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Infodemia: quando l’eccesso di informazione ci allontana dal benessere

Infodemia è una parola composta da due parole: “Info” che sta per “informazione” e “demia” che sta per epidemia, e dal vocabolario Treccani: “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.”

A partire dalla fine di dicembre 2019 questa parola, che era stata usata per la prima volta nel 2003 dal giornalista americano David J. Rothkopf, è tornata di moda. Per la prima volta, nella storia dell’umanità, ci siamo ritrovati ad avere così tante notizie e aggiornamenti su una singola notizia in maniera così dettagliata: non per un breve periodo, ma per mesi, se non anni. E se da una parte avere notizie sulla situazione della pandemia ci dava conforto, dall’altra non sapere quali notizie fossero vere o false ci faceva vivere una situazione di ansia che col passare del tempo si è trasformata sempre più in uno stato perenne di incertezza. Questo ci ha portato ad abbuffare letteralmente il nostro cervello di notizie e informazioni che non ci fanno stare bene, ma ci allontanano ogni giorno di più da uno stato psico-fisico di benessere.

Nel 2020, quindi, oltre che cercare una cura per il virus, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è ritrovata a dover fare i conti anche con l’infodemia e con l’impossibilità di contrastarla efficacemente. Ognuno di noi, dunque, ha due responsabilità per contrastare questa nuova “malattia”.

La prima è la responsabilità sociale di divulgare solo notizie verificate. La seconda, invece, è la responsabilità individuale di informarsi in maniera consapevole. Nell’era dei social media, dove le notizie viaggiano ad una velocità mai vista prima, a volte è difficile, perché non tutti hanno gli strumenti per distinguere una notizia vera da una falsa. E ancor più difficile perché il nostro cervello, con l’aumentare degli stati di ansia, stress e depressione, è soggetto a sempre più frequenti distorsioni cognitive che lo portano a iper-generalizzare e ad avere pensieri “tutto o niente”. Quest’ultimo è un pensiero, detto anche dicotomico, che, escludendo qualsiasi forma di riflessione profonda, schematizza la realtà in due sole categorie: nero o bianco, bello o brutto, vero o falso.

In questo periodo, con la guerra, prima in Ucraina e ora in Medio Oriente, dal punto di vista dell’informazione ci stiamo di nuovo ritrovando nella stessa situazione in cui eravamo durante la pandemia: una serie di notizie che ci porta a restare attaccati al telefono e riportarci nella condizione di ansia e incertezza per il futuro.

“Stare attaccati al telefono a ricercare continuamente aggiornamenti sulle notizie brutte che succedono nel mondo ci dà la sensazione di poter tenere tutto sotto controllo, ma non è così.”, dice la psicologa e psicoterapeuta Ronke Oluwadare. “Stando attaccato al telefono, non tieni sotto controllo il mondo, ma stai nutrendo il tuo cervello solo di notizie e fatti orribili, dimenticandoti così però di nutrirlo anche di tutte le altre cose belle che succedono intorno e vicino a te.”

La Fondazione Patrizio Paoletti attraverso le sue tante attività tra educatori, insegnanti e studenti si occupa di ricerche neuroscientifiche per indagare il funzionamento del nostro cervello e la promozione del suo e del nostro benessere e, come afferma Oluwadare, Il benessere non è l’assenza di malessere, ma viene dalla capacità di un individuo, grazie alle risorse esterne e a quelle interne, di utilizzare correttamente gli strumenti per avere a che fare sia con il bene che con il male che ci circonda quotidianamente”.

Ed è proprio per supportare i più giovani nel miglior utilizzo delle proprie risorse positive interiori che è nato il progetto “Prefigurare il futuro”. L’obiettivo generale del progetto è quello di aiutare educatori, insegnanti, genitori e studenti a saper riconoscere e gestire le proprie emozioni per, come dice il nome, prefigurare un futuro con meno timore e più speranza. Proprio da questo progetto, che affianca alle attività didattiche la ricerca psicopedagogica con i ragazzi, è nato il report “Focus adolescenza: sfide e risorse positive nel post-pandemia”, presentato in conferenza presso la Camera dei Deputati lo scorso 27 ottobre e scaricabile gratuitamente qui. Si tratta della sintesi degli ultimi 5 studi pubblicati da Fondazione Patrizio Paoletti in collaborazione con l’Università di Padova, che hanno visto la partecipazione di oltre 2.000 adolescenti.

 

Bibliografia
  • Rovelli, C. (2023). Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui. Minimum Fax.
  • Willson, R., & Branch, R., (2009). Il benessere della mente con la terapia cognitivo comportamentale per negati.Hoepli

 

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