Un approccio neuroscientifico alle emozioni. Per crescere insieme.
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Le emozioni nell’anzianità: le relazioni come fattore protettivo
Con l’avanzare dell’età, le persone sperimentano una gamma di emozioni caratteristiche di questa fase della vita, che possono essere sia positive che negative. Da un lato, molti anziani riferiscono un senso di saggezza accumulata, di soddisfazione per i traguardi raggiunti e di libertà dalle pressioni lavorative e familiari. Dall’altro, non sono rari sentimenti di solitudine, perdita di scopo, ansia per il futuro e tristezza per le perdite subite.
Un certo pregiudizio riguardo l’età avanzata, generalmente definito con il termine inglese “ageism”, può portare a sottostimare i grandi potenziali di questa fase della vita. Sarà sufficiente citare alcuni degli esempi storici più noti per rendersi conto di quanto questo pregiudizio non corrisponda ai fatti. Ad esempio, il grande compositore Giuseppe Verdi compose il “Falstaff”, la sua ultima opera, a 80 anni; Claude Monet dipinse la serie delle “Ninfee”, considerate tra i suoi capolavori più importanti, tra i 73 e gli 86 anni; Doris Lessing vinse il Premio Nobel per la Letteratura a 88 anni e pubblicò il suo ultimo romanzo a 89 anni; infine, l’esempio forse più noto è quello di Michelangelo Buonarroti, che lavorò alla Basilica di San Pietro in Vaticano fino alla sua morte a 89 anni: i suoi ultimi disegni e progetti architettonici sono considerati tra i suoi più innovativi. Questi esempi dimostrano che la creatività e la produttività intellettuale possono non solo persistere, ma in alcuni casi fiorire durante l’età avanzata.
Certamente, è altrettanto evidente che gli esempi citati si riferiscono a persone che coltivano una propria disciplina e attività. Educare sé stessi rimane la chiave fondamentale.
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