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Giornata Mondiale del Cervello 2023

Giornata mondiale del cervello

Nella Giornata Mondiale del Cervello 2023, intervistiamo i nostri partner di ricerca: Sabrina Venditti del Dipartimento di Biologia e biotecnologie, Sapienza Università di Roma, Loredana Verdone e Micaela Caserta, dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Insieme, rappresentate il team che si è occupato della ricerca molecolare nella collaborazione con l’istituto RINED di Fondazione Patrizio Paoletti realizzata negli ultimi anni riguardo la tecnica di “mindful movement” chiamata QMT-Quadrato Motor Training. Avete recentemente pubblicato nell’ambito degli studi di epigenetica alcuni risultati significativi relativi a questa ricerca. Potete dirci, dal vostro punto di vista di specialiste, qual è il valore più importante di questa tecnica per la ricerca?

La nostra collaborazione con l’istituto RINED e la Fondazione Patrizio Paoletti è attiva ormai da circa dodici anni e possiamo dire che siamo soddisfatte degli interessanti risultati molecolari che abbiamo ottenuto lavorando con uno strumento così efficace come il Quadrato Motor Training. Come gruppo di ricerca ci eravamo occupate per molto tempo di epigenetica, quella branca della scienza che si occupa di studiare come fattori ambientali di vario tipo possano interagire con il genoma (la collezione di geni di cui ogni organismo è dotato) influenzandone il funzionamento.

Gli studi di epigenetica negli ultimi 30 anni hanno portato alla luce innumerevoli meccanismi molecolari che vengono innescati da fattori micro- e macro-ambientali (diciamo dalla composizione del materiale extracellulare fino alle sostanze presenti nell’aria che respiriamo) che portano all’attivazione differenziale di molti set di geni. Tra questi meccanismi uno dei più rilevanti è la metilazione del DNA, che consiste in una modificazione chimica a carico delle citosine (una delle quattro basi azotate che compongono la catena del DNA) che acquisiscono un cosiddetto gruppo metile.

Si tratta di una modificazione fondamentale per il funzionamento di molti geni la cui attivazione o disattivazione può dipendere dalla presenza o meno di questi gruppi metile sulle citosine. La metilazione del DNA è strettamente legata a segnali che vengono dall’esterno del genoma. Una delle scoperte più interessanti nell’ambito dell’epigenetica è il fatto che anche fattori comportamentali, come le cure parentali, l’educazione e l’ambiente emotivo possono avere importati effetti epigenetici sull’organismo, in particolare tramite variazioni dei livelli di metilazione del DNA.

Se è vero che in passato moltissimi studi si erano concentrati prevalentemente sugli effetti negativi dell’ambiente sul genoma (pensiamo ad esempio alla cattiva alimentazione, all’inquinamento ambientale eccetera) pochissimi studi si chiedevano in che modo l’esposizione a fattori positivi potesse avere effetti epigenetici rilevanti e potenzialmente benefici sulla salute dell’individuo. Questa domanda è stata quella che ci ha spinto ad iniziare lo studio molecolare del QMT, una pratica che nella sua semplicità permette all’individuo di potenziare le funzioni cognitive e di armonizzare l’interazione tra corpo e mente, come gli studi dell’istituto RINED avevano già messo in luce con le analisi elettrofisiologiche e le indagini cognitive. Ciò che il lavoro sul QMT ci ha permesso di realizzare è uno studio interdisciplinare integrato tra aspetti neuroscientifici, elettrofisiologici e molecolari, che potremmo considerare quasi unico nel suo genere.

Relativamente agli aspetti epigenetici, i nostri risultati più recenti (che sono in fase di valutazione finale presso la rivista scientifica PlOs One) ci hanno permesso di riscontrare variazioni dei livelli della metilazione del DNA in soggetti che hanno praticato il QMT per otto settimane. Queste modificazioni interessano aree del genoma che svolgono funzioni di diverso tipo. Ad esempio, abbiamo riscontrato un’intensificazione di una particolare combinazione di citosine metilate, nota per stimolare l’espressione genica, su geni molto importanti che codificano l’RNA ribosomiale, a sua volta legato alla sintesi proteica cellulare. Un’altra variazione importante che abbiamo riscontrato è l’aumento della metilazione su porzioni del genoma (gli elementi LINE-1) che, in caso di eccessiva demetilazione, potrebbero causare instabilità genomica, un fenomeno che comporta l’aumento di mutazioni e che generalmente è responsabile dell’insorgenza di varie patologie.

Per il momento i nostri risultati epigenetici sono ancora preliminari ma ci incoraggiano a immaginare uno scenario che senz’altro approfondiremo in cui la pratica di un training basato su mindful movement come il QMT può avere effetti positivi globali e integrati sull’organismo dei soggetti che si esercitano con una certa costanza.

In occasione dell’International Brain Day 2023 Fondazione Patrizio Paoletti sta dedicando un focus speciale alla relazione tra cervello e processi educativi, volete darci un contributo su questo tema? Pensate che bisognerebbe educare maggiormente a conoscere il cervello umano e il suo funzionamento?

Le nostre precedenti analisi ci hanno permesso di rilevare variazioni negli importanti fattori neurotrofici BDNF e NGF, fondamentali per la neuroplasticità e la sinaptogenesi, in correlazione sia con l’aumento di connessioni inter- ed intra-emisferiche rilevate con risonanza magnetica (Ben-Soussan et al., Synapse 2015) sia con l’incremento delle capacità cognitive e la creatività in adulti e bambini (Venditti et al., BMRI, 2015). Questi risultati indubbiamente ci dicono quanto sia importante la pratica di un allenamento che partendo dal potenziamento dell’interazione tra il livello cognitivo e il livello fisico-motorio può esercitare un’influenza rilevante sulle funzioni più complesse come la creatività, il pensiero astratto e il problem solving. Senz’altro l’aspetto vincente di questo studio è – come abbiamo già detto – l’interdisciplinarietà che ci permette di comprendere i meccanismi molecolari alla base degli effetti comportamentali e cognitivi più macroscopici esercitati dal QMT.

Più conosciamo il cervello, i suoi meccanismi fisiologici e molecolari, più possiamo sperare di trovare soluzioni per quelle che sono al giorno d’oggi tra le patologie cerebrali più diffuse, cioè le patologie neurodegenerative. Una delle nostre osservazioni più recenti (Verdone et al., Prog. Brain Res., 2015) riguarda una significativa diminuzione della citochina pro-infiammatoria IL-1beta, una delle principali responsabili dei processi infiammatori e neuro-infiammatori alla base di molte patologie, tra cui quelle neurodegenerative.

A questo punto la naturale evoluzione del nostro studio ci sembra quella di applicare la pratica del QMT a una delle patologie più insidiose del nostro tempo, il morbo di Parkinson. Si tratta di un progetto che inizierà a settembre 2023, in collaborazione con il prof. Carlo Quattrocchi dell’Università di Trento, in cui potremo integrare analisi molecolari ed epigenetiche con osservazioni di risonanza magnetica su pazienti scelti con una diagnosi precoce. Poiché sappiamo che il trattamento farmacologico del Parkinson tende a perdere efficacia nel tempo, ciò che speriamo è di poter utilizzare il QMT come strumento complementare utile a rallentare/ritardare l’evoluzione dei sintomi.

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