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Che cos’è l’Antifragilità?

Tra sfide sportive e quotidiane, intervista a Giuseppe Vercelli, responsabile dell’area psicologica del CONI

Approfondiamo il concetto di antifragilità insieme al Professor Giuseppe Vercelli, psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia dello Sport e della Prestazione Umana presso l’Università di Torino e Responsabile dell’Area Psicologica del CONI. Scopriremo come l’Antifragilità, assieme alla Resilienza, possa giocare un ruolo fondamentale nello sport, nella sfera professionale e anche per rispondere alle sfide della vita quotidiana.

Sport e prestazione umana

Giuseppe Vercelli

La Psicologia dello Sport studia i meccanismi mentali alla base della prestazione umana, con l’obiettivo finale di aiutare atleti, allenatori, manager o qualsiasi professionista ad acquisire strumenti utili a esprimere il proprio massimo potenziale.

Il Professor Giuseppe Vercelli è Responsabile dell’Area psicologica della Juventus e dell’Area Psicologica del CONI, con il quale ha partecipato a dieci Olimpiadi in qualità di Psicologo Ufficiale e Consulente. È autore di diversi libri e pubblicazioni ed è conosciuto, insieme al suo Team, per l’ideazione e lo sviluppo del Modello S.F.E.R.A., utilizzato in ambito sportivo e in realtà aziendali ai massimi livelli, e per l’approfondimento del tema dell’Antifragilità.

Partiamo dalla Resilienza: quali sono le sue caratteristiche?

Il termine Resilienza deriva dal latino e indica la capacità di salire su una barca rovesciata e di tornare nella condizione di equilibrio iniziale. In psicologia, il resiliente è colui che:

  • è un ottimista
  • tende a leggere gli eventi negativi come circoscritti a quel momento specifico
  • possiede un cosiddetto locus of control principalmente interno, ossia ritiene di poter esercitare un controllo diretto sulla propria vita e sugli obiettivi che desidera raggiungere (evitando dunque di delegare tale responsabilità agli altri o alla fortuna)
  • è capace di automotivarsi nel raggiungimento degli obiettivi, stando molto sul tempo presente (per esempio se deve recuperare da un infortunio)
  • vede la parte positiva e di insegnamento di fronte alle sfide. Queste ultime diventano, infatti, delle vere e proprie opportunità di evoluzione di sé.

Che cos’è l’Antifragilità?

L’Antifragilità è la capacità dell’individuo di trasformare realmente e in pratica un imprevisto, la volatilità e l’incertezza in un vantaggio. Si tratta di una competenza molto importante in un contesto, quello odierno, intriso di volatilità e incertezza. L’antifragile ama il cambiamento e l’instabilità perché sa che in tale condizione mutevole può trovare una spinta propulsiva verso una nuova destinazione, contemplando anche il fallimento e gli erroriL’errore diventa perciò informativo e desiderabile, in quanto dà spunti imprescindibili per evolvere e ottimizzare le nostre prestazioni.

Alla base di tutto, però, è necessario essere resilienti: diversamente non possiamo raggiungere gli obiettivi minimi. Una volta acquisita una sufficiente Resilienza (ossia siamo in grado di fronteggiare un urto e di tornare come prima), allora possiamo dirigerci verso una prospettiva più evoluta e naturalistica come quella antifragile. Noi nasciamo, infatti, con un certo grado di Resilienza ma anche con un certo grado di Antifragilità. Saranno poi gli eventi della vita, l’educazione che riceviamo e la nostra comunità di appartenenza a permetterci di sviluppare, in varie misure, tali componenti.

Qual è la differenza tra Resilienza e Antifragilità?

La Resilienza e l’Antifragilità sono stati mentali connessi al superamento di una sfida. Sulla Resilienza si sa ormai moltissimo: è un tema ampiamente diffuso e studiato. Prendiamo come esempio un performer di qualsiasi tipo che si muove da un punto A a un punto B. Se questi usa lo stato mentale del resiliente e incontra un ostacolo, lo supera, proseguendo verso il punto di destinazione. Tale prospettiva era inizialmente considerata l’esatto opposto del concetto di fragilità. Il fragile, infatti, quando incontra l’ostacolo si ferma e non riesce più ad andare avanti nel proprio cammino.

Nel 2012 Nassim Nicholas Taleb, grande studioso della volatilità e dell’incertezza, ha affermato però che ci siamo sbagliati: l’antitesi della fragilità non è la Resilienza, ma l’Antifragilità, intesa come stato mentale e competenza potenzialmente innata in tutti gli esseri viventi. Quando sfruttiamo la nostra Antifragilità e incontriamo un ostacolo, dunque, lo consideriamo come opportunità per muoverci non solo verso il punto B, ma anche verso differenti obiettivi di livello superiore.

In altre parole, il resiliente sa superare gli eventi negativi, ma se non gli capitano è meglio. L’antifragile, invece, ricerca intenzionalmente la novità e il fallimento, perché sa che è solo da lì che può realmente accedere a qualcosa che sta ad un livello più elevato. È vero, sia il resiliente che l’antifragile attivano una dimensione energetica, usando la loro vitalità. Tuttavia, laddove il resiliente si limita a reagire positivamente a un’avversità, l’antifragile è propulsivo verso una destinazione nuova e sconosciuta.

Si può sviluppare l’Antifragilità?

Ci sono due modi per svilupparla. La prima è attraverso una modalità indiretta, ossia facendo esperienze di vita e andando a privilegiare due istanze psichiche, che sono la curiosità e la sorpresa. Ogni volta che ci sentiamo curiosi, sviluppiamo infatti indirettamente l’Antifragilità, sorprendendoci per qualcosa che ancora non conosciamo.

Se la sorpresa però non ha effetti collaterali, la curiosità invece implica a volte un certo grado di rischio. Basti pensare al detto “Curiosity killed the cat”: se metto il naso nel posto sbagliato, mi faccio male. C’è, infatti, un confine che non va superato, oltre il quale non si può parlare né di Resilienza né di Antifragilità. Andare troppo oltre significherebbe essere dei “sensation seekers”: coloro che cercano sensazioni per tenere sempre alta l’adrenalina. Tale atteggiamento, però, non è sano per la maggior parte delle persone. Quando andiamo oltre i limiti, i rischi sono troppo elevati rispetto al vantaggio che possiamo trarne. Per questo motivo, è importante compiere azioni tarate su obiettivi realistici e sotto la nostra piena responsabilità.

Alcuni studi mettono inoltre in evidenza come chi parla più lingue sia più antifragile, perché può vedere la stessa cosa con prospettive diverse. Quello che definiamo come limite insormontabile può, ad esempio, essere visto sotto una luce differente a seconda del linguaggio o della cultura di appartenenza.

Un altro valore aggiunto risiede nel fatto che l’Antifragilità sia una qualità allenabile. Io e il mio team abbiamo infatti sviluppato, in collaborazione con Giunti Psychometrics, l’Anti-fragility Questionnaire (AFQ), primo strumento scientifico al mondo in grado di misurare l’Antifragilità negli individui. Il Test presenta i quattro pilastri fondamentali del costrutto e permette di impostare un allenamento sia da un punto di vista personale, lavorando su se stessi in senso lato, sia professionale, aiutando ad esempio atleti e manager a definire specifici obiettivi di crescita

Quali sono i quattro pilastri dell’Antifragilità?

1. L’Adattamento Proattivo

Il primo è l’Adattamento Proattivo, che possiamo riassumere con l’affermazione “Mi ci trovo”. Significa trovarsi in una certa situazione negativa, adattarsi e mettere in atto un’azione propulsiva verso il proprio obiettivo. Questo fattore è un po’ al confine tra la Resilienza e l’Antifragilità, perché si vive e fronteggia, attraverso il proprio metodo e i propri strumenti, l’imprevisto.

2. L’Evoluzione Agonistica

Il secondo fattore è l’Evoluzione Agonistica, che possiamo riassumere con l’affermazione “Mi ci metto”. Si riconduce alla spinta interiore che ci porta a ricercare una novità, anche quando le cose vanno apparentemente bene. In altre parole, significa andare addirittura in cerca di guai, desiderandoli e considerandoli come elementi preziosi per favorire un cambiamento desiderato. “Mi ci metto” indica inoltre la capacità di mettersi in cammino verso un nuovo obiettivo, mettendo in conto di poter fallire e di poter trarre, anche in quel caso, un insegnamento.

Possedere tale qualità significa essere capaci di usare il fallimento per una nuova prospettiva, che risulta però coerente con quello che il nostro inconscio o la nostra volontà ci stanno chiedendo in quel momento di vita. Questa dimensione è connessa per certi versi anche alla Resilienza o alla capacità di imparare dall’errore, ma è decisamente più centrata sull’idea di Antifragilità. Molto spesso, infatti, apprendere da un fallimento solo grazie alla Resilienza non ci fornisce gli strumenti utili a superare, con certezza e maggiore consapevolezza, le sfide future.

3. L’Agilità Emotiva

Il terzo fattore dell’Antifragilità è l’Agilità Emotiva, che possiamo semplificare con l’affermazione “Mi posiziono”Le emozioni determinano la nostra percezione del mondo. Più in particolare, quando fronteggia un evento importante, l’antifragile è colui che sa ricoprire due possibili posizioni:

  • la posizione in, quando decide di vivere pienamente l’emozione del momento
  • la posizione meta, quando, pur rimanendo focalizzato nel qui ed ora, si distanzia dall’emozione “pura” al fine di analizzare la situazione presente e ricavare informazioni utili ad affrontarla efficacemente

4. La Distruttività Consapevole

L’ultimo fattore dell’Antifragilità è la Distruttività Consapevole, che possiamo riassumere con l’affermazione “Mi libero dai condizionamenti”. Essere distruttori consapevoli significa essere capaci di distruggere quello che non ci serve più, in modo da raggiungere un obiettivo di livello superiore. In ambito aziendale, per esempio, un manager può prendere la decisione di licenziare alcuni dipendenti per salvare l’azienda stessa o un team. In tal senso, il distruttore consapevole è anche disposto a modificare i propri valori, ossia una parte di sé molto radicata, se tale operazione può portarlo a un vantaggio.

Un altro esempio potrebbe essere il seguente: è appurato che di solito abbiamo saldo il valore della vita. Non faremmo mai male a nessuno, insomma. Tuttavia, se tornando a casa incontrassimo qualcuno che ha preso in ostaggio un nostro parente, saremmo probabilmente disposti a fare un’azione forte e conservativa verso la persona cara, al fine di salvarla. Anche in azienda è applicabile tale principio, con l’idea di cambiare per raggiungere un obiettivo, con anche un certo grado di cinismo.

L’Antifragilità è dunque un vero e proprio stato mentale ricercato e applicato in ambito sportivo e manageriale. Un mindset molto utilizzato, ad esempio, nelle banche per gestire la volatilità e l’incertezza.

Si possono misurare la Resilienza e l’Antifragilità?

Sì, la Resilienza e l’Antifragilità possono essere misurate. Per la Resilienza, ci sono tantissimi test. L’Antifragilità è invece un costrutto nuovo, quindi c’è ancora poca letteratura a riguardo. Come già affermato, il nostro Team ha sviluppato il primo test al mondo (al momento ancora l’unico) che misura il livello di Antifragilità negli individui. Il Test è disponibile, in particolare per gli psicologi, e si chiama AFQ (Anti-Fragility Questionnaire). Consta di 40 item che valutano le 4 dimensioni presentate in precedenza: Adattamento Proattivo, Evoluzione Agonistica, Agilità Emotiva e Distruttività Consapevole. È uno strumento che calcola un indice complessivo di Antifragilità e un valore per ognuno dei quattro fattori, mettendo così in evidenza punti di forza e aree specifiche su cui impostare il lavoro di allenamento.

Esistono inoltre meccanismi fisiologici, sottesi alla Resilienza e all’Antifragilità, legati ai neurotrasmettitori. In particolare, sono implicate la dopamina, che viene prodotta quando abbiamo raggiunto l’obiettivo, e la serotonina, rilasciata dall’organismo durante il percorso verso una meta. Ci sono alcune pubblicazioni che affermano come quella di oggi sia “la civiltà della dopamina”: tendiamo a voler raggiungere qualcosa subito. Tuttavia, tale funzionamento può impedirci di intraprendere nuovi percorsi e di essere disposti a ritardare la gratificazione finale.

Quanto sono importanti la Resilienza e l’Antifragilità nella riabilitazione?

La Resilienza è fondamentale nella riabilitazione, fase in cui l’individuo lavora per tornare come prima. La Resilienza è in grado di velocizzare i tempi di recupero dell’atleta da un infortunio ed esistono protocolli specifici a cui ci si può ispirare anche per la vita quotidiana. È chiaro che per riabilitarsi basta essere resilienti. Ma se vogliamo ritornare in campo più forti di prima, è molto più funzionale lo stato mentale antifragile. Secondo tale prospettiva, per l’atleta l’infortunio può essere visto come un’opportunità per imparare qualcosa e tornare in campo con una maggiore consapevolezza, avendo ad esempio lavorato o eliminato alcuni fantasmi che fanno parte del suo percorso di vita.

Cosa accomuna queste due strade? L’atteggiamento di sfida nella riabilitazione e nella riatletizzazione, intese come volontà di tornare a sentirsi un atleta, cioè di performare a livelli superiori. La riabilitazione o la riatletizzazione è una competizione con se stessi: non bisogna vincere una medaglia o un campionato, ma sfidare se stessi a raggiungere quegli obiettivi quotidiani che sono stati definiti insieme al riabilitatore. E quando si è antifragili, di solito si arriva prima alla soluzione che al problema.

Dal punto di vista mentale, durante il percorso di riabilitazione c’è una base di speranza e ottimismo che si arricchisce attraverso le qualità antifragili della curiosità e della sorpresa. È infatti possibile diventare sempre più curiosi ed esperti del nostro corpo, magari di un distretto muscolare o di una parte che non avevamo mai considerato prima.

Ci sono degli sport che aiutano maggiormente a sviluppare la Resilienza e l’Antifragilità?

Negli sport individuali bisogna certamente avere una maggiore quantità di Resilienza e Antifragilità, se si vuole continuare a competere ad altissimo livello. Dall’altra parte, le discipline di squadra hanno il vantaggio per gli atleti di poter continuare a far parte di quella comunità. Il supporto sociale è infatti molto utile, sia per l’autostima che per lo sviluppo della Resilienza. Nel calcio, ad esempio, un giocatore infortunato è comunque tenuto a lato della squadra. In altre parole, vede i suoi compagni che si allenano e continua a esserci una connessione.

Quando pratichiamo uno sport individuale, invece, ci si trova assolutamente da soli. Allora lì ci si mette maggiormente alla prova. Per questo motivo, è più facile che un atleta di alto livello in uno sport individuale sia antifragile: in certe situazioni è indispensabile esserlo, altrimenti il pubblico si dimentica di lui.

Alcune storie che oggi noi possiamo definire di Resilienza, usando il termine classico, sono in realtà testimonianze di Antifragilità, dove l’evento ha potenziato quell’individuo.

Può citarci delle storie di Antifragilità nello sport?

Un esempio di Antifragilità che conosciamo tutti è quello di Alex Zanardi, che certamente ha tratto un vantaggio dall’incidente e ha anche avuto la possibilità di raccontare se stesso e il mondo dello sport in modo funzionale. Prima era un normale atleta, quindi per certi aspetti l’incidente si è rivelato un’opportunità evolutiva.

In tempi recenti, possiamo parlare anche di Sofia Goggia, che è sia resiliente che antifragile. Lei, spingendo al massimo, ha avuto tanti infortuni nella sua carriera, ma è sempre stata mossa dal piacere di affrontare la sfida, tanto da riuscire a vincere con una mano rotta.

Può darci altri esempi di Resilienza e Antifragilità?

Uscendo dall’ambito sportivo, una città resiliente è sicuramente Firenze: si è sempre ricostruita, ma uguale a se stessa. Proprio come in principio. Una città antifragile potrebbe essere invece Beirut, che si è sempre ricostruita, ma migliorando se stessa dopo ogni bombardamento o guerra.

C’è poi la cosiddetta Triade:

  • Per la fragilità, l’immagine è quella della Spada di Damocle. Immaginiamo Damocle seduto, con la spada che potrebbe cadergli addosso da un momento all’altro, in una posizione molto, molto precaria.
  • Lo stato mentale della Resilienza è invece paragonabile all’Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri ogni 500 anni. Rinasce, però, sempre uguale a se stessa, senza modificarsi mai. Caratteristica da una parte vantaggiosa, dell’altra limitante.
  • La terza posizione dell’Antifragilità è connessa all’immagine dell’idra: il mostro mitologico a cui, se viene tagliata la testa, ne crescono due.

In altri termini, l’antifragile arriva a chiedere “per favore, decapitatemi”. Certo, “perdere la testa” fa male, ma può anche portare a molteplici vantaggi e al raggiungimento di uno stato di maggiore benessere e felicità.

Perché noi stiamo bene, secondo il principio etico ed estetico, ogni volta che abbiamo più possibilità di scelta. Se non abbiamo tale facoltà, dopo un po’ perdiamo anche la capacità di produrre i neurotrasmettitori e gli ormoni del benessere.

Quanto è importante accettare un po’ di rischio e l’incertezza?

Chi non accetta la volatilità o l’incertezza, desidera che la vita sia molto precisa e prevedibile e rischia di sviluppare una patologia: la fobia. Il fobico è infatti colui che non accetta la volatilità o l’incertezza. Per esempio, l’ipocondria, ossia la paura di sviluppare patologie, è tipica del fobico che non accetta che possa succedere qualcosa di negativo e imprevisto al proprio corpo.

La depressione, invece, è spesso conseguenza dell’impossibilità o incapacità di accettare che la vita sia ingiusta. Il punto è che la vita è ingiusta. L’unica strada possibile è lavorare su questa capacità di accettazione. La fobia e la depressione sono dunque i due problemi dell’età moderna dal punto di vista clinico. E lo sport ci aiuta a metterci in contatto con queste due istanze.

Come si risponde in maniera antifragile a un fallimento o a un errore?

Essere resilienti o antifragili aiuta a circoscrivere un evento negativo a un dato momento e a dirsi: “Ho fallito quella gara, ma cerco di capire come posso, non solo vincerla, ma essere più forte domani”. L’evento è dunque circoscritto, punto chiave importantissimo. In un secondo momento, sarà fondamentale analizzare la situazione, ossia scattare una buona fotografia il più fedele e oggettiva possibile di ciò che è successo, per poi poterla utilizzare come forza propulsiva al miglioramento.

Pensiamo a un atleta che commette un errore in gara. A tal proposito, i grandi allenatori mettono sempre in evidenza la domanda: “Come faccio ad aiutare il mio atleta ad andare oltre gli errori che sta facendo durante una partita?”. Gli ingenui, cioè quelli fragili, giudicano se stessi. I resilienti o, meglio, gli antifragili sanno che la soluzione è questa: l’errore non si giudica, ma si descrive. Se lo descriviamo, non rimaniamo invischiati dentro un’emozione di rabbia o di tristezza e non vediamo l’ora di mettere in atto nuovamente quel gesto in modo corretto. Il che è facile a dirsi, ma difficile a farsi. In questo senso, è fondamentale partire dalla consapevolezza di come, per consolidare lo stato mentale antifragile, sia necessario passare da un allenamento graduale e specifico.


L’importanza della ricerca e della divulgazione scientifica, con Fondazione Patrizio Paoletti

Fondazione Patrizio Paoletti è impegnata da oltre vent’anni nella ricerca neuropsicopedagogica, che permette lo studio avanzato dei processi cerebrali connessi alla sfera fisica, cognitiva e affettiva. Il suo Istituto di Ricerca RINED studia scientificamente pratiche di autoconsapevolezza e meditazione, anche in movimento, come il Quadrato Motor Training.

Grazie al dipartimento psicopedagogico di Fondazione Patrizio Paoletti, le scoperte scientifiche vengono tradotte in tempo reale in programmi psicoeducativi nelle scuole e nei territori, come Prefigurare il Futuro, che insegna ad allenare le risorse interiori e la resilienza di tutta la comunità educante, compresi genitori, docenti e studenti.

Accanto alla ricerca, Fondazione Patrizio Paoletti realizza un programma di sensibilizzazione e di auto-educazione su ampia scala attraverso il suo portale online di divulgazione scientifica e di autoeducazione sull’importanza degli stili di vita per una salute globale durante tutto l’arco della vita.

 

 

Bibliografia
  • Taleb N. N., Antifragile. Prosperare nel disordine, Milano, Il Saggiatore, 2012
  • Vercelli G., D’Albertas F. Antifragili. Fai della fragilità il tuo punto di forza e dell’incertezza un cavallo di battaglia, Urra Feltrinelli, Milano, 2021
  • Vercelli G, Vincere con la mente, Ponte alle Grazie, Milano, 2006
Sitografia
  • https://www.giuseppevercelli.it/
  • https://www.giuntipsy.it/afq-anti-fragility-questionnaire
  • https://www.giuntipsy.it/blog/post/antifragilita-arriva-afq-primo-test-italia-predittore-del-successo-negli-ambienti-vuca
  • https://www.gazzetta.it/salute/salute/11-09-2021/psicologia-e-sport-ecco-qual-e-lo-stato-mentale-per-lo-sportivo-vincente-56460.shtml

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