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Il potere educativo della musica, dal senso del ritmo al design cerebrale

Assisi International School, progetto educativo della Fondazione Paoletti,  inserisce nella sua didattica il laboratorio musicale “Crescere con la musica”, dedicato ai bambini dai 12 ai 36 mesi.

Prima ancora di usare la parola, i piccoli per comunicare usano diversi suoni. Queste spontanee emissioni vocali sono alla base della didattica del laboratorio, studiato per stimolare esperienze concrete e per accompagnare i piccoli in una crescita armoniosa in cui la musica sia la fonte dalla quale attingere. Una ricerca scientifica del team del prof. Gottfried Schlaug della Harvard Medical School di Boston ha dimostrato infatti che lo studio di un solo anno di musica modifica il cervello dei bambini molto piccoli sia da un punto di vista strutturale sia da un punto di vista funzionale.

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La musica, universo capace di raccogliere e rigenerare ogni tipo di emozione umana, è da sempre un canale di comunicazione privilegiato. La sua origine evolutiva risiede nella capacità di aggregare emotivamente gli individui, favorendo la condivisione delle esperienze. Ecco perché riti collettivi come il Festival di Sanremo, al di là dei gusti e delle considerazioni personali, acquisiscono tanta importanza. Attraverso questi riti la musica ha sempre scandito il ritmo di tutte le società.

Oggi, grazie ai passi da gigante che le neuroscienze hanno compiuto nell’ultimo decennio, ci si può spingere anche al di là della rilevanza sociologica della musica. Si possono indagare le trasformazioni, anche permanenti, che la musica induce nel cervello e i miglioramenti delle nostre capacità cognitive.

La ricerca scientifica ha dimostrato che i vantaggi che derivano dalla pratica musicale vanno dall’accelerazione dello sviluppo del coordinamento a quello della concentrazione. Il suo studio migliora nei bambini l’apprendimento di lingue straniere e le capacità matematiche. I vantaggi di un precoce esercizio musicale, inoltre, possono permanere nel lungo periodo, anche quando lo studio della musica viene sospeso, in seguito alle modificazioni di strutture e funzioni cerebrali che la pratica induce.

Secondo gli scienziati della Harvard Medical School, se i bambini sin da piccoli vengono educati allo studio della musica avranno uno sviluppo del cervello diverso rispetto ai coetanei che non suonano e studiano musica. Questa ricerca ha visto coinvolti i bambini di sei anni che non avevano mai suonato e lo scopo era proprio quello di vedere se quella del musicista fosse una dote innata oppure acquisita. A parte di questi bambini i ricercatori hanno fatto seguire delle lezioni di musica per circa un anno e mezzo. Il cervello di tutti i bambini è stato monitorato sia prima sia dopo tramite la risonanza magnetica funzionale. Dopo un anno e mezzo hanno potuto constatare che il cervello di quei bambini che si erano dedicati alle lezioni era diverso: le aree neurali motorie ed uditive erano maggiori.

Un’altra recente ricerca pubblicata sulla rivista “Neuropsychologia”, condotta da ricercatori italiani del CNR e dell’Università di Milano-Bicocca, ha dimostrato inoltre che chi è abituato a leggere il pentagramma legge più velocemente anche le parole e durante la lettura mostra un’attivazione cerebrale diversa dai non esperti.

Oltre ad avere possibili implicazioni per la cura della dislessia, questi studi ci dicono che l’ascolto e lo studio della musica sono fondamentali per la vita dell’uomo. Al di là della sua capacità aggregativa, l’arte musicale contiene in sé uno straordinario potenziale educativo.

 

Bibliografia

 

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