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Educazione

Prosocialità

Cos’è esattamente la prosocialità?

La prosocialità rappresenta un concetto fondamentale nella psicologia sociale che descrive comportamenti volontari finalizzati a beneficiare altre persone o la comunità nel suo complesso. Si tratta di un costrutto complesso che va oltre il semplice altruismo, abbracciando una gamma di azioni che manifestano empatia, cooperazione e supporto reciproco. Un esempio eloquente può essere quello di un cittadino che si ferma ad aiutare uno sconosciuto in difficoltà, donando il proprio tempo e le proprie energie senza aspettarsi necessariamente una ricompensa diretta. La prosocialità si colloca all’intersezione tra motivazioni individuali e dinamiche sociali, rappresentando un meccanismo evolutivo che ha permesso agli esseri umani di sviluppare legami comunitari profondi e sistemi di mutuo soccorso. Lungi dall’essere un comportamento puramente istintivo, la prosocialità richiede una sofisticata capacità di comprensione emozionale e una consapevole volontà di agire per il benessere collettivo.

Quali sono le principali forme di comportamento prosociale?

Le manifestazioni della prosocialità sono molteplici e articolate:

  • Aiuto diretto: interventi immediati e concreti verso individui in situazioni di necessità. Ad esempio, soccorrere qualcuno che ha avuto un malore in strada o assistere una persona anziana nel trasportare la spesa.
  • Donazione: contributi materiali o economici finalizzati al supporto di cause sociali, come donazioni di sangue, sostegno a organizzazioni no-profit o raccolta fondi per progetti umanitari.
  • Volontariato: impegno gratuito e spontaneo in attività che generano benefici per la comunità. Si pensi ai volontari della protezione civile durante le emergenze ambientali o a coloro che dedicano tempo alle associazioni di assistenza sociale.
  • Condivisione delle risorse: messa a disposizione di beni, competenze o opportunità a beneficio di altri. Un esempio può essere un professionista che offre consulenze gratuite a giovani in difficoltà occupazionale.
  • Supporto emotivo: capacità di ascoltare, consolare e sostenere psicologicamente persone che attraversano momenti di crisi o disagio, dimostrando empatia e vicinanza.

Perché gli esseri umani sviluppano comportamenti prosociali?

Le radici evolutive della prosocialità affondano in un meccanismo di sopravvivenza collettiva che ha profondamente plasmato l’evoluzione delle specie umane. Sin dai primi insediamenti preistorici, la capacità di cooperare e supportarsi reciprocamente ha rappresentato molto più di un semplice vantaggio selettivo: era una vera e propria strategia di sopravvivenza. Le comunità primitive che sviluppavano sistemi di mutuo soccorso, divisione del lavoro e condivisione delle risorse avevano significativamente più probabilità di superare periodi di carestia, minacce predatorie e sfide ambientali estreme.

I meccanismi neurobiologici sottesi a questi comportamenti prosociali coinvolgono sistemi complessi di interazione neuronale che vanno ben oltre la semplice trasmissione di segnali cerebrali. L’ossitocina, spesso chiamata l'”ormone dell’abbraccio”, svolge un ruolo cruciale in questo contesto. Questo neurotrasmettitore non solo facilita sentimenti di fiducia e attaccamento, ma attiva circuiti neurali che promuovono l’empatia, riducono lo stress e incoraggiano comportamenti di cura e condivisione.

Le ricerche scientifiche più avanzate dimostrano come la prosocialità sia il risultato di un’interazione dinamica e complessa tra molteplici fattori. I nostri geni non determinano semplicemente una predisposizione, ma creano una sorta di “terreno fertile” su cui le esperienze formative, i contesti culturali e le dinamiche psicologiche individuali possono innestare comportamenti prosociali. Un bambino che cresce in un ambiente caratterizzato da modelli relazionali empatici, dove la cura dell’altro viene costantemente valorizzata e praticata, svilupperà connessioni neurali che favoriscono naturalmente la cooperazione e la comprensione reciproca.

Questo significa che la prosocialità non è un tratto statico, ma una competenza evolutiva estremamente plastica. Essa può essere costantemente appresa, rafforzata e stimolata attraverso esperienze significative di condivisione, pratiche educative mirate e contesti sociali che promuovono la comprensione empatica. La neuroplasticità cerebrale ci dimostra che ogni relazione, ogni atto di supporto, ogni momento di autentica connessione umana può letteralmente rimodellare i nostri circuiti neurali, potenziando la nostra capacità di agire in modo prosociale.

Un esempio emblematico di questa plasticità lo possiamo riscontrare nelle comunità che hanno vissuto esperienze traumatiche: spesso, proprio dalla necessità di ricostruire legami e supporto reciproco, nascono comportamenti prosociali straordinariamente profondi e trasformativi. La prosocialità diventa così non solo un meccanismo di sopravvivenza, ma un vero e proprio strumento di resilienza collettiva, capace di trasformare le ferite sociali in opportunità di rigenerazione comunitaria.

Quali sono le principali differenze tra prosocialità e altruismo?

Sebbene spesso utilizzati come sinonimi, prosocialità e altruismo presentano significative distinzioni:

  • Motivazione: l’altruismo implica un’azione completamente disinteressata, mentre la prosocialità può includere anche benefici personali indiretti, come il miglioramento del proprio status sociale o il rafforzamento di legami relazionali.
  • Intenzionalità: l’altruismo richiede una motivazione esplicitamente orientata al benessere altrui, mentre la prosocialità può nascere anche da impulsi più complessi e sfaccettati, che non escludono una componente di reciprocità.
  • Estensione: l’altruismo tende a essere più circoscritto e personale, mentre la prosocialità abbraccia una dimensione più ampia, includendo azioni a beneficio di gruppi, comunità e sistemi sociali più articolati.
  • Consapevolezza: l’azione altruistica presuppone una chiara consapevolezza dell’atto di donazione, mentre i comportamenti prosociali possono svilupparsi anche in modo più spontaneo e meno riflesso.
  • Contesto: l’altruismo è più facilmente riconducibile a singoli episodi, mentre la prosocialità rappresenta un approccio più sistemico e strutturale alle relazioni sociali.

Come si può promuovere e sviluppare la prosocialità?

Lo sviluppo della prosocialità richiede un approccio multidimensionale che coinvolge famiglia, istituzioni educative, comunità e singoli individui. L’educazione rappresenta la chiave principale: sin dall’infanzia è fondamentale promuovere modelli che valorizzino l’empatia, il rispetto e la cooperazione. Le scuole possono implementare programmi che incoraggino attività di gruppo, progetti di volontariato e riflessioni sulle dinamiche relazionali. I genitori svolgono un ruolo cruciale nel trasmettere valori prosociali attraverso comportamenti esemplari e conversazioni che stimolino la comprensione emotiva. Le comunità possono creare occasioni di incontro e collaborazione, mentre le tecnologie digitali offrono nuove opportunità di connessione e supporto reciproco. La formazione continua, la pratica dell’ascolto attivo e la coltivazione dell’intelligenza emotiva rappresentano strategie efficaci per rafforzare disposizioni prosociali lungo tutto l’arco della vita.

Bibliografia
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Sitografia
  • https://www.onap-profiling.org/comportamento-prosociale/ Consultato a novembre 2024
  • https://link.springer.com/article/10.1007/s10902-022-00526-1 Consultato a novembre 2024
  • https://www.behaviourworksaustralia.org/blog/what-is-prosociality Consultato a novembre 2024
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