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Prefigurare il Futuro: allenare le risorse interiori a scuola

La testimonianza di una professoressa sui benefici del potenziamento dell’intelligenza emotiva, per gli studenti e per tutta la comunità educante

Allenare le risorse interiori a scuola. Incontriamo la professoressa Maria Brigida Sivo, che ci racconta la sua esperienza con il programma psicopedagogico Prefigurare il Futuro di Fondazione Patrizio Paoletti. La professoressa Sivo è insegnante di italiano, storia e geografia alla Scuola Secondaria di Primo Grado “Leonardo Murialdo” di Foggia e descrive gli importanti risultati ottenuti dagli studenti, in termini di sviluppo dell’intelligenza emotiva e dell’autoconsapevolezza. La sua testimonianza fornisce preziosi spunti di riflessione sul ruolo dell’empatia e delle competenze emotive e relazionali, a scuola, in famiglia e in tutta la società.

Qual è il contesto in cui ha potuto sperimentare il programma Prefigurare il Futuro?

Devo dire che quando abbiamo deciso di sperimentare il programma di Prefigurare il Futuro, l’abbiamo fatto non sapendo esattamente a che cosa saremmo effettivamente andati incontro, perché non potevamo avere la piena consapevolezza delle importanti dinamiche che si sarebbero sviluppate.

Gli alunni di terza media sono infatti in una fase della crescita in cui non hanno ancora gli strumenti di consapevolezza e di conoscenza di sé stessi, che per esempio può avere un ragazzo delle scuole superiori. Inoltre, dal punto di vista strutturale, queste classi possono essere molto complesse e richiedere ai docenti un’attenzione particolare. Consideriamo che questi alunni vengono anche dall’esperienza del Covid-19: molti quindi hanno fatto la didattica mista o a distanza ma qualcuno non è neanche riuscito a frequentare la scuola compiutamente, in quel periodo.

Com’è andata la prima sessione?

Da quella prima sessione con Prefigurare il Futuro, io sono uscita molto emozionata. Ero impreparata io stessa a quello che di bello sarebbe successo, nel momento in cui abbiamo dovuto svolgere le attività, soprattutto il confrontarsi con l’altro a coppie, il raccontarsi e l’ascoltarsi vicendevolmente. Quello è stato un momento fondamentale. Eravamo come sospesi in una bolla, veramente una sensazione difficile da spiegare. Eravamo ad un tempo un corpo unico, ma distinti. Ci sentivamo parte del tutto, ma anche consapevoli del nostro essere lì in quel momento, che eravamo distinti dall’altro, ma ci compenetravamo l’uno con l’altro.

Quali effetti ha potuto vedere e sperimentare nella classe, a livello emotivo e relazionale, con Prefigurare il Futuro?

Le dinamiche che sono accadute in classe, devo dire, hanno sorpreso anche me, sono state meravigliose. Ho capito che i ragazzi hanno tratto molto beneficio da quello che abbiamo fatto e traggono beneficio da quello che ancora continuano a fare. E la risposta più bella è stata quando loro stessi mi hanno chiesto: “Ma quando lo rifacciamo?”. Un ritorno immediato, che c’è stato entro i primi giorni.

Autoconsapevolezza, introspezione e ascolto interiore

Ho notato che i ragazzi hanno sviluppato una maggiore consapevolezza e capacità di interrogarsi dentro. Questo è uno strumento fondamentale, perché non tutti sono abituati a farlo. Prefigurare il Futuro ti porta ad analizzare te stesso, a guardarti dentro e a rivedere nell’altro – nel compagno di banco, nella compagna di classe – un te stesso che forse fino a quel momento non avevi considerato.

Questa è una grande conquista per dei ragazzi che stanno facendo un percorso di orientamento, perché dovranno scegliere la scuola superiore, quindi hanno davanti a sé tante possibilità da scoprire e altrettante incertezze. Prefigurare il Futuro ha potenziato in loro gli strumenti del ragionamento, della riflessione e del guardarsi dentro, dell’analisi interiore che forse fino a quel momento nessuno aveva sperimentato.

Ci sono stati dei momenti particolarmente emozionanti e coinvolgenti?

Allenare le risorse interiori a scuola
La psicologa Tania Di Giuseppe, direttrice del programma Prefigurare il Futuro di Fondazione Patrizio Paoletti, in classe con alcuni allievi partecipanti al progetto

Certo, abbiamo vissuto momenti molto particolari. Per esempio, alcuni alunni si sono trovati a piangere, nel raccontarsi e nell’ascoltarsi. E hanno detto che quel tempo è stato liberatorio perché erano riusciti a dire cose che non avrebbero mai detto a nessuno. Nel raccontarsi all’altro, avevano percepito l’empatia che l’altro dimostrava. Il grado di interazione che si era creato era per loro una forza che li portava a sentire i sentimenti che in quel momento l’altro provava: un forte stato di empatia che li ha portati a un pianto liberatorio. Non era un pianto negativo, anzi è stata una liberazione positiva: Finalmente mi libero di un peso, che non ero riuscito a dire prima. Ma in questo momento qualcuno mi ha ascoltato e mi ha capito.

La partecipazione, la condivisione, il senso di insieme

Nel momento in cui questi alunni raccontavano, ciò che ho avvertito come insegnante è stata la partecipazione di tutti: nessuno era estraneo a quel sentimento, a quella dinamica. In quel frangente la condivisione è stata di tutti. E questa è stata la cosa più bella, che mi ha fatto venire letteralmente la pelle d’oca. È stato un momento molto forte emotivamente, anche come insegnante. Ci sentivamo come isolati dal contesto che ci stava intorno: eravamo noi, in una bolla d’aria, quasi sospesi, un corpo unico. È stato veramente bello: un momento di unione che difficilmente si riesce a vivere e che spero di rivivere in futuro.

Il silenzio e l’incontro con l’altro

Un altro momento fondamentale è stato la pratica del silenzio, per poter riflettere ognuno di noi su se stesso. Ma anche vedere l’apertura di alcuni alunni che spesso sembrano molto chiusi o che tendono a passare inosservati. Invece, in quel contesto si sono messi in gioco: hanno parlato e tirato fuori le loro ansie, le loro preoccupazioni, la paura di non sentirsi adeguati. Ecco, anche questo è stato veramente un bel momento di riflessione e di crescita.

Quanto sono importanti le competenze interiori per gli adolescenti di oggi?

In un mondo così accelerato, credo che siano fondamentali, perché questi ragazzi vivono attraverso i social media. Tutto è in velocità e non ci si ferma più a riflettere su se stessi, non si assaporano più le cose belle. Gli alunni vengono a scuola, poi escono, c’è chi fa sport e non torna neanche a casa, nemmeno per il pranzo. Non mangia neanche un panino, perché poi deve correre a fare un’attività e poi correre a casa a fare i compiti.

Viviamo veramente in un mondo accelerato, quindi è importante fermarsi a riflettere, che vuol dire ritagliarci uno spazio per noi stessi per chiederci: Chi sono e che cosa sto facendo? Faccio sport solo perché mamma e papà non sono a casa, e io a casa da solo non posso stare, oppure mi piace realmente questo sport ed è una cosa che voglio fare io? Oppure è qualcosa che invece gli altri si aspettano da me?

L’educazione all’accoglienza, il contrasto alla violenza

Gli alunni di terza stanno scegliendo le scuole superiori, per esempio. Noi facciamo un percorso di orientamento e Prefigurare il Futuro ci sta aiutando in queste scelte importanti, per evitare di andare in una scuola solo perché l’amico andrà lì o perché i miei genitori vogliono che vada lì o ancora perché c’è la moda di andare in quella particolare scuola.

È importante prendere in considerazione tutti gli indirizzi, anche le scuole professionali e le scuole tecniche, che offrono ottimi orizzonti lavorativi. Non dobbiamo essere tutti uguali: le diversità sono una ricchezza. Comprenderlo aiuta a contrastare anche il fenomeno del bullismo e anche in questo Prefigurare il Futuro aiuta, perché ci insegna ad accogliere la diversità come un elemento arricchente e non come un elemento di separazione. Se non impariamo ad accogliere noi stessi e gli altri, come pensiamo che gli altri possano accoglierci?

L’orientamento e la coltivazione dei talenti

È importante fermarsi a riflettere, prenderci dei momenti per noi stessi durante la giornata chiedendoci: chi sono e cosa voglio fare? Gli alunni hanno tanti e differenti talenti e passioni, per esempio per la musica o la cucina.

Un alunno, fin dalla prima media, a pranzo e a cena mi mandava le foto dei piatti che preparava: piatti molto belli! Mi scriveva: “Guardi prof ho preparato questi gnocchi” oppure “Stasera la cena è questa“. Chiaramente questo alunno ha un’abilità e un piacere nel cucinare ed è anche molto creativo. Sta a noi adulti aiutarlo nella consapevolezza di quelle che sono le sue potenzialità, senza cercare di omologarlo per farlo andare a questa o quella “buona scuola”, solo perché magari ci è andato un genitore o la maggior parte dei compagni. Le attività di orientamento devono essere a servizio dei talenti degli alunni.

Quanto è importante l’allenamento delle competenze interiori per tutta la comunità educante, famiglie e docenti?

Noi docenti abbiamo una grande responsabilità e ce l’hanno anche le famiglie. Bisogna coinvolgerle sempre di più nell’allenamento delle risorse interiori, per renderle sempre più consapevoli di chi sono i loro figli, perché a volte come genitori non conosciamo profondamente i nostri figli. In generale, dobbiamo tutti imparare a dare meno valore agli oggetti materiali e di più al dialogo e al rapporto umano e a considerare e conoscere i nostri ragazzi per quello che sono.

Bisogna trovare un modo per dialogare con le famiglie in maniera efficace, perché in fondo, per noi docenti, dialogare coi nostri ragazzi è facile. Ci vuole solo tanta buona volontà e mettersi nei loro panni, ricordarci anche il nostro passato di adolescenti: come eravamo, come ci sentivamo. Non è difficile parlare con i ragazzi: è una cosa estremamente naturale e diventa semplice se ci ricordiamo chi eravamo.

Certo, bisogna considerare anche il fatto che, a volte, i docenti arrivano da diversi percorsi lavorativi e formativi. Magari sono stati avvocati o ragionieri (liberi professionisti) in passato e sono arrivati all’insegnamento dopo, anche in seguito alla crisi lavorativa correlata alla pandemia da covid-19. Bisogna quindi naturalmente partire dalla formazione degli insegnanti e arricchirla, coltivando la loro attitudine a insegnare e ricordandosi di valorizzare maggiormente la figura fondamentale dell’insegnante.

Come si integra Prefigurare il Futuro nelle varie attività della progettazione didattica?

Prefigurare il Futuro è un progetto che insegna a conoscersi e ad orientarsi: può essere molto utile come progetto di orientamento, che è quello che ora la normativa ci chiede, perché le scuole devono sapere orientare e soprattutto insegnare ai ragazzi ad orientarsi, c’è proprio una legge specifica a riguardo.

Prefigurare il Futuro è anche un percorso sulla legalità, perché se divento consapevole delle mie azioni so scegliere fra ciò che è bene e ciò che è male. È un percorso di educazione alla salute globale, perché abbiamo visto che alcune chiavi della resilienza ci invitano a considerare anche la nostra postura, a fare la pratica del silenzio, quindi anche a supporto della salute mentale.

Ma ci sono infinite vie di integrazione nella progettazione didattica: per esempio, Prefigurare il Futuro è anche un perfetto percorso di educazione civica, perché la normativa scolastica ci chiede anche quello, ed è perfettamente integrabile alle attuali linee guida di educazione civica, che sono, davvero, molto belle.

Come risponde all’approccio e filosofia della vostra scuola?

Prefigurare il Futuro si integra nel percorso del nostro Istituto, che è centrato sull’educazione alla bellezza. Come scuola, siamo partiti dalla riflessione che, in genere, tendiamo a portare come esempio agli studenti ciò che è negativo: Questo non lo devi fare. E tendiamo invece purtroppo a sottovalutare le cose belle che ci sono intorno. Allora noi cerchiamo di valorizzare la bellezza, a fronte purtroppo di tutte le negatività che ci sono. Rendiamo, sì, consapevoli gli studenti delle negatività, però li vogliamo anche rendere consapevoli di ciò che di bello c’è intorno a loro.

L’educazione alla bellezza vuol dire anche la conoscenza di noi stessi, della propria bellezza interiore, della scoperta dell’altro. E c’è un diretto ritorno di benessere, in questo senso, per tutta la comunità. Parlo degli studenti, ma parlo anche degli insegnanti.

Cosa fa e cosa può fare Prefigurare il Futuro per le scuole e per la comunità?

Quando il pensiero condiviso di fare qualcosa di bene a scuola è strutturato da persone che ci credono e che sanno quello che fanno, allora il progetto è valido. Prefigurare il Futuro, secondo me, può dare le chiavi per affrontare tutte queste riflessioni che abbiamo condiviso: per imparare a essere maggiormente consapevoli di noi stessi e per aiutare i ragazzi a ritagliarsi uno spazio attraverso cui crescere, a piccoli passi, e a conoscersi.

Secondo me, Prefigurare il Futuro è da implementare su larga scala nelle scuole: può agganciarsi alla normativa sull’orientamento, sull’educazione civica, sui progetti legalità e progetti salute, perché Prefigurare il Futuro raccoglie tutte queste referenze nella più ampia cornice di una salute globale, che non comprende solo la salute fisica, ma anche la salute mentale e psicosociale.

È possibile richiedere informazioni
sul programma Prefigurare il Futuro
ed essere iscritti nella lista d’attesa
per partecipare alle nuove lezioni, webinar e laboratori,
attraverso questa pagina:
fondazionepatriziopaoletti.org/prefigurare-il-futuro-scuola-info/

 

Immagini
  • Foto di AIS Assisi International School di Fondazione Patrizio Paoletti

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