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Dal giudizio all’ascolto consapevole

Il giudizio semplifica la realtà, ma spesso la distorce: l’importanza dell’educazione emotiva per adolescenti e giovani adulti

Adolescenza e giovane età adulta sono periodi in cui ci si sente valutati di continuo: basta accendere il telefono per cambiare umore. Una ricerca dell’UCLA mostra che, quando gli adolescenti vedono molti “like” sulle proprie foto, si attiva nel loro cervello lo stesso circuito della ricompensa che funziona anche con il cioccolato o il gioco d’azzardo, rispondendo e al contempo rafforzando il bisogno di approvazione immediata. Chi spende tanti minuti a scorrere i social rischia di sentirsi “indietro” rispetto agli altri. E un altro recente studio dimostra che il costante confronto verso chi ci sembra “migliore” abbassa l’autostima e mina il benessere mentale.

Il paragone e il senso di minaccia

Adolescenza e giovane età adulta sono tempi nei quali ci valutiamo di continuo: anche un solo sguardo può cambiare la nostra giornata. Con l’iperconnessione, il paragone diventa costante: feed, storie, “mi piace” fanno credere di avere un vero e proprio metro di confronto con gli altri.

Tutto questo porta a delle vere e proprie strategie disfunzionali di adattamento: maschere, evitamento, isolamento, solitudine o agire contro i nostri valori. E sentirci osservati o giudicati aumenta lo stress e un senso di minaccia nella relazione interpersonale.

Contrastare il giudizio e l’automatismo difensivo

Quando il giudizio prende il sopravvento, la scelta si trasforma in reazione automatica. La persona che si sente giudicata può faticare a riconoscere le diverse opzioni di risposta possibili: la mente tende a reagire per difendersi, accelera i “no” o i “sempre così”, riducendo lo spazio di reazione e l’autoconsapevolezza nelle proprie scelte.

Quando si etichetta qualcuno, d’altra parte, la curiosità si abbassa, perché chi abbiamo di fronte è già stato categorizzato. E dentro di noi si attivano in modo inconscio modelli ugualmente difensivi: come “scappare”, “difendersi” o “staccarsi”.

 



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La nominalizzazione e la consapevolezza

Cercare di smettere di giudicare è un piccolo allenamento quotidiano. Quando si avverte il giudizio che “bussa”, ci si può fermare un istante e chiedersi: “Questa reazione si basa su fatti o su un impulso?”. La nominalizzazione, ossia mettersi in ascolto di ciò che si sente e darvi un nome, anche solo mentalmente (per esempio: “Sto giudicando”), restituisce subito un po’ di controllo della situazione, creando uno spazio per scegliere consapevolmente.

Fondazione Patrizio Paoletti diffonde protocolli psicoeducativi per allenare la consapevolezza, come Prefigurare il Futuro, progetto gratuito per le scuole italiane, dedicato a ragazzi, insegnanti e famiglie. Il percorso formativo comprende video, workshop e materiali per rafforzare la resilienza, l’autoregolazione e l’intelligenza emotiva. È una palestra reale dove la reazione lascia il passo alla scelta.

Il giudizio a volte può sembrare ovvio, quasi scontato, in certi casi. L’ascolto di ciò che c’è dentro è invece un processo molto più profondo, più complesso, ma che porta più lontano. L’educazione emotiva e lo sguardo interiore consentono di creare legami autentici con gli altri e di stare meglio anche con il nostro sé più vero.


Stelian Cruceanu è volontario di Fondazione Patrizio Paoletti. Scrive di benessere mentale, ascolto e progettualità, con uno sguardo pratico: movimento, meditazione, journaling e abitudini quotidiane per ridurre stress e giudizio. Appassionato di divulgazione accessibile ai giovani, collega vissuto personale e riferimenti scientifici per trasformare concetti complessi in azioni semplici, con l’obiettivo di contribuire a costruire connessioni di qualità, routine sostenibili e lo sviluppo del proprio potenziale.

 


 

 

Bibliografia
  • Dickerson, S. S., & Kemeny, M. E. (2004). Acute stressors and cortisol responses: A theoretical integration and synthesis of laboratory research. Psychological Bulletin, 130(3), 355–391.wisc.edu PubMed
  • Lieberman, M. D., Eisenberger, N. I., et al. (2007). Putting feelings into words: Affect labeling disrupts amygdala activity. Psychological Science, 18(5), 421–428. ucla.edu SAGE Journals
Sitografia
  • https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/15213269.2023.2180647
  • https://newsroom.ucla.edu/releases/the-teenage-brain-on-social-media?
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