C’è una guerra nascosta in Brasile
Ripartiamo dall’educazione
Fondazione Paoletti, in collaborazione con New Life for Children, realizza dal 20 al 22 aprile un nuovo intervento formativo in Brasile presso l’Università Flumense di Rio das Ostras.
Voluto fortemente e patrocinato dall’Ordine degli Avvocati dello Stato Rio das Ostras, il seminario in Pedagogia per il terzo millennioPedagogia per il Terzo Millennio (PTM) è un metodo interdis... Leggi ha l’obiettivo di fornire nuovi strumenti educativi a educatori, insegnanti, genitori sociali, psicologi, avvocati che ogni giorno lavorano per seminare un futuro diverso per il Brasile.
BRASILE, RIPARTIAMO DA QUI
A cura di Antonia Ori
Gli assalti armati sono all’ordine del giorno. Avvengono nel cuoreIl cuore è un organo fondamentale per la vita, responsabile... Leggi delle città, quando le strade sono ancora piene di gente. Rapine, aggressioni, sparatorie, ma anche esecuzioni di personaggi scomodi. Il Brasile non è in guerra, ma i suoi numeri una guerra – costante, non dichiarata – ce la fanno immaginare: 160 omicidi al giorno, uno ogni nove minuti. Statistiche che fanno impallidire perfino quelle del sanguinoso conflitto in Siria, e che collocano il paese all’undicesimo posto nel ranking mondiale degli assassinii. Morti violente e intenzionali, nonostante gli oltre 76 miliardi di real spesi per l’ordine pubblico e il discutibile decreto che, 30 anni dopo la fine della dittatura, affida la gestione della sicurezza all’esercito, spesso e volentieri autore in primis (assieme ai corpi di polizia) di episodi di violenza. Secondo un rapporto dell’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu, la polizia brasiliana sarebbe responsabile dell’uccisione in media di 5 persone al giorno, in massima parte afrobrasiliani. Episodi come quelli denunciati dall’attivista per i diritti umani Marielle Franco, crivellata di colpi assieme al suo autista nel pieno centro di Rio De Janeiro dopo aver denunciato l’operato della polizia militare nella favela di Acari: minacce, stupri, omicidi. “Dobbiamo gridare al mondo cosa succede ad Acari” scriveva Marielle.
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