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Perché ridiamo?

Neuroscienze della risata, il valore sociale del ridere insieme

Ridere è contagioso e farlo in compagnia è 30 volte più frequente rispetto a farlo in solitaria. La ricerca scientifica approfondisce il valore sociale e comunicativo del ridere insieme, che esprime appartenenza, comprensione e affetto.

Dai meccanismi scatenanti alla compagnia

Un tempo ritenuta prerogativa unica della specie umana, la risata è molto difficile da studiare dal punto di vista scientifico. Durando qualche attimo, è difficile da catturare dalla strumentazione tipica degli esami neurologici. Inoltre, deve essere spontanea: ridere per finta non è la stessa cosa, e non tutti troviamo le stesse cose divertenti. Molte teorie si sono fino a poco tempo fa concentrate sui meccanismi scatenanti (lo humor, per intenderci) e le motivazioni per le quali ridere dovrebbe essere vantaggioso. Le principali ipotesi sostenevano che la risata fosse un modo per segnalare il proprio senso di superiorità rispetto alla situazione, oppure un modo per mostrare di essere rilassati. O ancora una reazione spontanea di sorpresa a un fatto inaspettato.

Ma queste ipotesi tendevano a analizzare la risata in isolamento. Studi recenti sulla sua origine evolutiva mettono invece tutto in un’altra prospettiva, concentrandosi sul valore sociale della risata. Non è tanto importante cosa ci fa ridere (l’humor rimane sfuggente anche all’analisi scientifica) bensì il contesto nel quale si ride, con chi ci troviamo quando lo facciamo.

Il ruolo sociale della risata

Già a partire dalla fine degli anni ’90 il neuropsicologo americano Robert Provine si accorge, dai suoi studi, che la risata in compagnia è 30 volte più frequente rispetto a quella in solitaria. Tendiamo a ridere quando ci sono altre persone invece che da soli. Un indizio, secondo Provine, dell’importanza della dimensione sociale e comunicativa della risata rispetto a quella personale. Che spiegherebbe anche perché ridere è contagioso, e perché si tende a ridere di più assieme a persone che si conoscono rispetto a estranei.

Gli studi di Provine, che hanno approcciato la risata da un punto di vista più naturalistico, hanno mostrato anche come, dal punto di vista statistico, la risata non sia necessariamente legata a una situazione divertente. Ridiamo più di frequente infatti durante normali conversazioni, senza che sia stato detto nulla di umoristico, ma semplicemente per esprimere appartenenza, comprensione e affetto nei confronti di chi ci sta parlando.

La risata, dunque, avrebbe un importante ruolo di rinforzo sociale, per stabilire e coltivare relazioni con membri del nostro gruppo. Da qui scaturisce il suo vantaggio evolutivo. Oltre che una spiegazione della sua possibile origine: secondo il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi, ridere è “un comportamento animale complesso che assolve ancestrali funzioni sociali: stringere legami, promuovere il gioco e le interazioni cooperative, diminuire la tensione“. E che infatti ritroviamo anche in altre specie di animali sociali. Ad esempio nei primati, nei quali la risata, pur essendo diversa dalla nostra, ha un simile meccanismo e valore relazionale. Persino nei ratti ci sarebbero dei pattern vocali evolutivamente simili alla risata, suggerendo una possibile origine comune del comportamento nei mammiferi.

 


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Cosa succede nel cervello quando si ride, e perché ci fa bene

Non sorprende quindi che la risata, dal punto di vista neurologico, coinvolga gli stessi centri, circuiti e neurotrasmettitori implicati nei comportamenti sociali, nel linguaggio e nell’empatia. Da osservazioni sperimentali effettuate su individui ai quali veniva raccontata una barzelletta, durante la risata verrebbero attivate sia le aree del linguaggio (per comprendere e processare la battuta) ma soprattutto il lobo frontale, implicato nel processare le risposte emotive a livello sociale. Infine, si sono attivate le regioni che regolano le funzioni motorie del corpo, inducendo una risposta fisica: il vero e proprio atto di ridere.

Non solo, ridere causa anche una riduzione della concentrazione del cortisolo (un ormone associato allo stress) nel nostro sangue, sostituendolo invece con dopamina, ossitocina ed endorfine. La prima è implicata nell’apprendimento e nel livello di attenzione e motivazione. La seconda è il vero e proprio ormone dell’empatia, che stimola la creazione di legami sociali e li rinforza. Il rilascio di endorfine nel sangue è invece associato a una sensazione di piacere, e migliora la tolleranza al dolore. Ridere riduce anche la frequenza cardiaca e induce al rilassamento muscolare. Soprattutto nelle situazioni di attacco-fuga. Ed è infatti molto efficace nell’appianare e calmare gli animi nel caso di situazioni tese.

In parole povere, ridere ci fa stare bene come, d’altra parte, anche sorridere, rinforzando parallelamente i legami sociali. Come ricorda Patrizio Paoletti: “Il sorriso è un obbligo sociale”, per la sua capacità di comunicare apertura, accoglienza, positività. Oltre che a essere fisicamente piacevole, ridere riduce la tensione e i marcatori dello stress, migliora la salute cardiocircolatoria e l’umore. Una recente analisi dell’Università di Toronto ha mostrato come la risata spontanea sia una delle attività più efficaci nel ridurre il livello di cortisolo. Il potenziale terapeutico della risata è applicato in numerose forme, che vanno dai clown dottori alla risoterapia. Il proverbiale “ridi che ti passa” avrebbe quindi delle conferme, oltre che dal sentire comune, anche dal punto di vista scientifico.

 

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Bibliografia
  • Caurana, Laughter as a Neurochemical Mechanism Aimed at Reinforcing Social Bonds: Integrating Evidence from Opioidergic Activity and Brain Stimulation, Journal of Neuroscience 6 September 2017, 37 (36) 8581-8582; https://doi.org/10.1523/JNEUROSCI.1589-17.2017
  • Fausto Caruana, Elisabetta Palagi, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale, il Mulino, 2024
  • K. Kramer & C. B. Leitao, Laughter as medicine: A systematic review and meta-analysis of interventional studies evaluating the impact of spontaneous laughter on cortisol levels, PLoS One, 2023 May 23;18(5):e0286260. doi: 10.1371/journal.pone.0286260
  • Manninen et al., Social Laughter Triggers Endogenous Opioid Release in Humans, Journal of Neuroscience 21 June 2017, 37 (25) 6125-6131; https://doi.org/10.1523/JNEUROSCI.0688-16.2017
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