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Anche il corpo ricorda

La coscienza incarnata e la memoria somatica, proteica ed epigenetica

Se il nostro cervello conserva le tracce dell’esperienza di vita, anche i nostri organi e le cellule muscolari partecipano all’archivio mnemonico, custodendo frammenti della nostra storia, attraverso la memoria emotiva somatica e quella proteica muscolare, anche tramite meccanismi epigenetici.

La doppia memoria del corpo

La ricerca scientifica sta testimoniando ciò che alcune antiche tradizioni avevano già intuito: anche il corpo ha una memoria, intimamente connessa a quella cerebrale. Quando parliamo di “memoria del corpo”, possiamo intendere principalmente due preziosi “archivi” d’esperienza: la memoria emotiva somatica e quella proteica muscolare.

La memoria emotiva somatica

Questa è una memoria emotiva incarnata: ogni esperienza intensa – felice o dolorosa – lascia un’impronta non solo nei circuiti neurali, ma anche nei tessuti.

Le ricerche in neuroscienze affettive dimostrano che le emozioni più difficili, in particolar modo quelle non elaborate, possono restare trascritte nel nostro corpo, modificando la tensione muscolare, la postura e persino la respirazione. La Teoria Polivagale di Stephen Porges ha approfondito la comprensione di questo fenomeno, mostrando come il sistema nervoso autonomo registra e conserva pattern di risposta allo stress. Una tensione cronica può allora essere il frutto dell’ansia anticipatoria sedimentata, la mandibola sempre serrata può custodire della rabbia inespressa e un diaframma contratto rivelare paure antiche.

La memoria proteica muscolare

La ricerca scientifica recentemente si è concentrata anche sulla memoria cellulare dei muscoli, che sembrano possedere una memoria epigenetica degli stimoli anabolici: sono cioè capaci di “ricordare” i livelli di ipertrofia raggiunti in passato.

Una recente ricerca dell’Università finlandese di Jyväskylä, pubblicata nel maggio 2025 sul Journal of Physiology, ha in particolare dimostrato che l’allenamento di resistenza provoca cambiamenti significativi nelle proteine ​​muscolari. Alcuni di questi persistono anche fino a due mesi e mezzo dopo l’interruzione dell’allenamento, suggerendo l’esistenza di una “memoria proteica” che aiuta i muscoli a recuperare forza e massa più velocemente quando si riprende l’attività fisica. I muscoli, insomma, ricordano l’allenamento pregresso e sono pronti a ricominciare, anche dopo una pausa.

Meccanismi epigenetici e modifiche durature

L’allenamento induce inoltre cambiamenti epigenetici nell’attività di specifici geni, che risultano correlati all’aumento del volume muscolare e spiegano gli effetti del riallenamento.

Si tratta di una sorta di “apprendimento cellulare”: anche se il DNA non cambia nella sua sequenza, si modifica il modo in cui viene letto ed espresso. È una dimostrazione biologica che davvero le esperienze modificano chi siamo, a livello molecolare.

La memoria neuromuscolare: la relazione tra cervello e muscolo

Accanto alla memoria cellulare, possiamo contare anche su quella neuromuscolare. Quando impariamo un movimento – come suonare il pianoforte o eseguire un passo di danza – il cervello crea infatti delle vere e proprie mappe nella corteccia motoria, nei gangli della base e nel cervelletto. Questi circuiti neurali, una volta consolidati, diventano molto stabili.

Per questo motivo, anche dopo molti anni, riusciamo ad andare in bicicletta o a nuotare con relativa facilità, anche se non lo facciamo spesso: perché il cervello archivia le abilità motorie, mentre i muscoli conservano alcune modifiche strutturali, permettendo di recuperare forza e coordinazione più rapidamente rispetto all’apprendimento iniziale.



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Buone notizie per l’allenamento

Poter contare sulla nostra memoria muscolare diventa un vero incentivo all’attività fisica, che è un fattore essenziale per una salute globale, anche se magari non abbiamo tutto il tempo che vorremmo per dedicarvici, perché:

  1. Non si riparte da zero: anche dopo mesi o anni di inattività, chi si è allenato in passato conserva un vantaggio biologico significativo, con maggiori capacità di recupero, rispetto ai principianti.
  2. L’attività premia anche nel tempo: ogni sessione di allenamento crea una modifica nel patrimonio cellulare e anche periodi brevi di attività lasciano tracce benefiche durature.

Naturalmente, anche se possiamo contare sulla memoria muscolare, è fondamentale risvegliarla nel modo corretto, rispettando il nostro corpo e i suoi tempi di recupero, riprendendo sempre con gradualità il movimento, per ridurre il rischio di disagi e infortuni.

Implicazioni pedagogiche

La complessa natura della memoria corporea ha implicazioni profonde anche per una didattica consapevole, che è bene prenda in considerazione che:

  1. Il movimento diventa apprendimento incarnato: ogni esperienza di apprendimento dovrebbe integrare la dimensione corporea. Un bambino che impara la geometria manipolando forme nello spazio incorpora quel sapere in modo molto più profondo e duraturo che studiando semplicemente la teoria.
  2. L’attività fisica precoce è fondamentale: il muscolo infatti conserverà nel DNA questa “memoria di sviluppo”, creando un patrimonio biologico che accompagnerà la persona per tutta la vita.
  3. La memoria somatica partecipa all’apprendimento:  stati corporei di tensione o comfort influenzano direttamente le capacità cognitive. Un’educazione che tenda in considerazione il coinvolgimento del corpo è certamente più efficace.

Memoria del corpo per il benessere psicologico

Divenire consapevoli della memoria e del linguaggio del corpo significa sviluppare un’intelligenza emotiva incarnata e darsi la possibilità anche di leggere i messaggi e segnali che arrivano dal nostro corpo, per poterli abbracciare, comprendere e, quando necessario, anche elaborare con fiducia in un contesto professionale terapeutico.

Nella pratica quotidiana, possiamo certamente dare maggiore attenzione al nostro respiro, che è un processo autonomo e fondamentale sul quale abbiamo un parziale controllo volontario. Lavorare sul respiro, magari praticando tecniche come la Respirazione Quadrata o lo Yoga Pranayama, significa iniziare a dialogare dolcemente con la memoria somatica, modulando anche emozioni e pensieri, un respiro alla volta.

Un linguaggio del corpo consapevole

A volte, spesso senza accorgercene, utilizziamo un linguaggio somatico per esprimere i nostri stati affettivi. Quando diciamo “Mi sento leggero” o “Sento un peso sul cuore”, stiamo descrivendo stati somatici reali, che al contempo influenzano e sono influenzati dalle nostre parole.

Il nostro corpo influisce sul linguaggio, ma anche il nostro linguaggio parla al corpo, perché anche solo pronunciare la parola “correre” attiva leggermente le aree motorie delle gambe o pensare a un abbraccio attiva i circuiti della pressione tattile.

Quindi, lavorare sul corpo può modificare il linguaggio interiore, ma anche scegliere consapevolmente e intenzionalmente il linguaggio interiore – intimo o espresso verbalmente – può modificare la risposta corporea, attraverso questa “simulazione cerebrale”. Cambiare postura può cambiare l’umore e, allo stesso tempo, nominare emozioni o situazioni gradevoli può contribuire a sciogliere una tensione muscolare. Corpo e parola si co-costruiscono continuamente.

La coscienza incarnata

Il nostro corpo resta un mistero, che la scienza studia, svelandone ogni giorno segreti sorprendenti. Il  corpo ricorda sfide e successi, gli allenamenti e i benefici di una sacra pausa rigenerante. Ogni cellula partecipa a un archivio, alla nostra “biblioteca biologica”.

Riconoscere le potenzialità della memoria del corpo significa divenire consapevoli che ogni esperienza corporea contribuisce a riscrivere la percezione del presente e anche il futuroLa plasticità del cervello e la memoria epigenetica dei muscoli ci ricordano che siamo organismi in continua trasformazione ed evoluzione, capaci di costante apprendimento, a tutte le età.

Dare attenzione al nostro corpo – ascoltandolo, educandolo con gentilezza, onorandone la memoria, nutrendolo in modo consapevole – costruisce la nostra salute globale, che è uno stato di benessere completo e integrato, che supera la separazione tra mente e corpo, per abbracciare il concetto di coscienza incarnata: della vita che fa esperienza e si evolve attraverso la materia, in una costante interconnessione fra corpo, mente e ambiente. La coscienza incarnata ci fa riflettere sui segreti che abbiamo scoperto, grazie alla scienza, e su quelli che dobbiamo ancora scoprire, che vanno nella direzione della connessione, dove il benessere è una danza condivisa.

Bibliografia
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Sitografia
  • https://entrevue.fr/it/sante/les-muscles-ne-oublient-pas-une-etude-revele-lexistence-de-la-memoire-proteique/ 
Immagini

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