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Salute mentale

Estraniamento

Estraniamento: quando la realtà diventa distante

Ci sono momenti in cui il mondo sembra perdere consistenza: i suoni si ovattano, le persone diventano figure distanti e anche noi stessi sembriamo osservatori di una vita che non ci appartiene del tutto. È in questo spazio sospeso che nasce l’estraniamento, una condizione in cui la connessione abituale con la realtà si indebolisce. Non si tratta di semplice distrazione o stanchezza, ma di una vera e propria alterazione percettiva e affettiva che può coinvolgere corpo, mente e relazioni.

Le neuroscienze lo descrivono come un disallineamento tra le reti cerebrali della coscienza e della percezione, mentre la psicologia lo interpreta come un meccanismo di difesa contro un eccesso di stimoli o di dolore.

Ma l’estraniamento è anche un tema profondamente culturale: la sensazione di vivere “fuori dal mondo” attraversa la letteratura, l’arte e la società contemporanea, segnalando la fragilità del nostro legame con ciò che ci circonda. Comprenderlo significa esplorare non solo una condizione psicologica, ma uno dei modi in cui la mente umana reagisce alla complessità dell’esistenza.

Che cosa accade nel cervello quando ci si sente estraniati?

Dal punto di vista neuroscientifico, l’estraniamento è il risultato di una disconnessione temporanea tra aree cerebrali che regolano la percezione di sé e la consapevolezza del corpo. Diversi studi hanno individuato le basi neurobiologiche di questa condizione:

  • Iperattività dell’amigdala: l’amigdala, centro della risposta emotiva, può entrare in stato di iperallerta, amplificando la percezione di minaccia. Questo induce il cervello a “staccare” parzialmente dalla realtà per proteggersi, generando una sensazione di distacco o irrealtà.
  • Ridotta integrazione nella corteccia prefrontale: la zona prefrontale, deputata al controllo cognitivo e all’autoconsapevolezza, mostra una minore attività nei momenti di estraniamento. Ciò spiega perché chi lo sperimenta si senta “fuori da sé”, incapace di riconoscere emozioni o decisioni come proprie.
  • Alterazioni del sistema vestibolare e somatosensoriale: il cervello integra in modo anomalo le informazioni sensoriali, provocando una sensazione di corpo “leggero” o “irreale”. È lo stesso meccanismo che può comparire nei disturbi di depersonalizzazione.
  • Coinvolgimento dell’asse dello stress (HPA): l’eccessiva produzione di cortisolo durante periodi di tensione cronica riduce la capacità del cervello di elaborare correttamente gli stimoli emotivi, favorendo il distacco come meccanismo difensivo.

Questi processi mostrano che l’estraniamento non è solo una sensazione soggettiva, ma una vera e propria risposta neurofisiologica a situazioni di sovraccarico o trauma.

In quali forme psicologiche si manifesta l’estraniamento?

Dal punto di vista clinico, l’estraniamento può presentarsi in varie forme, alcune transitorie e altre più strutturate. Tra le principali:

  • Depersonalizzazione: la persona si percepisce come spettatrice di sé stessa, come se osservasse le proprie azioni dall’esterno. È frequente in contesti di forte stress o panico.
  • Derealizzazione: il mondo circostante appare strano, artificiale, privo di vita. Gli oggetti sembrano distanti o modificati nella forma e nel colore, come in un sogno.
  • Alienazione sociale: si tratta di un distacco progressivo dalle relazioni umane, spesso legato a disagio esistenziale, isolamento sociale o eccessivo uso di tecnologie.
  • Estraniamento emotivo: la persona conserva le facoltà cognitive ma perde la capacità di provare emozioni, un sintomo ricorrente nei disturbi depressivi o post-traumatici.
  • Estraniamento artistico o intellettuale: in alcuni casi, l’estraniamento è ricercato come modalità di riflessione critica o di creazione estetica, come avviene nell‘effetto di estraniamento’ teorizzato da Bertolt Brecht.

L’estraniamento, dunque, non è un fenomeno unico, ma un insieme di esperienze che oscillano tra il disagio psicologico e la presa di distanza consapevole dalla realtà.

Perché la società contemporanea favorisce l’estraniamento?

Le condizioni sociali e tecnologiche odierne contribuiscono in modo significativo a far emergere o amplificare il senso di estraniamento. Alcuni fattori determinanti sono:

  • Digitalizzazione delle relazioni: l’interazione mediata da schermi riduce la qualità del contatto umano e può generare una percezione di distanza affettiva. Si comunica di più, ma si sente di meno.
  • Sovraccarico informativo: l’eccesso di stimoli cognitivi e notizie, spesso contraddittorie, spinge il cervello a disattivare i meccanismi di coinvolgimento emotivo come forma di difesa.
  • Lavoro alienante e precarietà: la perdita di senso nel lavoro, unita all’instabilità economica, produce una frattura tra individuo e identità professionale.
  • Cultura dell’immagine e dell’apparenza: la pressione a costruire un sé “performante” sui social media genera una distanza crescente tra ciò che si mostra e ciò che si è.
  • Disconnessione ecologica: l’allontanamento dalla natura e dai ritmi biologici naturali alimenta un senso di spaesamento e perdita di radici.

Tutti questi elementi convergono nel creare una condizione collettiva di estraneità, in cui il soggetto vive in perenne oscillazione tra iperconnessione e isolamento.

Quali strategie aiutano a riconnettersi con sé stessi e con il mondo?

Contrastare l’estraniamento richiede un lavoro di riconnessione graduale, che coinvolge mente, corpo e relazioni. Le strategie più efficaci includono:

  • Pratiche di grounding: tecniche come la respirazione consapevole o il contatto con oggetti fisici servono a riportare l’attenzione al corpo e al momento presente.
  • Psicoterapia cognitivo-comportamentale o integrata: aiuta a riconoscere i pensieri di distacco e a ristrutturarli, ricostruendo un senso di continuità del sé.
  • Attività corporee e creative: movimento, arte e musica favoriscono la riattivazione delle emozioni e la percezione unitaria del corpo.
  • Connessione sociale autentica: relazioni basate sull’ascolto reciproco e sulla presenza fisica rappresentano un antidoto naturale all’estraniamento digitale.
  • Immersione nella natura: il contatto diretto con ambienti naturali ripristina un senso di appartenenza e calma neurofisiologica, riducendo i livelli di cortisolo.

Queste pratiche, se mantenute con costanza, aiutano a reintegrare le dimensioni frammentate dell’esperienza, restituendo coerenza al vissuto personale.

Che cosa ci insegna l’estraniamento sulla condizione umana?

L’estraniamento, sebbene doloroso, è anche una lente rivelatrice. Mostra quanto la percezione di sé e del mondo sia fragile, costruita su un equilibrio dinamico tra presenza e distanza. Quando ci si sente improvvisamente distanti dalla realtà, si incrina l’illusione di una continuità stabile e affiora la natura instabile della coscienza. Filosofi come Heidegger e Sartre hanno interpretato questa esperienza come tratto costitutivo dell’esistenza: l’uomo, “gettato nel mondo”, vive un senso intermittente di estraneità, oscillando tra appartenenza e smarrimento.

La scienza contemporanea, tuttavia, offre un’altra chiave di lettura. L’estraniamento può essere un meccanismo di difesa utile, una sospensione temporanea che consente alla mente di riorganizzare l’esperienza dopo un trauma o un sovraccarico emotivo. Non è solo perdita di contatto, ma anche un modo per ristabilire equilibrio e continuità interiore. La mente, in questo senso, non fugge dalla realtà: prende distanza per potersi riavvicinare con maggiore stabilità.

In questa ambivalenza risiede il significato più profondo del fenomeno. L’essere umano, pur sentendosi talvolta distante dal mondo, tende sempre a ricercare un senso di appartenenza: agli altri, ai luoghi, al proprio corpo. L’estraniamento, allora, diventa il riflesso della tensione più intima della nostra specie — quella tra il bisogno di proteggersi e il desiderio di sentirsi pienamente vivi. Comprenderlo significa accettare che l’identità umana è un movimento continuo tra immersione e distanza, tra perdita e ritorno al mondo.

    Non temere mai di chiedere aiuto!

    Tutti i contenuti di divulgazione scientifica di Fondazione Patrizio Paoletti sono elaborati dalla nostra équipe interdisciplinare e non sostituiscono in alcun modo un intervento medico specialistico. Se pensi che tu o qualcuno a te vicino abbia bisogno dell'aiuto di un professionista della salute mentale, non esitare a rivolgerti ai centri territoriali e agli specialisti.

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