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Ambiente e neurodegenerazione

Il ruolo dell’atmosfera, climatica e sociale, nella salute cognitiva

Un nuovo studio pubblicato su Neurology approfondisce la relazione tra inquinamento e Alzheimer. Al contempo, è sempre più evidente il ruolo dell’ambiente sociale nell’insorgenza e progressione delle demenze. In attesa di farmaci e cure risolutive, l’attenzione scientifica si concentra anche sull’atmosfera attorno a noi, per aiutarci a prevenire la neurodegenerazione. L’ambiente che partecipa alla salute è climatico, sociale ed emotivo, in un intreccio biologico e funzionale tra mondo interiore ed esteriore, al centro dell’Ecologia della Mente. L’epigenetica approfondisce i meccanismi che regolano l’espressione del nostro patrimonio genetico, attraverso il dialogo con l’ambiente esterno. Questo modula l’attività dei geni, che risente del clima e degli stili di vita, tra cui l’alimentazione, l’attività fisica e la socialità.

Inquinamento atmosferico e Alzheimer

L’esposizione al particolato fine, ossia l’insieme delle microparticelle solide o liquide sospese nell’aria, è già stata associata alla malattia di Alzheimer. L’inquinamento risulta in relazione anche con un ridotto spessore corticale e l’ipotesi più accreditata è che causi neuroinfiammazione e stress ossidativo nel cervello. Oggi, una nuova ricerca sulla rivista medica dell’American Academy of Neurology indaga la relazione tra inquinamento, Alzheimer e la variante del gene APOE ε4, correlata al rischio di insorgenza della malattia. Gli scienziati hanno analizzato il tessuto cerebrale di 224 donatori, deceduti prima del 2020, per individuare i segni precoci dell’Alzheimer, ossia placche amiloidi e aggregati di proteina Tau. I risultati sono stati poi confrontati coi livelli di particolato presente nella loro zona di residenza. Dall’incrocio dei dati, è emerso che livelli più elevati di inquinamento atmosferico erano correlati a un maggior numero di segni di neurodegenerazione.

Un elemento particolarmente interessante è che la maggiore associazione si è riscontrata negli individui che non possedevano la variante genetica APOE ε4, responsabile della predisposizione alla malattia. L’influenza dei fattori ambientali potrebbe, quindi, contribuire a spiegare l’insorgenza dell’Alzheimer nei pazienti non geneticamente predisposti alla patologia.

Atmosfera emotiva e sociale

Se l’inquinamento sembra agire come una concausa della neurodegenerazione, influisce sulla salute cognitiva anche l’ambiente sociale ed emotivo cui siamo esposti. Le ricerche scientifiche sottolineano come l’isolamento sociale sia associato al rischio di sviluppo di Alzheimer e a una progressione più veloce della malattia. In uno studio del 2007, l’isolamento è stato associato a un rischio addirittura doppio di sviluppare l’Alzheimer, considerando la combinazione di più aspetti della vita privata delle persone, come il matrimonio, le amicizie e le attività sociali.

Nell’ambiente emotivo e sociale, è da considerarsi anche la componente della stimolazione cognitiva, che comprende la possibilità di tenere il cervello in allenamento e coinvolto in iniziative culturali o creative. In particolare, l’opportunità di fruire della bellezza gioca un ruolo fondamentale nella salute cognitiva, studiata dalla neuroestetica in relazione al benessere e alla percezione protettiva dell’amore.

 


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Epigenetica, Alzheimer e sistema immunitario

Il dialogo tra geni e ambiente è oggetto di studio dell’epigenetica, che indaga le modificazioni nell’espressione genica, che possono contribuire all’insorgere di una malattia. Un importante ambito di studi dell’epigenetica è la comprensione dei determinanti di un invecchiamento sano e, viceversa, della neurodegenerazione.

Un recente studio della Northwestern University Feinberg School of Medicine ha approfondito il coinvolgimento del sistema immunitario nello sviluppo dell’Alzheimer. In particolare, sono stati rilevati cambiamenti nel sangue dei pazienti, con una significativa alterazione epigenetica nella risposta immunitaria. Gli autori della ricerca ipotizzano che all’origine di queste alterazioni potrebbero esserci infezioni virali, inquinamento ambientale o fattori correlati agli stili di vita. Le implicazioni sono significative, non solo per i possibili nuovi bersagli terapeutici nei geni, ma anche per l’avanzamento delle strategie di prevenzione delle demenze.

Alzheimer caffè e medicina narrativa

Molte iniziative sono nate per modulare i fattori di rischio modificabili per la prevenzione della neurodegenerazione, come gli stili di vita, l’alimentazione e l’attività fisica. Per contrastare l’isolamento, sul finire degli anni Novanta, un medico olandese ha lanciato l’idea degli Alzheimer Cafè: luoghi accoglienti e sicuri dove pazienti, familiari e professionisti possono incontrarsi in maniera informale. L’iniziativa si è rapidamente diffusa anche in altri Paesi, compresa l’Italia, e permette di coltivare le relazioni sociali, superare lo stigma e l’isolamento, conoscere meglio la patologia e condividere pensieri, esperienze ed emozioni.

Negli Alzheimer Cafè entra anche la medicina narrativa, che valorizza il dialogo e soprattutto il racconto, di pazienti, caregiver e operatori sanitari, per facilitare un’elaborazione cognitiva ed affettiva dei contenuti del “pianeta salute”. La medicina narrativa permette di raccontare e raccontarsi, non solo in termini di disease, ossia degli aspetti più clinici della patologia, ma anche di illness e sickness, ovvero di vissuto soggettivo e sociale della malattia. Questa metodologia di intervento clinico-assistenziale permette la costruzione condivisa di un percorso terapeutico personalizzato, dove la cura è in primis un prendersi cura di sé e dell’altro.

Arte, riserva cognitiva e felicità

La cura dell’ambiente quale fattore preventivo passa anche per l’arte, la cultura e la creatività, per esempio nel progetto AIDA di Fondazione Patrizio Paoletti, premiato col Premio Inclusione 3.0 dell’Università di Macerata. L’iniziativa coniuga innovazione clinica, museale, artistica, tecnologica e digitale per una metodologia d’avanguardia, volta a migliorare il benessere e l’autostima di pazienti affetti da Alzheimer e caregiver.

Anche l’arte partecipa alla nostra riserva cognitiva, a cui cervello e corpo possono attingere per ritardare l’insorgenza e la progressione della malattia. Questa riserva può essere coltivata con attività lavorative, studio, creatività, volontariato, attività fisica, relazioni sociali e, in generale, occupazioni piacevoli, in grado di coltivare il senso di autoefficacia e la felicità.

La felicità è un ingrediente essenziale per il nostro benessere, a tutte le età. Se la salute è, naturalmente, fonte di felicità, è vero anche il contrario: la felicità è salute. Il magazine dell’Harvard Medical School ricorda il forte nesso tra salute e felicità, sottolineando alcuni ingredienti preziosi in grado di potenziarle entrambe:

  • costruire una rete di buone relazioni sociali
  • fare del bene, migliorando il senso di scopo e il buon umore
  • compiere atti di gentilezza
  • coltivare passioni, hobby e interessi
  • imparare a delegare per guadagnare tempo prezioso
  • investire in esperienze nuove, più che in oggetti
  • riservare del tempo per stare in natura

Infine, l’Harvard Medical School ci invita a contenere la ruminazione e la pesantezza. La semplicità paga e appaga e, per la nostra salute globale e felicità, è importante discernere quando è il momento di riflettere a lungo oppure quando possiamo decidere serenamente, senza darci troppi pesi, in saggia leggerezza. Questa non è superficialità, ma una vera dimensione della profondità interiore, un respiro profondo e grato, tra l’accettazione della nostra natura limitata e la consapevolezza dell’immensità dei nostri sogni e potenziale.

 


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Bibliografia
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