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Educazione

Infodemia

Qual è la definizione e quali sono le origini dell’infodemia?

L’infodemia è un fenomeno caratterizzato dalla rapida e massiccia diffusione di informazioni, sia accurate che inaccurate, su un determinato tema, che rende difficile per le persone identificare fonti affidabili e orientarsi correttamente. Il termine, coniato unendo le parole “informazione” ed “epidemia”, è stato utilizzato per la prima volta nel 2003 dal giornalista David J. Rothkopf in un articolo del Washington Post, ma ha guadagnato particolare rilevanza durante la pandemia di COVID-19. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’infodemia come “un’abbondanza eccessiva di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”. Questo sovraccarico informativo può portare a confusione, ansia e comportamenti potenzialmente dannosi, influenzando negativamente la salute pubblica, l’economia e il tessuto sociale.

In che modo si propagano e si amplificano le informazioni?

L’infodemia si propaga attraverso molteplici canali, ma trova terreno particolarmente fertile nell’ecosistema digitale e nei social media. La viralità dei contenuti online, la rapidità di condivisione e l’assenza di filtri editoriali tradizionali contribuiscono alla sua diffusione esponenziale. Gli algoritmi delle piattaforme social, progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, tendono a favorire contenuti emotivamente carichi o controversi, amplificando ulteriormente il fenomeno.

La tendenza umana alla conferma dei propri bias (pregiudizi) cognitivi porta le persone a condividere informazioni che confermano le proprie convinzioni, creando “camere dell’eco” dove le stesse idee circolano e si rafforzano. Inoltre, l’anonimato online e la facilità di creazione di account falsi permettono la proliferazione di bot (programmi informatici che eseguono compiti automatizzati su internet) e troll (persone reali che pubblicano deliberatamente contenuti provocatori o offensivi online): questo contribuisce a diffondere disinformazione su larga scala. La complessità e l’interconnessione delle reti sociali digitali rendono difficile tracciare l’origine delle informazioni e valutarne l’affidabilità, contribuendo alla sensazione di sovra-informazione e confusione tipica dell’infodemia.

Quali sono gli impatti sulla società e sulla salute pubblica?

L’infodemia ha conseguenze significative su diversi aspetti della vita sociale e individuale. In ambito sanitario, può portare a comportamenti rischiosi, come l’automedicazione basata su informazioni non verificate o il rifiuto di misure preventive efficaci. Sul piano psicologico, l’esposizione costante a un flusso incontrollato di informazioni può generare stress, ansia e un senso di impotenza, compromettendo il benessere mentale. A livello sociale, l’infodemia può esacerbare divisioni e polarizzazioni, minando la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni. Economicamente, la diffusione di informazioni false o distorte può influenzare i mercati finanziari, causare panico tra i consumatori e danneggiare la reputazione di aziende o interi settori. Inoltre, l’infodemia può minare i processi democratici, influenzando l’opinione pubblica e il comportamento elettorale attraverso la diffusione di notizie false o manipolate.

Quali strategie esistono per contrastare il fenomeno e promuovere l’alfabetizzazione mediatica?

Il contrasto all’infodemia richiede un approccio complesso e variegato, che coinvolge diversi attori sociali e si articola su vari livelli. Al centro di queste strategie si colloca l’alfabetizzazione mediatica e digitale, un pilastro fondamentale per costruire una società resiliente alla disinformazione. L’alfabetizzazione mediatica si configura come un insieme di competenze che permettono agli individui di accedere, analizzare, valutare e creare contenuti mediatici in una varietà di formati. Nel contesto dell’infodemia, questo significa sviluppare le seguenti capacità critiche:

  • Identificare fonti affidabili. Insegnare a valutare la credibilità di una fonte, considerando fattori come l’autorevolezza dell’autore, la reputazione del mezzo di comunicazione e la presenza di peer-review (valutazione tra pari) nel caso di pubblicazioni scientifiche.
  • Riconoscere la disinformazione. Fornire strumenti per individuare segnali di allarme come titoli sensazionalistici, uso di linguaggio emotivo, mancanza di fonti verificabili o date di pubblicazione.
  • Comprendere i meccanismi dei social media. Educare sugli algoritmi di personalizzazione dei contenuti e sulle “camere dell’eco”, incoraggiando ‘una dieta mediatica’ diversificata.
  • Verificare le informazioni. Insegnare tecniche di fact-checking (verifica dei fatti), come la triangolazione delle fonti e l’uso di siti web specializzati nella verifica delle notizie.
  • Sviluppare il pensiero critico. Promuovere l’abitudine di porsi domande, considerare prospettive multiple e sospendere il giudizio in assenza di prove sufficienti.

Quali strategie esistono per contrastare il fenomeno e promuovere l’alfabetizzazione mediatica?

L’implementazione di programmi di alfabetizzazione mediatica dovrebbe avvenire a vari livelli:

  • Nelle scuole: integrando l’educazione ai media nel curriculum scolastico fin dalle elementari, con programmi adatti all’età che evolvono con la crescita degli studenti.
  • Nelle università: offrendo corsi interdisciplinari che combinino competenze di comunicazione, psicologia, informatica e scienze sociali.
  • Nella formazione continua: proponendo workshop e corsi online per adulti, con particolare attenzione alle fasce di popolazione più vulnerabili alla disinformazione.
  • Nelle campagne pubbliche: lanciando iniziative di sensibilizzazione attraverso i media tradizionali e digitali per raggiungere un pubblico più ampio.

Parallelamente all’alfabetizzazione mediatica, altre strategie cruciali includono:

  • Regolamentazione delle piattaforme digitali: implementazione di politiche più stringenti per il contrasto alla disinformazione, bilanciando la libertà di espressione con la responsabilità sociale.
  • Fact-checking potenziato: sviluppo di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale per il rilevamento rapido di notizie false, in collaborazione con esperti umani.
  • Promozione del giornalismo di qualità: sostegno economico e formativo al giornalismo investigativo e scientifico, fondamentale per contrastare la disinformazione con contenuti accurati e approfonditi.
  • Collaborazione internazionale: creazione di reti globali per lo scambio di best practices (pratiche ottimali) e la coordinazione di risposte rapide alle crisi informative.
  • Ricerca interdisciplinare: finanziamento di studi che coinvolgano esperti di comunicazione, psicologi, sociologi e informatici per comprendere meglio la diffusione dell’infodemia e sviluppare contromisure efficaci.

L’efficacia di queste strategie dipende dalla loro integrazione e dalla collaborazione tra istituzioni pubbliche, settore privato, mondo accademico e società civile. L’obiettivo ultimo è creare un ecosistema informativo più sano e resistente, dove i cittadini siano educati a navigare il complesso panorama mediatico contemporaneo. La sfida dell’infodemia richiede un impegno costante e adattivo, poiché le tecnologie e le dinamiche di diffusione dell’informazione evolvono rapidamente. L’alfabetizzazione mediatica, in questo contesto, non è solo un insieme di competenze, ma una mentalità critica e flessibile, essenziale per la partecipazione attiva e consapevole alla società dell’informazione del XXI secolo.

Bibliografia
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Sitografia
  • https://www.who.int/health-topics/infodemic#tab=tab_1 Consultato a luglio 2024
  • https://www.youtube.com/watch?v=ts53aZEwhSI Consultato a luglio 2024
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