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Salute mentale

Ruminazione

Ruminazione e disturbo depressivo

Il disturbo depressivo è uno dei disturbi psicologici più diffusi a livello globale, caratterizzato da sentimenti di tristezza, impotenza, ritiro sociale, anedonia e mancanza di motivazione. I principali modelli teorici individuano nella discrepanza tra la rappresentazione interna del sé e obiettivi desiderati, il nucleo responsabile dell’insorgere dei sentimenti negativi caratteristici della depressione (Higgans, 1999).

La ruminazione, definita come una forma di pensiero ripetitivo e focalizzato sugli aspetti negativi del sé e degli stati d’animo (Nolen-Hoeksema et al., 1993), è stata identificata come una delle caratteristiche più spesso correlate alla depressione. Sebbene i pensieri ruminativi siano tipicamente autovalutanti, non tutte le loro componenti sono necessariamente dannose. Vengono infatti distinte da Watkins due forme di ruminazione: la ruminazione astratta, la quale implica pensieri valutativi sul sé o sugli eventi, e la ruminazione concreta, definita come la consapevolezza non valutativa delle esperienze presenti, definita anche “mindful experiencing” (Watkins e Teasdale, 2001). Pertanto, le componenti di “autoriflessione” riflettono un meccanismo adattivo della ruminazione, mentre il “rimuginare” (brooding) rappresenta la tendenza passiva a concentrarsi su problemi e ostacoli astratti, che riflette componenti disadattive associate a maggiori pregiudizi negativi.

 

La ruminazione come predittore

Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che la presenza di maggiori pensieri ruminativi in individui non depressi, può predire l’insorgenza di sintomi depressivi (Nolen-Hoeksema et al., 2008), suggerendo che un aumento dei livelli di ruminazione possa essere interpretato come un fattore di rischio per lo sviluppo di depressione. Di conseguenza, individuare i pensieri ruminativi come fattore predittivo di ansia e depressione, può essere identificato come uno strumento utile per la prevenzione della depressione (Constantin et al., 2018).

 

Ruminazione e meditazione

Alcuni interventi terapeutici, come i Mindfulness-Based Interventions (MBI), ponendo l’accento su un’osservazione non giudicante e la consapevolezza di pensieri, sentimenti e sensazioni, promuovono l’accettazione di tali eventi e fenomeni mentali (Mao et al., 2023). Di conseguenza, questi interventi possono ridurre i pattern di pensiero ruminante, agendo come strategia per prevenire la depressione attraverso la modifica del rapporto dell’individuo con i propri pensieri, anziché modificare il contenuto dei pensieri stessi.

Nello specifico, da un punto di vista neuroscientifico, diverse evidenze indicano che i benefici della meditazione e degli interventi MBI derivano dalla riduzione dell’attività del Default-Mode Network (DMN), una vasta rete neurale di aree che operano simultaneamente, associato a un’ampia gamma di stati, tra cui la cognizione sociale, i processi autoreferenziali e l’incapacità di svincolarsi da schemi di pensiero negativi e ruminativi. Infatti, un recente studio di Zhou e colleghi (2020) suggerisce che alcune regioni del DMN supportano la ruminazione, mostrando un’associazione tra l’attivazione del DMN e il rimuginare.

Infine, diversi studi hanno dimostrato che gli MBI svolgono un ruolo importante nel mitigare i sintomi depressivi attraverso un maggiore controllo dell’attenzionale, il quale è associato ad un incremento dell’attività delle regioni legate all’inibizione della risposta e all’attenzione.

 

Meditazione, prevenzione e promozione del benessere

In conclusione, le tecniche di meditazione e gli interventi MBI possono rappresentare degli utili strumenti di prevenzione per lo sviluppo di diversi disturbi psicologici e psichiatrici, e un valido mezzo di promozione del benessere e della salute mentale. Perciò, riuscire a ritagliare del tempo per fermarsi e prendere una pausa dalla frenesia della vita quotidiana, può favorire una sana rappresentazione del sé tramite lo sviluppo di sentimenti di accettazione.

Bibliografia
  • Constantin, K., English, M. M., & Mazmanian, D. (2018). Anxiety, depression, and procrastination among students: Rumination plays a larger mediating role than worry. Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 36(1), 15-27.
  • Higgans, E. T. (1999). When do self-discrepancies have specific relations to emotions? The second-generation question of Tangney, Niedenthal, Covert, and Barlow (1998).
  • Mao, L., Li, P., Wu, Y., Luo, L., & Hu, M. (2023). The effectiveness of mindfulness-based interventions for ruminative thinking: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Journal of Affective Disorders, 321, 83-95.
  • Nolen-Hoeksema, S., Morrow, J., & Fredrickson, B. L. (1993). Response styles and the duration of episodes of depressed mood. Journal of abnormal psychology, 102(1), 20.
  • Nolen-Hoeksema, S., Wisco, B. E., & Lyubomirsky, S. (2008). Rethinking rumination. Perspectives on psychological science, 3(5), 400-424.
  • Watkins, E. D., & Teasdale, J. D. (2001). Rumination and overgeneral memory in depression: effects of self-focus and analytic thinking. Journal of abnormal psychology, 110(2), 353.
  • Zhou, H. X., Chen, X., Shen, Y. Q., Li, L., Chen, N. X., Zhu, Z. C., … & Yan, C. G. (2020). Rumination and the default mode network: Meta-analysis of brain imaging studies and implications for depression. Neuroimage, 206, 116287.

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