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Salute mentale

Disturbo schizotipico di personalità

Il disturbo schizotipico di personalità: tra realtà e percezione alterata

Il disturbo schizotipico di personalità è una condizione psicologica piuttosto complessa, che si trova a metà strada tra la normalità e i disturbi mentali più gravi. Non si tratta di una forma di psicosi vera e propria, ma di un modo particolare – e spesso problematico – di percepire sé stessi, gli altri e il mondo. Chi soffre di questo disturbo mostra spesso:

  • Difficoltà nei rapporti sociali, accompagnate da disagio e sospettosità
  • Pensieri insoliti o magici, come credere di avere poteri speciali o intuizioni particolari
  • Esperienze percettive alterate, che possono somigliare ad allucinazioni leggere (come avere la sensazione di essere osservati)
  • Comportamenti eccentrici o bizzarri, sia nel modo di parlare che nell’aspetto o nello stile di vita

Il disturbo tende a manifestarsi nella prima età adulta e colpisce circa l’1-4% della popolazione. Non è una condizione molto comune, ma nemmeno rarissima. Pur mantenendo in genere un contatto con la realtà – cosa che distingue il disturbo schizotipico dalla schizofrenia – le persone con questo disturbo possono presentare un certo grado di vulnerabilità.

In alcuni casi, infatti, può rappresentare un terreno di rischio per lo sviluppo futuro di disturbi più gravi appartenenti allo spettro schizofrenico. Identificare precocemente i segnali di questo disturbo può fare una grande differenza. Una diagnosi tempestiva permette di attivare interventi terapeutici mirati, che aiutano la persona a migliorare la qualità della propria vita e a ridurre il rischio di un peggioramento clinico.

Come si manifesta questo enigmatico disturbo della personalità?

I sintomi del disturbo schizotipico di personalità sono molteplici e articolati, ma possono essere suddivisi in tre grandi gruppi, che insieme ne definiscono il quadro clinico complessivo:

  • Distorsioni cognitive e percettive

Questo è forse l’aspetto più distintivo del disturbo. Chi ne soffre può vivere esperienze sensoriali insolite, come la sensazione che parti del proprio corpo si stiano trasformando, o una percezione alterata dell’ambiente circostante. Spesso si manifestano episodi di derealizzazione, in cui il mondo appare strano, distante, quasi irreale. Alcune persone raccontano di sentire voci che sussurrano il loro nome o di percepire presenze invisibili: esperienze che non raggiungono la soglia dell’allucinazione vera e propria, ma che comunque generano un forte disagio e interferiscono con la vita quotidiana.

  • Ideazione e comportamenti eccentrici

Chi presenta questo tipo di sintomi può avere convinzioni insolite, come credere di possedere poteri telepatici o di poter influenzare gli eventi con il pensiero. Il comportamento risulta spesso fuori dagli schemi: abiti stravaganti, gesti ripetitivi, rituali superstiziosi che la persona considera necessari per evitare eventi negativi. Pur non arrivando mai alla convinzione delirante, chi ne soffre mantiene solo in parte la consapevolezza dell’insolita natura di questi pensieri e atteggiamenti.

  • Compromissione interpersonale

Le difficoltà nelle relazioni rappresentano un nucleo centrale del disturbo. L’ansia sociale è costante e non migliora con il tempo o la confidenza. È spesso accompagnata da sospettosità e interpretazioni paranoiche delle intenzioni altrui. Le relazioni strette sono rare e, quando esistono, sono segnate da un’alternanza tra dipendenza emotiva e chiusura. Questo schema di isolamento tende a rinforzare i sintomi, riducendo ulteriormente le possibilità di crescita personale e sociale.

Quali sono le radici neurobiologiche di questa complessa condizione?

La comprensione delle basi neurobiologiche del disturbo schizotipico ha fatto significativi progressi negli ultimi decenni, rivelando un quadro complesso di alterazioni strutturali e funzionali del sistema nervoso centrale:

  • Alterazioni anatomiche cerebrali. Gli studi di neuroimaging hanno identificato anomalie strutturali specifiche, particolarmente evidenti nelle regioni frontali e temporali. La corteccia prefrontale – la parte del cervello coinvolta nel pensiero razionale e nelle relazioni sociali – risulta meno sviluppata del normale. Questo può spiegare le difficoltà nel prendere decisioni, gestire le emozioni e capire il comportamento degli altri. L’ippocampo e l’amigdala mostrano alterazioni morfologiche che spiegano i deficit di memoria e le difficoltà nella gestione delle emozioni. Le connessioni tra diverse aree cerebrali appaiono compromesse, determinando una disintegrazione funzionale che si traduce nei sintomi caratteristici del disturbo.
  • Squilibri nei sistemi neurochimici. Nel disturbo schizotipico di personalità si osservano alterazioni nei principali sistemi che regolano la comunicazione tra le cellule nervose. In particolare, il sistema della dopamina, che ha un ruolo centrale nella percezione della realtà e nella motivazione sociale, mostra alcune irregolarità: i recettori dopaminergici in certe aree del cervello funzionano in modo anomalo e possono contribuire a esperienze sensoriali insolite. Anche il sistema della serotonina è coinvolto, soprattutto per quanto riguarda le distorsioni del pensiero e il tono dell’umore, spesso basso o instabile in chi soffre del disturbo. Infine, il sistema del GABA, che normalmente aiuta a mantenere un equilibrio tra stimolazione e inibizione nel cervello, può risultare compromesso, facilitando così la comparsa di sintomi simili a quelli psicotici, anche se meno intensi.
  • Correlati genetici ed epigenetici: La ricerca genetica ha scoperto che alcune varianti del DNA, chiamate “loci di suscettibilità”, sono presenti sia nel disturbo schizotipico di personalità che nella schizofrenia. Questo suggerisce che le due condizioni potrebbero avere una base genetica in comune, cioè condividere alcuni fattori ereditari che aumentano il rischio di svilupparle. Anche l’ambiente in cui si cresce gioca un ruolo importante. Esperienze stressanti vissute nei primi anni di vita – come traumi, trascuratezza o instabilità familiare – possono influenzare il modo in cui alcuni geni “si attivano” o “si spengono”. Questo meccanismo, noto come epigenetica, contribuisce a modellare il modo in cui il disturbo si manifesta nella persona. Gli studi sui gemelli indicano un’ereditabilità del 60-80%, sottolineando l’importante componente genetica pur non trascurando l’influenza ambientale nel determinare l’espressione e la severità del disturbo.

Perché questo disturbo viene spesso confuso con altre condizioni psichiatriche?

Capire se una persona soffre di disturbo schizotipico di personalità non è semplice. I suoi sintomi si sovrappongono infatti a quelli di altri disturbi psicologici, rendendo la diagnosi un compito delicato e complesso per gli specialisti.

Uno dei confronti più difficili è quello con la schizofrenia. Nella schizofrenia, i sintomi psicotici – come le allucinazioni o i deliri – sono evidenti e compromettono gravemente la capacità di vivere normalmente. Nel disturbo schizotipico, invece, questi sintomi sono più lievi e non superano mai del tutto il confine con la realtà. Un esempio tipico riguarda le credenze magiche: chi ha un disturbo schizotipico può pensare di avere poteri particolari, ma in genere conserva qualche dubbio; al contrario, chi è affetto da schizofrenia è convinto in modo assoluto e incontestabile.

Anche il disturbo borderline di personalità presenta alcune somiglianze, soprattutto nella difficoltà a gestire le relazioni. Tuttavia, mentre nel borderline prevalgono la paura dell’abbandono e i comportamenti impulsivi, nel disturbo schizotipico emergono ansia sociale e una tendenza all’isolamento.

Un’altra possibile confusione può sorgere con la fobia sociale, poiché entrambe le condizioni portano a evitare gli altri. Ma mentre nella fobia sociale si tratta per lo più di timidezza e paura del giudizio, nel disturbo schizotipico si aggiunge una componente di sospettosità e diffidenza verso le intenzioni altrui.

Infine, anche il disturbo dello spettro autistico può sembrare simile per via delle difficoltà nei rapporti sociali e di certi comportamenti ripetitivi o ritualistici. Tuttavia, l’autismo è legato a modi di sviluppo specifici e a interessi molto ristretti, mentre nel disturbo schizotipico compaiono soprattutto esperienze percettive insolite e credenze strane. Questa complessità rende indispensabile una valutazione clinica accurata, spesso con l’aiuto di un’équipe multidisciplinare, per arrivare a una diagnosi corretta e personalizzata.

Quali strategie terapeutiche si sono dimostrate più efficaci?

L’approccio terapeutico al disturbo schizotipico di personalità richiede una strategia integrata e personalizzata, considerando la complessità e la persistenza dei sintomi:

  • Interventi psicoterapeutici. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è spesso considerata il trattamento di prima scelta per il disturbo schizotipico di personalità. Questo approccio aiuta a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali e a potenziare le competenze sociali. Tra le tecniche più utilizzate troviamo il monitoraggio dei pensieri automatici, la ristrutturazione delle credenze magiche (ossia imparare a metterle in discussione) e l’esposizione graduale alle situazioni sociali che generano ansia.
  • La terapia dialettico-comportamentale (DBT) si è dimostrata utile soprattutto quando sono presenti instabilità emotiva o comportamenti autolesionistici, aiutando la persona a gestire meglio le emozioni intense. Infine, gli approcci psicodinamici possono offrire un contributo importante per comprendere i modelli relazionali problematici e aumentare la consapevolezza di sé (insight). Tuttavia, in questi casi è necessario un lavoro molto attento, perché le interpretazioni simboliche possono risultare difficili da gestire per chi ha una particolare vulnerabilità psicologica.
  • Sebbene non esistano farmaci specifici per il disturbo schizotipico, diversi psicofarmaci possono alleviarne i sintomi. Gli antipsicotici atipici a basso dosaggio possono ridurre le esperienze percettive insolite e l’ideazione paranoide senza indurre effetti collaterali severi. Gli antidepressivi SSRI sono utili per trattare i sintomi ansiosi e depressivi. Gli stabilizzatori dell’umore possono essere considerati in caso di forte instabilità emotiva. L’approccio farmacologico deve essere sempre individualizzato e attentamente monitorato per ottimizzare il rapporto beneficio-rischio.
  • Interventi psicosociali e riabilitativi. Oltre alla psicoterapia individuale, sono molto importanti anche gli interventi che puntano al reinserimento sociale e al miglioramento della qualità della vita. I programmi di riabilitazione sociale aiutano la persona a sviluppare competenze utili nei rapporti con gli altri e nel mondo del lavoro. Ad esempio, il training delle abilità sociali, che include esercizi pratici e giochi di ruolo (role-playing), è particolarmente efficace per ridurre l’isolamento e imparare a gestire meglio le situazioni quotidiane. Anche il coinvolgimento della famiglia è fondamentale. Gli interventi psicoeducativi familiari servono a informare i familiari sui sintomi del disturbo e a fornire strumenti concreti per affrontarli. Questo riduce la tensione in casa e migliora il clima affettivo, favorendo il benessere di tutti. Infine, i gruppi di supporto offrono un importante spazio di condivisione con altre persone che vivono situazioni simili. In questo modo si riduce il senso di solitudine e si imparano strategie di coping (cioè di gestione) più efficaci e positive.

Quale impatto ha questo disturbo sulla vita quotidiana e sociale?

Il disturbo schizotipico di personalità influisce in modo profondo su molti aspetti della vita. In ambito lavorativo, chi ne soffre può avere difficoltà a concentrarsi, fraintendere i comportamenti dei colleghi e faticare a mantenere relazioni professionali stabili. Commenti neutri di un supervisore, ad esempio, possono essere percepiti come critiche personali, generando chiusura o reazioni difensive che compromettono il rendimento.

Anche le relazioni affettive sono spesso instabili: il bisogno di vicinanza si alterna alla paura di essere giudicati o feriti, con conseguenti episodi di gelosia o sospetti infondati. A livello sociale, l’incapacità di leggere correttamente segnali e intenzioni altrui può generare malintesi e isolamento, mentre i comportamenti eccentrici possono portare a esclusione e stigma. Tutto ciò riduce significativamente la qualità della vita, aumentando il disagio psicologico e le difficoltà pratiche. Per questo è essenziale offrire interventi mirati e un adeguato supporto sociale, con l’obiettivo di migliorare il benessere e promuovere l’autonomia delle persone che vivono con questo disturbo.

    Non temere mai di chiedere aiuto!

    Tutti i contenuti di divulgazione scientifica di Fondazione Patrizio Paoletti sono elaborati dalla nostra équipe interdisciplinare e non sostituiscono in alcun modo un intervento medico specialistico. Se pensi che tu o qualcuno a te vicino abbia bisogno dell'aiuto di un professionista della salute mentale, non esitare a rivolgerti ai centri territoriali e agli specialisti.

 

Bibliografia
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Sitografia
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  • https://www.psychologytoday.com/us/conditions/schizotypal-personality-disorder Consultato a luglio 2025

  • https://www.msdmanuals.com/it/casa/disturbi-di-salute-mentale/disturbi-della-personalit%C3%A0/disturbo-schizotipico-di-personalit%C3%A0 Consultato a luglio 2025

  • https://www.unobravo.com/post/disturbo-schizotipico-personalita Consultato a luglio 2025

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