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Gli adolescenti sono aggressivi?

Il bisogno di riconoscimento dietro i comportamenti violenti

L’adolescenza è il tempo in cui ogni giovane deve abbandonare le vesti del bambino che è stato per trovare dentro di sé l’identità dell’adulto di domani. Maturare significa autodeterminarsi e costruire un’identità propria. Conquistare l’indipendenza psicologica dai genitori. E confrontarsi con la realtà adulta, trasgredendo talvolta norme, mettendo in discussione credenze e superando stereotipi per identificare i propri valori.

Il ruolo dell’aggressività nell’adolescenza

In questo cammino di crescita ed emancipazione, l’adolescente deve ricorrere a una certa dose di aggressività, da intendersi come forza positiva, utile a superare incertezze e contraddizioni interiori. Questa forza diventa negativa se eccede, tramutandosi in un potere distruttivo che il ragazzo può rivolgere sia contro gli altri che contro sé stesso. Su questa scorta, una ricerca condotta da ESPAD racconta di adolescenti italiani più aggressivi rispetto al passato. Nel 2023, il 40% di loro ha esercitato qualche forma di violenza contro altre persone, rispetto al 33% del 2019. Tuttavia, il fine profondo dell’aggressività non è distruggere, ma urlare un dolore che chiede aiuto, riconoscimento e relazione.



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Aggressività e adolescenti: la violenza come strumento di difesa

L’adolescente può indirizzare l’aggressività verso genitori, professori o coetanei, sia in modo diretto, attraverso insulti o atti violenti, che indiretto, evitando il dialogo, non collaborando in famiglia, trascurando la scuola o mostrandosi indifferente verso la sofferenza e i bisogni altrui. La violenza può essere rivolta anche verso il proprio sé, isolandosi come nel caso degli hikikomori e svalutando il proprio valore fino a perpetrare atti autolesionistici, basti pensare che il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani.

Le cause dell’aggressività nell’adolescenza

Tra i principali motivi dell’aggressività figurano difficoltà di maturazione, violenze domestiche, scarso accudimento da parte dei genitori e appartenenza a un gruppo di coetanei violenti, dove l’aggressività rappresenta il tratto distintivo che permette al giovane di sentirsi riconosciuto dagli altri, trovando una propria identità. Alla base dell’atteggiamento distruttivo esiste anche un fattore neurobiologico. A partire dai dodici anni diminuisce la capacità riflessiva, abbassandosi così il potere di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e di regolare sia le emozioni che l’impulsività.

I ragazzi aggressivi si mostrano senza paura, senza pietà, privi di senso di colpa. Cionondimeno, la violenza è spesso solo un mezzo per difendersi da un mondo avvertito come minaccioso, per coprire stati di vergogna e umiliazione scaturiti, per esempio, da delusioni emotive, dalla sensazione di non essere stimati dai genitori o dal fatto di essere stati vittime di bullismo. Il comportamento aggressivo serve, allora, per sfuggire a emozioni come paura, senso d’inconsistenza della propria personalità e ripristinare un’immagine forte di sé.

Vincere l’aggressività coltivando l’empatia

Aiutare i ragazzi violenti vuole dire prima di tutto non condannarli, ma cercare di capire il bisogno di relazione e riconoscimento che è alla base degli atteggiamenti negativi. Nel suo libro “Mio figlio è un casino” (Feltrinelli), lo psicopedagogista Stefano Rossi punta i riflettori sull’importanza di prevenire i comportamenti aggressivi aiutando i ragazzi a sviluppare capacità empatiche fin da piccoli.

In questo senso, la scuola dovrebbe favorire una transizione empatica, offrendo agli studenti attività didattiche da svolgere in gruppi, facilitando così lo sviluppo di abilità sociali e affettive quali capacità di ascolto, cooperazione e accettazione del pensiero altrui, senza cadere nell’insulto o nel bullismo.

Dal canto loro, i genitori devono aiutare i figli a “trasformare in parole i sassi che hanno nel cuore” scrive Rossi, spronandoli a riconoscere e a dare un nome ai loro sentimenti. I ragazzi devono imparare a dire “sono triste, sono preoccupato, sono arrabbiato”, perché identificare gli stati d’animo vissuti aiuta a non tradurre le emozioni negative in azioni auto o etero-distruttive.

Fondazione Patrizio Paoletti si occupa da più di vent’anni della salute globale di bambini e adolescenti, introducendo protocolli di ricerca e creando progetti di alfabetizzazione emotiva nelle scuole, per prevenire e rispondere ai disagi mentali che colpiscono molti giovani. Tra le iniziative di Fondazione Patrizio Paoletti, Prefigurare il Futuro affianca genitori, insegnanti e ragazzi delle scuole superiori in un percorso volto a sviluppare negli adulti di domani consapevolezza, autostima, capacità di gestire le emozioni ed empatia, promuovendo il senso di comunità.

Il compito complesso di ogni adolescente è definire il suo essere, nonché il suo essere nel mondo. Come ha scritto lo psicoanalista Bruno Bettelheim “i due grandi problemi dell’adolescenza sono: trovarsi un posto nella società e, allo stesso tempo, trovare sé stessi”.

Bibliografia
  • Rossi, S. (2022). Mio figlio è un casino. Feltrinelli
  • Gastaldi, S., Di Pietro, P. (2014). L’aggressività degli adolescenti. Come comprenderla e affrontarla. Mondadori
Sitografia
  • https://www.tuopsicologo.it/2021/10/12/mio-figlio-adolescente-e-aggressivo-cosa-fare/
  • https://www.stateofmind.it/2018/04/adolescenti-violenti-genitori/
  • https://www.percorsipsicologici.it/blog/adolescenti-aggressivi/525520_Arcangeli_Aggressivita_in_eta_evolutiva_secondarie_-_Copia.pdf
  • https://www.cnr.it/sites/default/files/public/media/ESPAD_2023.pdf
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