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La pausa rigenerante per il cervello

L’importanza del riposo

Anche se lo stile di vita moderno e indaffarato lo rende spesso difficile, prendersi una pausa fa stare bene. Il nostro cervello ha bisogno di ricaricare le batterie di tanto in tanto. E ricavare per noi stessi dei momenti in cui “non fare niente” è fondamentale per la nostra salute psicofisica.

Pausa e noia

C’è una differenza tra pausa e noia. La prima attività ci rivitalizza, mentre la seconda è una situazione di disagio, che non ci coinvolge dal punto di vista cognitivo. E durante la quale sentiamo il bisogno di fare qualcos’altro. Distinguere quale delle due stiamo sperimentando è importante: aiuta a non riempire il tempo con attività facili ma poco stimolanti (come per esempio usare lo smartphone per scorrere reel e post sui social media) solo per tenerci impegnati. Una vera pausa rigenerante richiede concentrazione sull’ambiente circostante e riposo fisico, ed assomiglia molto alla meditazione di tipo Mindfulness di cui abbiamo spesso parlato.

Cosa fa un cervello a riposo

Essendo l’organo che consuma più energia nel corpo umano (oltre il 20% del totale), il cervello non è mai veramente “inattivo” anche quando non è impegnato durante una particolare attività. Quando stiamo facendo qualcosa, aree specifiche del cervello incrementano la loro attivazione in base all’attività, come si evince da studi di risonanza magnetica. Ma ci sono aree che non solo rimangono attive anche quando non si fa nulla, ma che sono più attive proprio quando non siamo impegnati in un compito che richiede impegno o attenzione.

Scoperto alla fine degli anni 90, questo insieme di aree (che comprende la corteccia cingolata posteriore,  la corteccia prefrontale, il precuneo e la circonvoluzione angolare) è stato battezzato default mode network, o condizione di default del cervello. Quando siamo svegli ma a riposo, quando fantastichiamo e lasciamo vagare la nostra mente, le aree del default mode network dialogano incessantemente tra loro. Non si tratta di mero “rumore di fondo” cerebrale. Recenti studi dell’Università di Tel Aviv hanno collegato il network al pensiero creativo, e disfunzioni del network sono state associate anche a malattie mentali o neurodivergenze come autismo, deficit dell’attenzione, epilessia, ansia, depressione e altro.

 


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I benefici delle pause brevi

Fare nulla di tanto in tanto, non solo è necessario ma anche benefico. Alcuni studi suggeriscono che pause brevi ma frequenti siano il metodo più efficace per ricaricare le proverbiali batterie cerebrali senza scivolare nella noia. Uno studio pubblicato sulla rivista Cognition ha mostrato come partecipanti che avevano fatto pause regolari di 10 minuti durante lo svolgimento di un compito erano più concentrati e ottenevano risultati migliori rispetto a chi invece lo svolgeva in maniera ininterrotta.

Specialmente durante le giornate di lavoro più lunghe, brevi pause regolari (10 minuti circa ogni ora) riducono la fatica e migliorano l’umore, come emerso da un’analisi di studi sull’argomento pubblicata su PLoS One. Imparare a dosare queste “micro-pause” dovrebbe far parte della pianificazione della propria giornata. Ma è importante che siano pause vere e proprie, di totale inattività, e non semplici momenti di distrazione in cui ci dedichiamo ad altro. Anche se ci offrono gratificazione dopaminica immediata, non stiamo facendo altro che offrire ulteriori stimoli a un cervello che ha bisogno di non averne alcuno. Momenti come questo non ricaricano davvero le nostre energie mentali e fisiche, e la nostra produttività non ne beneficia.

Gli effetti della stanchezza cronica

Riposarsi spesso è importante, perché gli effetti della continua attività non sono affatto da sottovalutare. Un’indagine del 2022 compiuta dall’Università Svizzera di Losanna ha evidenziato come una persona su cinque soffra di astenia, una condizione in cui ci si sente perennemente a corto di energie fisiche e mentali e che non scompare dopo aver riposato. Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal ed effettuato su 3000 partecipanti dai 45 anni in su, ha analizzato le possibili cause di questa stanchezza diffusa e persistente. Tra queste ci sono disturbi su base organica (ipertiroidismo e diabete), altre sono legate allo stile di vita (eccesso di peso, scarsa qualità e durata del sonno). Altre ancora dipendono dallo stato di salute mentale (ansia e depressione).

Quando l’astenia è particolarmente grave, invalidante e di lunga durata, si parla di una vera e propria sindrome da stanchezza cronica, anche detta encefalomielite mialgica o sindrome da affaticamento cronico. Si stima che questa colpisca l’1.3% degli adulti, secondo il National Center for Health Statistics. Ma a sentirsi stanco la maggior parte del tempo al lavoro è il 36% della Generazione Z e il 30% dei Millennials, secondo una ricerca di Deloitte.

La quantità di cortisolo, ormone associato allo stress, è superiore nelle persone affette da stanchezza cronica. Un suo eccesso può causare a lungo andare una riduzione delle dimensioni del cervello, con conseguenze negative in termini cognitivi. Di fronte a tutte queste possibili cause per un problema così diffuso, prendersi il tempo per ricaricarsi è a maggior ragione importante. E lo si può fare partendo da piccole e frequenti pause durante tutta la giornata.

 

 

Bibliografia
  • Ben Shofty et al, (2022), The default network is causally linked to creative thinking, Molecular Psychiatry volume 27, pg 1848–1854, https://doi.org/10.1038/s41380-021-01403-8
  • Samantha J. Broyd et al, (2009), Default-mode brain dysfunction in mental disorders: A systematic review, Neuroscience & Biobehavioral Reviews, Volume 33, Issue 3, Pg 279-296
  • Patricia Albulescu et al, (2022), “Give me a break!” A systematic review and meta-analysis on the efficacy of micro-breaks for increasing well-being and performance, PLoS One (8):e0272460. doi: 10.1371/journal.pone.0272460
  • Coralie Galland-Decker et al, (2019), Prevalence and factors associated with fatigue in the Lausanne middle-aged population: a population-based, cross-sectional survey, BMJ Open 2019;9:e027070. doi:10.1136/bmjopen-2018-027070
Sitografia
  • https://www.msdmanuals.com/it/casa/argomenti-speciali/sindrome-da-stanchezza-cronica/sindrome-da-stanchezza-cronica
  • https://www.cdc.gov/nchs/products/databriefs/db488.htm
  • https://www.deloitte.com/content/dam/Deloitte/si/Documents/deloitte-2023-genz-millennial-survey.pdf 
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