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Extrinsic Mode Network

Extrinsic Mode Network: di che si tratta e perché sta rivoluzionando le neuroscienze?

L’Extrinsic Mode Network (EMN) è una rete cerebrale coinvolta nella gestione dell’informazione esterna: attenzione mirata, percezione sensoriale, interazione con l’ambiente. Negli ultimi anni ha guadagnato centralità perché comprende circuiti neurali che si attivano quando siamo impegnati in compiti diretti verso l’esterno, come parlare con qualcuno, risolvere problemi o reagire agli stimoli sensoriali. Contrasta con il Default Mode Network (DMN), attivo durante il riposo mentale: i due network si inibiscono a vicenda per mantenere un equilibrio funzionale.

Comprendere l’EMN è fondamentale per spiegare fenomeni come deficit dell’attenzione, dipendenze digitali o difficoltà sociali come nel caso dell’autismo. Inoltre, ricerche recenti su persone anziane mostrano che un declino nella capacità dell’EMN di attivarsi correttamente è associato a un rallentamento cognitivo, suggerendo vie di intervento per la neuroprotezione.

In che modo l’EMN si attiva quando affrontiamo il mondo esterno?

L’attivazione dell’EMN avviene ogni volta che ci orientiamo verso compiti esterni, in situazioni concrete e dinamiche. Le principali componenti coinvolte includono:

  • Attenzione selettiva

Quando focalizziamo l’attenzione su un compito—per esempio leggere un articolo o ascoltare qualcuno—l’EMN entra in funzione per filtrare le informazioni rilevanti e sopprimere le distrazioni. Studi di imaging funzionale (fMRI) mostrano un aumento del flusso sanguigno in regioni frontoparietali, segnale tipico dell’attivazione dell’EMN.

  • Elaborazione sensoriale

Ogni volta che percepiamo qualcosa attraverso vista, udito o tatto, l’EMN coordina le aree sensoriali primarie e associate per dare senso ai dati grezzi. Ad esempio, mentre guardiamo un’opera d’arte, il network integra colori, forme e simboli per costruire un’esperienza estetica coerente.

  • Controllo motorio volontario

Pianificare ed eseguire movimenti volontari—come scrivere, suonare il pianoforte o guidare—richiede l’attivazione simultanea di aree frontali, motorie e somatosensoriali: tutti nodi dell’EMN.

  • Decision making attivo

Prendere decisioni rapide e mirate, come scegliere un percorso stradale o risolvere un quiz, implica l’attivazione del network prefrontale, che valuta opzioni, rischi e benefici.

Quali aree cerebrali costituiscono l’EMN e come comunicano tra loro?

Per comprendere a fondo l’EMN, è utile conoscere le aree cerebrali coinvolte e la loro interconnessione:

  • Corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC)

Centro decisionale e di pianificazione: coordina risposte complesse, come valutare scenari o inibire impulsi. Varie ricerche mostrano un nesso tra funzionalità della DLPFC e abilità di concentrazione in scenari multitasking.

  • Corteccia parietale posteriore (PPC)

Regola l’attenzione spaziale e la percezione visiva: utile quando seguiamo un oggetto in movimento o orientiamo lo sguardo nel traffico urbano. Connette input visivi con controllo motorio.

  • Corteccia cingolata anteriore (ACC)

Rileva conflitti cognitivi, errori potenziali e regola lo sforzo mentale. Ad esempio, quando un compito si complica, l’ACC segnala la necessità di aumentare l’attenzione.

  • Area premotoria e area motoria primaria

Coordinano movimenti volontari, come scrivere una frase o gesticolare durante una conversazione. La prima pianifica il movimento, la seconda lo esegue inviando i comandi ai muscoli.

Queste componenti comunicano tramite fasci di fibre bianche: fascicolo frontoparietale e fascicolo cingolato. La connessione è bidirezionale, permettendo feedback immediato tra percezione, decisione e azione. Immaginalo come un’orchestra neurale: il direttore (DLPFC) interpreta le note (PPC) e controlla il ritmo (ACC), mentre i musicisti (aree motorie) eseguono. Questo modello contribuisce a spiegare perché danni in una di queste aree (ad esempio un ictus) causano deficit specifici.

Come si differenzia l’EMN dal Default Mode Network e cosa succede quando non funzionano in armonia?

Le due reti cerebrali—EMN e DMN—sono antagoniste funzionalmente ma complementari. Vediamo le differenze:

  • Finalità funzionali

Il DMN è attivo durante il pensiero interno, memoria autobiografica, immaginazione, fantasticheria. L’EMN è attivo quando l’attenzione è rivolta a compiti esterni e sensoriali, come conversare o risolvere un problema.

  • Modalità di attivazione

Il DMN funziona in background, “rumore di base” della mente, mentre l’EMN entra in campo quando serve. Le due reti si spengono a vicenda: l’EMN sopprime la DMN durante l’azione, e viceversa accade nello stato di riposo.

  • Impatto su performance cognitive

Se la DMN rimane attiva durante un compito pratico, si parla di “mind wandering”(divagazione mentale): diminuzione della produttività e aumento degli errori. Al contrario, se l’EMN non si disconnette al riposo, si può verificare rigidità mentale, ansia da prestazione o difficoltà nel rilassarsi.

  • Conseguenze in disturbi neurologici e psichiatrici

In persone con ADHD, la soppressione del DMN durante i compiti è meno efficace, causando lapsus d’attenzione. Nell’autismo spesso l’EMN è iperattivo, con difficoltà a passare al DMN, ostacolando riflessione interna e comprensione sociale.

Come si studia l’EMN e quali tecnologie ci aiutano a esplorarlo?

Studiare l’EMN richiede tecnologie avanzate e approcci multidisciplinari. Ecco i principali strumenti usati:

  • Risonanza magnetica funzionale (fMRI)

Misura variazioni del flusso sanguigno in risposta all’attività neurale. Permette di osservare quali aree cerebrali si attivano durante compiti specifici. Per esempio, lettura, calcolo o movimenti sequenziali mostrano un aumento attivo nell’EMN.

  • Elettroencefalografia (EEG)

Registra l’attività elettrica con alta risoluzione temporale. Utile per misurare la tempistica e la sincronizzazione tra componenti dell’EMN, ad esempio durante la preparazione e l’esecuzione di un movimento.

  • Stimolazione magnetica transcranica (TMS)

Tecnica non invasiva che stimola aree target del cervello per attivarle o inibirle. Serve per studiare la causalità: stimolando la DLPFC si può misurare un miglioramento temporaneo nell’attenzione selettiva.

  • Neurofeedback

Combinando EEG o fMRI, fornisce in tempo reale feedback sull’attività cerebrale, permettendo di auto-regolare l’EMN.

  • Modelli computazionali neurali

Simulano la dinamica EMN-DMN su supercomputer, aiutando a prevedere l’effetto di stimolazioni o danni cerebrali.

Cosa ci riserva il futuro dello studio dell’EMN e perché dovremmo interessarcene?

Il futuro dell’EMN è promettente e multidisciplinare:

  • Interventi terapeutici personalizzati

Tecniche come neurofeedback, TMS e training cognitivo mirato potrebbero aiutare chi soffre di ADHD, disturbi dell’attenzione o postumi da ictus. Sapremo calibrare gli interventi in base allo stato funzionale individuale dell’EMN.

  • Tecnologie indossabili (wearable) e biofeedback in tempo reale

Dispositivi intelligenti, noti anche come ‘smart device’, potrebbero monitorare lo stato EMN e segnalare la “fine dell’efficacia cognitiva”, suggerendo pause o esercizi per mantenere alte performance.

  • Apprendimento e formazione intensivi

Integrando una formazione scolastica o lavorativa orientata all’EMN, si può favorire una maggiore attenzione, concentrazione e creatività, con benefici in ambito educativo e professionale.

  • Neuroscienze sociali

Capire come l’EMN regola le interazioni reali – conversazione, empatia, negoziazione – assicura un passo avanti nelle tecnologie sociali, dalla robotica al servizio della persona ai sistemi di Intelligenza Artificiale collaborativa.

  • Ricerca integrata su invecchiamento cerebrale

Studi longitudinali suggeriscono che preservare la flessibilità EMN-DMN rallenta il declino cognitivo: prevenire precocemente significa migliorare qualità di vita e autonomia.

Conoscere e modulare l’EMN non riguarda soltanto la neurologia, ma coinvolge salute mentale, apprendimento e tecnologia quotidiana. Lo studio futuro promette di trasformare il modo in cui viviamo, impariamo e stiamo bene.

Bibliografia
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Sitografia
  • https://www.jneurosci.org/content/36/11/3115 Consultato a giugno 2025

  • https://fondazionepatriziopaoletti.org/blog/ricerca-e-cervello/meditazione-salute-globale/ Consultato a giugno 2025

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