liste dei cibi “ammessi” molto differenti tra loro.

Anche per i “FODMAP” (carboidrati a catena corta, scarsamente assorbibili nell’intestino tenue), ci sono alcuni accorgimenti da seguire per i cibi vegetali, ma a differenza del nichel questi alimenti vanno esclusi solo per brevi periodi, massimo 4-6 settimane, per poi ritornare ad un’alimentazione variata e senza particolari restrizioni.

Alimentazione vegetale e bambini

L’alimentazione complementare per il bambino vegano è stata trattata dalla dr.ssa Carla Tomasini, pediatra e membro del Comitato Scientifico di SSNV, nell’intervento dal titolo “Io mangio (vegan) come voi: l’alimentazione complementare a base vegetale”. La dottoressa ha ricordato come sia semplice ottenere tutti i nutrienti dalle diverse fonti alimentari, ragionando in termine di colori diversi di questi cibi, e quanto sia importante spiegare ai genitori come realizzare una pappa completa.

La parte liquida deve essere composta da brodo vegetale, e la parte solida da farine di cereali, legumi decorticati, verdure bollite, olio, frutta fresca e a guscio/creme, spezie, facendo attenzione almeno nel primo anno di vita a limitare la fibra. È inoltre vantaggioso introdurre già dall’inizio dello svezzamento gli alimenti allergizzanti (uno alla volta!) e mantenere il latte materno o formulato nella dieta del bambino fino ai 2 anni di vita.

Dieta vegetale e protezione dal reflusso

Il Professor Nicola de Bortoli, gastroenterologo, professore associato di Medicina e capo del Gastroenterology Training Program dell’Università di Pisa, oltre che principale investigatore dello studio INVITA, nella sua relazione dal titolo “Dieta plant-based e GERD” ha presentato le diverse pubblicazioni scientifiche che, a firma di vari autori e condotte in varie parti del mondo, confermano come oltre alla riduzione del peso corporeo e all’abolizione del fumo, il passaggio a una dieta vegetale rappresenti un fattore altamente protettivo nei confronti della sindrome da reflusso gastroesofageo (GERD).

La dieta vegetale, nei vari studi osservazionali, dimezza il rischio di GERD, ed è risultata efficace anche in un piccolo studio di intervento condotto presso la stessa l’Università di Pisa. Pertanto, il Professore conclude come nelle raccomandazioni per i pazienti affetti da GERD, oltre all’abolizione di fumo e al calo ponderale andrebbe aggiunto anche il passaggio a una dieta vegetale.

Solanina, tossicità e sicurezza

Il dr. Gianluca Rizzo, ricercatore indipendente e membro del Comitato Scientifico di SSNV, ha affrontato nel suo intervento “Solanina: fonti alimentari, apporti dietetici e livello di sicurezza” questo argomento molto controverso. La solanina è un glicoalcaloide del genere Solanum, la cui tossicità è da riferire alla componente glicosidica, e che è presente in patate, pomodori e melanzane. Tuttavia, nonostante in alcuni ambienti venga demonizzata, il margine di sicurezza è elevato, e livelli di tossicità sono difficili da raggiungere se non con l’assunzione di cibo avariato, in cui il contenuto di solanina aumenta. I casi di tossicità, molto rari, provocano soprattutto sintomi a carico delle mucose, con bruciore orale, e sintomi gastrointestinali. I casi di intossicazione sono inoltre stati riportati prevalentemente per le patate, a testimoniare che la solanina contenuta negli altri cibi della famiglia botanica non raggiunge livelli di tossicità che destano preoccupazione.

È quindi importante focalizzarsi sulla buona conservazione delle patate (in ambiente buio e aerato), rimuovere la buccia in caso di consumi elevati specialmente nei bambini (in quanto la solanina si concentra al di sotto di questa) e consumarle cotte ad alte temperature (perché il calore inattiva la parte tossica della solanina). Conservarle assieme alle mele ne riduce inoltre la produzione di solanina.

Pertanto, nel complesso il rischio reale di intossicazione da solanina è basso e a carico di fasce disagiate della popolazione e con apporti elevati, specialmente nei bambini più piccoli. Può essere grandemente ridotto da una corretta conservazione e trasformazione dei cibi che la contengono, soprattutto le patate che sono state le uniche a essere segnalate in letteratura riguardo a possibili concentrazioni di glicoalcaloidi da attenzionare. I rischi, se pur remoti, sono da considerare in acuto (grandi quantità per singola ingestione) ma non ci sono preoccupazioni per il consumo cronico e quindi continuativo nel tempo.

Dieta vegetale e transito intestinale

Il dr. Maximilian Storz, del Dipartimento di Medicina Interna II, Facoltà di Medicina, Università di Friburgo, ha affrontato nella sua relazione “Bowel Health and Defecation Patterns in Plant-Based Nutrition” il problema del tempo di transito intestinale, della frequenza della defecazione e della consistenza delle feci in una dieta vegetale. Dopo aver preso in rassegna la letteratura disponibile, tra cui alcuni studi condotti dallo stesso dr. Storz, il relatore riporta come il passaggio a una dieta vegetale richieda che all’intestino venga dato il tempo di abituarsi alla nuova dieta, cosicché nel breve termine non compariranno disturbi addominali.

Una volta che l’intestino si sarà allenato alla nuova dieta, nel lungo termine sarà possibile beneficiare degli effetti favorevoli della dieta vegetale sul microbiota, che permette la selezione di batteri “buoni”, che producono metaboliti con attività antinfiammatoria, riducono il rischio di tumore e migliorano la prognosi dei sopravvissuti.

La salute dell’osso

La salute dell’osso dei vegetariani è stata affrontata dal dr. Alexey Galchenko, membro del comitato scientifico di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana – SSNV APS e membro della Società Filosofica “Melodia Vitae”, Internazionale, nella sua relazione dal titolo “Plant Based Diet and Bone Health”. Dopo aver sintetizzato i dati dei principali studi pubblicati in letteratura scientifica, sottolineando come i vari risultati non sono tra loro concordi, e aver accuratamente descritto il ruolo dei vari macro e micronutrienti sul metabolismo osseo, il dr. Galchenko ha presentato i risultati di uno studio condotto dal suo gruppo di ricerca sulla densità minerale ossea dei vegetariani (latto-ovo e vegani) e degli onnivori. Lo studio non ha evidenziato differenze nella densità minerale ossea tra i 3 gruppi dietetici, e quindi alimenta la scarsa consistenza dei dati che riportano un effetto negativo sull’osso da parte di diete plant-based.

Dieta vegetale per contrastare il declino cognitivo

Il dr. Steve Blake, direttore di Neuroscienze Nutrizionali alla Maui Memory Clinic, Hawaii, ha proposto un interessantissimo intervento sulle potenzialità di prevenire e rallentare il declino cognitivo attraverso la dieta, nel suo intervento “Reducing Dietary Advanced Glycation End Products to Slow Progression of Cognitive Decline and Alzheimer’s Disease”.

Gli AGE (prodotti di glicazione avanzata) sono prodotti che si formano durante la cottura a partire da zuccheri, proteine e grassi, ma possono formarsi anche all’interno dell’organismo (es. Emoglobina glicata nel diabetico). Il contenuto di questi composti è molto elevato nei cibi animali, mentre è praticamente nullo nei cibi vegetali. Si è visto che gli AGE sono in grado di ridurre il volume cerebrale, di aumentare la tossicità e l’accumulo di beta-amiloide (in placche cosiddette “senili”) e di aumentare l’azione infiammatoria dei grovigli neurofibrillari, due reperti tipici del cervello affetto da Alzheimer.

Si è visto anche che le placche amiloidi contengono il triplo di AGE nei pazienti con Alzheimer, rispetto ai pazienti che ne sono esenti. Vari trial condotti su questo topic hanno mostrato come ridurre gli AGE della dieta sia in grado di ridurre la progressione del declino cognitivo, perché si riducono i marcatori di infiammazione, lo stress ossidativo e migliora il flusso e la funzione dei piccoli vasi cerebrale. Il dr. Blake è riuscito a rallentare e invertire il decorso del declino cognitivo attraverso la riduzione degli AGE dietetici, il che rappresenta un importante e pioneristico contributo al contrasto alla demenza.

Dieta vegetale e salute della donna

Infine, il dr. Neal Barnard, presidente del Physicians Committee for Responsible Medicine – PCRM, ha affrontato il problema della salute femminile nel suo intervento “Plant Based Diet and Woman’s Health”. Stimolato da un vecchio studio degli anni ‘90, in cui alcuni ricercatori avevano ottenuto una riduzione dei livelli di estradiolo circolante attraverso la riduzione dei grassi e l’aumento delle fibre nella dieta, il dr. Barnard e il suo team hanno condotto interventi con dieta vegana low-fat, ottenendo una riduzione della sindrome premestruale, la remissione dell’endometriosi e una riduzione della sindrome climaterica.

Il dr. Barnard ha ricordato anche l’utilità della soia, che agisce prevalentemente sul recettore beta-estrogenico, presente nell’osso, nel sistema urogenitale e vascolare, e contrasta l’effetto degli estrogeni naturali che attraverso il recettore alfa stimolano le cellule del seno e dell’utero. Ha inoltre ricordato come il latte di mucca sia una fonte di estrogeni, in quanto la mucca è perennemente gravida durante la mungitura, e che uno studio condotto sulla coorte degli avventisti ha mostrato come il consumo di latte vaccino aumenti il rischio di tumore al seno.

Al termine del convegno sono arrivate oltre un centinaio di domande da parte dei molti partecipanti, che hanno molto apprezzato la qualità degli interventi e la statura scientifica dei relatori. Il congresso congiunto SSNV-SINVE ha luogo con cadenza biennale, con la prossima edizione che avrà luogo nel 2026, sempre con modalità a distanza. Spero che questo articolo abbia stimolato la curiosità dei lettori, rendendoli desiderosi di partecipare al prossimo congresso!

Luciana BaroniLuciana Baroni è Neurologo, Geriatra, Fisiatra, Nutrizionista esperta in alimentazione a base vegetale. Socio fondatore e Presidente in carica di S.S.N.V. Ideatrice del metodo del PiattoVeg.
IG @dr_luciana.baroni

 

 

 


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Sitografia
  • https://www.scienzavegetariana.it/download/dossier-allergia-nichel-vegan.pdf
  • https://www.studioinvita.it 
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